Il sesso e la procreazione nel pensiero cristiano dall’Antichità al Medioevo
Riflessioni pubblicate sul sito dell’associazione CEGLA (Argentina), liberamente tradotte da Siena R.
Perché la Chiesa, salvo alcune eccezioni, ha una politica così negativa riguardo l’omosessualità e la sessualità in generale? Illustriamo qui una spiegazione tratta dalla storia stessa del cristianesimo dopo il periodo apostolico. Speriamo sia utile per capire che la cecità e l’ignoranza… permangono da secoli! Sappiamo bene quale atteggiamento possiamo riscontrare nei settori evangelici tradizionalisti sulle questioni sessuali, salvo pochissime eccezioni. Siamo incapaci di aprire la mente di queste persone e perfino di in discussione le loro convinzioni, per non parlare della loro incapacità ad identificarsi nella sofferenza degli omosessuali, oppressi dal loro discorsi omofobici.
Sappiamo che nella lettura superficiale e nella comprensione “letterale” delle Sacre Scritture stanno la loro ignoranza e i loro pregiudizi sul mondo omosessuale. Ma il problema non si limita solo alla sfera dell’omosessualità, bensì a tutto lo spettro della sessualità umana, incluse le attività sessuali all’interno del matrimonio.
Se c’è una cosa in cui siamo d’accordo è che fu il cristianesimo a generare una concezione tremendamente negativa del sesso e della sessualità, che si è sviluppata nel corso dei secoli ed è stata messa in discussione, in parte, dal revisionismo protestante. Questa concezione della sessualità, che non ha nessun aggancio nelle Scritture ebraiche o nella loro prassi, è stata alimentata da fonti esterne ed ha influenzato il pensiero cristiano di modo che ancora oggi, nel ventunesimo secolo, siamo costretti a confrontarci con una mentalità retrograda che crede di basarsi sulla Bibbia ma che in realtà non ha nessun fondamento in essa.
Questa piccolo estratto, basato su una ricerca di James E. Miller (Studies in Biblical Sexuality, capitolo 18 “Patristic -2 The Church Tradiction of the Necessary Evil”, 2006”) cerca di spiegare l’eziologia e le origini del problema sessuale come sperimentato dalla maggior parte dei cristiani contemporanei, specialmente dai cattolici romani e dagli evangelici (fondamentalisti).
Secoli fa Sant’Agostino (V° sec. d.C.) scrisse un’opera pastorale sul matrimonio che include un’intera sezione dedicata ai rapporti di coppia inappropriati (De Bono Conj. 11-12). In primo luogo Agostino mette in evidenza che il sesso all’interno del matrimonio dovrebbe essere esclusivamente a scopo di procreazione, considerata una necessità inevitabile. L’attività sessuale al di là di questa necessità è indesiderata, ma comunque potenzialmente “perdonabile” solo se esercitata nel matrimonio e chiarisce che esistono anche altri tipi di attività sessuale coniugale, più gravi e “contro natura”.
In un argomento così delicato come l’etica sessuale e la sessualità, la lettura della Bibbia è sempre soggetta ad una varietà di presupposti culturali che influenzano il modo di interpretare da parte della Chiesa. Nel nostro caso, questi presupposti hanno a che fare con la visione, favorevole o meno, del piacere sessuale. Agostino si basa sul presupposto che il piacere sessuale sia un male e che debba restringersi solo alla necessità di procreare, perciò è esclusa ogni forma di piacere sessuale a scopo non procreativo, tra cui l’omosessualità. Anche se il piacere all’interno del matrimonio può essere perdonato come un peccato veniale, in molti testi Agostino insiste sul fatto che Adamo ed Eva avrebbero praticato una forma di attività sessuale diversa da quella che conosciamo e che prima della Caduta gli uomini potessero controllare l’erezione e l’eiaculazione volontariamente, in modo che l’atto sessuale avvenisse col deposito del seme nella donna, senza passione e senza arrecare danni all’imene (La Città di Dio, 14.26).
