Il sesso e il peccato nella chiesa cattolica secondo il cardinale McElroy: “il vizio di giudicare”
Intervista al cardinale Robert McElroy* a cura del podcast Jesuitical**, pubblicata sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 3 febbraio 2023, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro, parte prima
Cosa occorre per costruire una Chiesa radicalmente inclusiva? A questa domanda ha tentato di rispondere il cardinale Robert McElroy in un recente articolo sul nostro settimanale (dei gesuiti America); il cardinale ha invitato la Chiesa a smantellare “le strutture e le culture di esclusione” che fanno allontanare così tanti cattolici: donne, poveri, divorziati risposati e persone LGBT. Una sua affermazione molto controversa è quella secondo cui chi non si conforma alla dottrina in tema di sessualità e matrimonio non dovrebbe venire escluso dalla Comunione.
L’articolo del cardinale ha generato molte discussioni, e questa settimana Zac Davis e Ashley McKinless lo hanno invitato sul nostro podcast Jesuitical per continuare la conversazione, chiedendogli se è a favore della Comunione aperta, se l’inclusione da lui sostenuta richiede cambiamenti nella dottrina, e se è preoccupato per un possibile scisma che si potrebbe consumare sulle tematiche delle donne e delle persone LGBT.
Il cardinale McElroy dice che “il vizio di giudicare è il peccato peggiore che possa esserci in una vita cristiana” e che “il progetto pastorale che abbiamo qui a San Diego consiste (e non è certamente facile) nel far sì che le persone LGBT siano accolte nella vita della Chiesa come chiunque altro”.
Qui presentiamo una parte della nostra conversazione. Alcuni passi sono stati tagliati o modificati perché fossero più chiari.
Zac Davis: Ci sono state molte reazioni al suo articolo. Che cosa voleva ottenere?
Monsignor Robert McElroy: Quell’articolo apparso recentemente su America fa parte di una trilogia. L’anno scorso ne scrissi uno [per rispondere alla domanda] “Cos’è la cultura della sinodalità? Che direzione dovrebbe prendere? Che direzione ci sta indicando il Santo Padre come Chiesa, e per essere una Chiesa?”. Poi ho scritto il secondo, sull’inclusione, e il prossimo mese [marzo 2023] uscirà il terzo che, mi spiace per voi, sarà pubblicato sul sito Commonweal, e che commenterà il dialogo sinodale che sta avendo luogo negli Stati Uniti, e cosa significa tutto questo nel contesto generale.
Quello che voglio dire è che la sinodalità è un processo importantissimo, è una cultura, è un’impresa spirituale. Questo è il tema del primo articolo. Il secondo articolo verte sull’inclusione. Oggigiorno la società è molto polarizzata e divisa, e questo si riflette anche all’interno della Chiesa. [Qui a San Diego] dopo gli incontri suddivisi in piccoli gruppi, abbiamo fatto un sondaggio tra circa 27.000 cattolici su una serie di questioni, e tre di esse vertevano sull’inclusione; ebbene, è proprio qui che abbiamo registrato la maggiore polarizzazione, segno che queste tematiche vanno a toccare in profondità i cuori e le visioni del mondo.
Ashley McKinless: A chi allude quando parla di includere ed escludere? A quali gruppi si riferisce?
Monsignor Robert McElroy: Nei dialoghi sinodali, sui maggiori temi riscontriamo un sorprendente livello di accordo, in tutto il Paese. Le tematiche positive sono: la gioia nell’Eucarestia, nella vita sacramentale della Chiesa, la gioia nella comunità, nella speranza che molti esprimono per il futuro. Una delle difficoltà è costituita dai giovani adulti: una sfida enorme.
La fuga dei giovani adulti dalla Chiesa è probabilmente la sfida più importante che emerge dai dialoghi. Molti dicono che bisogna fare qualcosa. Ma c’è poi un’altra serie di difficoltà, quelle legate all’inclusione, nello specifico il trattamento riservato alle donne, alle persone divorziate e risposate, alle persone LGBT, il tema del razzismo, della discriminazione verso certi gruppi etnici, contro gli immigrati clandestini, l’emarginazione in generale.
Il mio articolo si sforzava di dire “Bene, il popolo di Dio ha parlato, e se è spesso profondamente diviso su tali questioni, la grande maggioranza è a favore del cambiamento in ciascuna di queste aree”. Questo volevo capire: come la Chiesa può diminuire l’esclusione al suo interno. Parlavo proprio di questo, della vita interna della Chiesa.
Zac Davis: Alcune persone hanno ascoltato e sono rimaste, direi, irritate dall’idea che l’inclusione possa essere un cavallo di Troia per cambiare la dottrina. Lei parla di inclusione in relazione all’Eucarestia, e alcuni dicono “Oh, il cardinale McElroy è a favore della Comunione aperta?”. Sta dicendo questo?
Monsignor Robert McElroy: Sulla Comunione aperta [l’articolo] è stato frainteso un po’, perché a un certo punto ho scritto “tutti i battezzati”. Non intendevo parlare dei non cattolici, intendevo sempre l’ambito della Chiesa. Ma ciò che ho proposto, e che credo sia il modo giusto di agire in termini di teologia pastorale, deriva dal concetto, espresso da papa Francesco, che l’Eucarestia non è un premio per i perfetti, bensì guarigione e medicina per chi ha bisogno dell’aiuto di Dio.
Ebbene, i bisognosi siamo tutti noi. Non è un premio per chi si comporta bene, e quindi il nostro ruolo nella Chiesa dovrebbe consistere nell’offrire l’Eucarestia a tutti quei cattolici che si sforzano di vivere secondo il Vangelo e la dottrina della Chiesa. Credo che dovrebbero essere tutti ammessi all’Eucarestia.
Ashley McKinless: È necessaria una modifica del Catechismo? Esso dice che se ci si avvicina all’Eucarestia in stato di peccato grave senza prima essersi confessati, si attira il giudizio su se stessi e ci si danna. [Il suo] è solo un modo diverso di interpretarlo, che dà maggiore peso alla coscienza?
Monsignor Robert McElroy: Qui ci sono due aspetti. Il primo è un passo di san Paolo sul mangiare e bere in modo indegno [1 Corinzi 11:27] , “mangiare e bere la propria condanna”. È interessante: san Paolo non parla mai di questo tema. Non c’è sostanza in quello che sta dicendo: “Se fate questo…”. Il mio problema è che le violazioni per cui non si dovrebbe accedere all’Eucarestia senza prima confessarsi, sono in gran parte di natura sessuale. Non diciamo mai che è peccato mortale discriminare qualcuno.
Non diciamo mai che è peccato mortale ingannare o sfruttare i propri dipendenti. Non diciamo mai che è peccato mortale maltrattare i propri figli o il proprio coniuge. Questi sono elementi importantissimi della vita morale, ma non diciamo mai che sono peccati mortali.
Che tutti i peccati sessuali siano mortali è un concetto sviluppato nel XVI secolo, ed è questo che critico nel mio articolo, perché non penso sia una parte edificante della tradizione morale cattolica.
* Il cardinale Robert W. McElroy, nominato nel 2010 vescovo ausiliario di San Francisco, nel marzo 2015 è diventato vescovo di San Diego.
** Jesuitical è un podcast creato dai redattori laici più giovani del settimanale America, curato da Ashley McKinless e Zac Davis. Cercatelo su Twitter: @jesuiticalshow
Testo originale: Cardinal McElroy: Sex and sin need a new framework in the church