Il Sinodo mostra che sta emergendo un approccio pastorale nuovo nella Chiesa
Riflessioni di Paul-André Durocher, arcivescovo di Gatineau e presidente della Conferenza Episcopale del Canada, tratto dal blog Sing and Walk (Canada), del 18 ottobre 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Ora che la relazione finale [del Sinodo n.d.t.] è stato pubblicata, perlomeno in italiano, i media hanno concentrato l’attenzione del pubblico su due questioni: l’accesso ai sacramenti per i cattolici divorziati e risposati e la cura pastorale degli omosessuali. Penso di dover condividere ciò che penso su queste due questioni.
La prima è stata sollevata molto prima del Sinodo dal cardinal Kasper nel ben noto intervento di fronte ai cardinali lo scorso febbraio.
Rigettata da altri cardinali sul finire dell’estate, è stata al centro dell’attenzione di numerosi oratori durante il Sinodo e in effetti ha richiesto un grande dispendio di energie.
Un paragrafo proposto per la relazione finale, che presentava i due approcci che sono stati discussi (mantenere la disciplina vigente o aprirsi al cambiamento), e un paragrafo collegato non hanno ricevuto i due terzi dei voti necessari per l’approvazione, anche se sostenuti da una solida maggioranza.
Rimane il fatto che questi due approcci SONO STATI discussi, e con grande passione. Papa Francesco ha deciso di pubblicare l’intero testo della relazione finale, inclusi i testi che non hanno ricevuto i due terzi dei voti. Immagino quindi che questa discussione sia lungi dall’essere terminata e che verrà presa in carico dalle varie conferenze episcopali del mondo nell’anno che ci separa dal Sinodo Generale Ordinario dell’ottobre 2015.
Sulla questione dell’accompagnamento pastorale degli omosessuali, un paragrafo ha semplicemente proposto di richiamare il magistero della Chiesa secondo il quale non vi è nessuna equivalenza tra il matrimonio e una relazione omosessuale, pur riaffermando la dignità e rifiutando la discriminazione degli omosessuali. Anche questo paragrafo è stato sostenuto dalla maggioranza, senza raggiungere i due terzi dei voti.
Perché alcuni vescovi hanno scelto di non approvare un testo che non fa che ripetere il magistero della Chiesa? Ho l’impressione che molti avrebbero preferito un linguaggio più aperto e positivo. Non trovandolo in questo paragrafo, forse hanno scelto, così facendo, di segnalare la loro disapprovazione. In ogni caso, anch’esso è stato pubblicato e la riflessione dovrà continuare.
Lasciamo da parte per un momento queste due importanti questioni. Dopo tutto, il tema del Sinodo non era “La comunione per i divorziati risposati e l’accompagnamento degli omosessuali” ma “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”; su questo tema, cos’hanno da dire gli altri 58 paragrafi del testo? Cosa possiamo cogliere dei lavori del Sinodo? Qualcosa si è mosso?
La mia risposta è… certo che sì! In particolare su un punto. È stato approvato un approccio pastorale molto preciso, più attento al bene che la persona porta in sé che alle sue colpe; che parla meno del peccato da evitare e più della grazia da conseguire; meno centrato sulle colpe della nostra società e più in armonia con le sue possibili aperture al messaggio del Vangelo. Questo non significa essere ingenui o vedere tutto rosa ma contare sullo Spirito di Gesù Cristo già presente nel cuore umano, anche in chi crede di essere lontano da Dio.
Questo approccio non è nuovo: molti operatori pastorali lo hanno già adottato. È comunque la prima volta – per quanto ne so – che un testo di questa levatura lo avalla. E fa di più, spiega i fondamenti biblici e dottrinali di questo approccio, invitando tutti gli operatori pastorali ad accoglierlo. Questo è davvero nuovo, e mi riempie il cuore di gioia.
In un certo senso, abbiamo fatto per la vita famigliare quello che il Vaticano II ha fatto per la liturgia e l’ecumenismo: abbiamo dato il via libera a uno stile pastorale già emergente nella Chiesa, consolidato le sue fondamenta teologiche e invitato l’intera Chiesa a farlo suo. (Ovviamente, chi non apprezza quello che il Vaticano II ha fatto per la liturgia e per l’ecumenismo non apprezzerà quello che il Sinodo ha fatto per la vita famigliare… Questo è un altro discorso, che faremo un’altra volta.)
Non so se i media presteranno molta attenzione a questa questione. Per me, comunque, e per molti responsabili di parrocchie e comunità cristiane, è una cosa fondamentale. E per questo ringrazio il Papa per averci chiamato a compiere questo grande lavoro per la Chiesa.
Testo originale: Synod – Day 11