Per Agostino la corretta sessualità prima della Caduta era priva di sensualità, cioè privo del desiderio lussurioso ed essenzialmente razionale. La discussione più ampia la si trova nel libro 14 della Città di Dio, dove per spiegare che il sesso deve essere solo a scopo procreativo utilizza la “metafora dell’agricoltura” creata da Platone [1] e poi ripresa da Filone di Alessandria (filosofo ebreo contemporaneo di san Paolo) [2], Clemente di Alessandria e altri padri della Chiesa. La metafora utilizza un’analogia fra la procreazione e i semi da piantare a scopo di raccolta. L’argomentazione afferma che non ha senso seminare in una terra arida, che non può produrre colture, quindi non ha senso che un uomo “semini” un seme laddove non può crescere, come per esempio nel grembo di una donna sterile o nell’ano di un giovane (secondo Clemente, riferendosi alla pederastia nella sua lettura di Romani 1:27). Secondo Platone, Filone e Clemente, tra gli altri, lo sperma deve essere seminato nella donna solo se potenzialmente fertile.
In una lettera di papa Gregorio I Magno, della fine del VI secolo, il piacere dell’atto sessuale viene contrastato dal dolore nel parto e si spiega che il difetto non è nel dolore, bensì nel piacere. Con il passare del tempo, nel XIII secolo, l’idea negativa del piacere sessuale di Agostino fu incorporata da san Tommaso d’Aquino, ricevendo la sua approvazione nella famosa Summa Theologica [3], dove afferma che il piacere sessuale è un male perché oscura e ostacola la ragione, ma è comunque ammissibile all’interno del matrimonio ai fini della procreazione. L’Aquinate è d’accordo con i suoi predecessori sul fatto che il piacere sessuale fisico è il risultato del peccato di Adamo ed Eva e, anche se non è un male in sé, è comunque una conseguenza del male. Questa teologia è alla base della dottrina del celibato sacerdotale e del divieto di contraccezione, che al giorno d’oggi include anche l’uso del preservativo. Tommaso ignora completamente l’argomento di Paolo in 1 Corinzi 7, secondo cui il piacere sessuale è sufficiente per contrarre matrimonio ed evitare relazioni extraconiugali lussuriose. Apparentemente Tommaso non riuscì a conciliare la sua teologia con l’affermazione di Paolo su questo punto. La procreazione era considerata “l’uso naturale” del sesso, mentre gli atti non procreativi erano “vizi contro natura”, più peccaminosi dell’incesto e dello stupro, in quanto almeno questi possono produrre prole. [4]
Ma alcuni Padri della Chiesa furono ancora più estremi, sia per il loro odio verso il piacere sessuale sia per la loro misoginia, al punto da incolpare le donne per i desideri lussuriosi degli uomini. Atenagora, per esempio, rifiutò il matrimonio ai vedovi e alle vedove perché le riteneva adultere e lascive. Ci furono anche filosofi estremisti, come Epicuro e Lucrezio, che pensavano che la procreazione non fosse necessaria. Naturalmente ci furono anche filosofi moderati, specialmente i platonici, che collegavano il piacere sessuale con la mancanza di razionalità; il desiderio sessuale era da loro considerato essenzialmente irrazionale, tanto che chi procrea subisce come un’umiliazione della ragione.
Grazie all’influenza della filosofia greca, il cristianesimo si appropriò di un’ideale sessuale pagano che convertì nella norma per la sua Chiesa, al servizio di una severissima castità imposta a tutti, andando così oltre le scritture ebraiche e il nuovo Testamento.
Il concetto paolino della “carne”, in contrasto con lo spirito, era limitato quasi esclusivamente alla sfera del sesso, a tal punto che anche oggi i cristiani sono propensi ad identificare la sessualità con il peccato della carne. È vero che i Padri della Chiesa si espressero contro l’avidità, la ghiottoneria e il desiderio di potere, però la sessualità ha un posto speciale in tutta la letteratura patristica e in molti altri testi.
In breve, la concezione diabolica del piacere sessuale ci aiuta a comprendere l’eziologia della politica clericale in materia di sessualità. Sarà un’impresa ardua tentare di rimuoverli dal loro errore.
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[1] Leggi di Platone
[2] Filone SpL 3:32-34,39
[3] 1.1.98.2;2.1.34.2
[4] Summa Theologica 2.2.154.12
Testo originale: Problemas históricos de la Iglesia respecto de la Etica Sexual y la Sexualidad en general