Il Sinodo diocesano di Bolzano: «chiediamo perdono» a chi abbiamo definito “diverso”
Articolo di Valentina Leone pubblicato sul sito del Corriere dell’Alto Adige il 9 luglio 2015
BOLZANO. Che Papa Francesco auspichi una Chiesa al passo coi tempi è un messaggio ormai chiaro a tutti. La rivoluzione parte proprio dall’Alto Adige, e in particolare dal sinodo diocesano, che ieri ha reso noti i primi documenti ufficiali. Gli intenti sono espliciti: pur nel rispetto della dottrina, la Chiesa deve aprirsi a divorziati e risposati e alle coppie di fatto. «La Chiesa locale vuole accompagnare con rispetto anche quelle coppie che scelgono altre vie o che vivono il fallimento della loro relazione — si legge nel testo — affinché tutti vivano e crescano nell’amore e nel rispetto, nella responsabilità e nella cura reciproca».
Il documento spiega che la maggior parte dei cattolici, posta davanti a questioni etiche e morali, non segue più la dottrina ma preferisce agire secondo coscienza. Riferendosi allo studio sui valori condotto dall’Astat, i sinodali riscontrano che la stragrande maggior parte degli intervistati oltre a dichiararsi di fede cattolica, chiede alla Chiesa di adeguarsi alla realtà sociale.
Nello specifico, sul matrimonio, che viene definito «ideale punto di riferimento della comunità» si osserva che «il sacramento non attira più come una volta. Molte coppie non lo desiderano più — si legge — e quelle che decidono di compiere questo passo vivono la preoccupazione e il dolore di una separazione come un fallimento».
Riguardo, invece, le coppie di fatto, i sinodali prendono atto che «sono una realtà in crescita. A causa della posizione di rifiuto della Chiesa, molte coppie eterosessuali ed omosessuali che convivono prima o dopo un matrimonio non si confrontano più con la realtà ecclesiale, mentre la loro situazione a livello sociale acquista sempre più normalità e carattere giuridico». Poi: «Ogni separazione è una ferita, un’offesa, una delusione, un lutto, un addio. Proprio in questa situazione, in cui la persona è debole ed in crisi, la Chiesa si irrigidisce in un atteggiamento di incomprensione e rifiuto. La discussione sull’ammissione dei divorziati risposati alla comunione — proseguono — dà l’immagine di una Chiesa che invece di agire con sensibilità e sostenere l’animo di chi è ferito affronta le persone con durezza di cuore».
L’atteggiamento di chiusura da parte della Chiesa sembra colpire nel vivo i fedeli che hanno preso parte al Sinodo, i quali in un passaggio esplicitano una profonda autocritica: «Vogliamo esplorare la nostra coscienza e riconoscere la nostra colpa per quanto riguarda l’ingiustizia recata alle persone con una pastorale dura di cuore nelle questioni morali, soprattutto nell’ambito del matrimonio e della famiglia. Pensiamo in particolar modo alla sofferenza recata attraverso umiliazione ed emarginazione alle madri non sposate, ai figli extra-matrimoniali, alle convivenze pre e non matrimoniali e su persone separate e risposate. Pensiamo anche a persone con orientamento omosessuale o a persone disabili, come anche all’abuso sessuale. Per tutto ciò ci scusiamo e chiediamo perdono».
Le proposte messe in campo sono orientate all’apertura: «Siamo una chiesa che nel matrimonio vede e promuove un bene prezioso — si legge nel documento — pur rimanendo aperta ad altre forme di convivenza, le quali sono accompagnate e sostenute, invitate e accolte nella comunità ecclesiale, affinché tutti vivano e crescano nell’amore e nel rispetto». Spazio e inclusione, infine, anche per i divorziati: «Il fallimento di una relazione richiede sostegno e rispetto di tutti. (…) Siamo una chiesa che rispetta quelle persone e famiglie che falliscono nelle loro relazioni e le accompagna nella prassi ecclesiale senza restrizioni».
Importante il passaggio su bambini e giovani: «Sono componenti essenziali e attive della comunità», è il messaggio che poi ricorda come i bambini fanno la prima esperienza di Dio nelle famiglie, che in questo vanno accompagnate».