Il Sinodo: una vittoria per papa Francesco è l’apertura del dibattito
Articolo di Thomas Reese* pubblicato sul National Catholic Reporter (USA) del 18 ottobre 2014, traduzione di finesettimana.org
Mentre si sta analizzando e discutendo la relazione finale del Sinodo sulla famiglia, c’è il pericolo di guardare gli alberi e non vedere la foresta. È vero, il linguaggio di accoglienza verso i gay non è stato ripreso, e la comunione non è ancora stata garantita ai divorziati risposati.
Ma mentre stiamo sprecando una montagna di inchiostro (o di elettroni) per paragonare la relazione finale alla prima stesura, non dimentichiamo l’insieme: il sinodo è stato una vittoria per l’apertura e la discussione nella Chiesa e il documento finale è un invito per tutti nella Chiesa ad unirsi alla discussione. Ed è esattamente quello che voleva papa Francesco.
I vescovi in quanto pastori hanno affrontato un conflitto fondamentale: come far sì che la chiesa sia una madre che ama e allo stesso tempo una maestra con un insegnamento chiaro. Ogni genitore può capire questo problema.
È vero, c’erano alcuni tradizionalisti ideologici che non volevano nessun cambiamento. Quelli a cui si riferiva il papa nel suo discorso finale parlando di zelanti tradizionalisti o intellettualisti che hanno la “certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere”.
Ma la maggior parte dei vescovi temono che, se appaiono troppo accoglienti e disponibili, la gente penserà che tutte le unioni sessuali sono uguali e che non c’è ragione di sposarsi in chiesa. Questi vescovi semplicemente hanno bisogno di più tempo per immaginare come essere al contempo un genitore che vuol bene e un maestro che parla chiaro. Per troppi anni erano solo preoccupati di parlar chiaro.
È vero, c’erano vescovi africani che temevano di come sarebbe stato percepito un atteggiamento di accoglienza verso i gay nelle loro culture. Gli imam islamici conservatori lo userebbero come propaganda contro la Chiesa?
Ma al contempo vediamo dei cambiamenti nelle Chiese africane. Ad esempio, il presidente della Conferenza episcopale nigeriana ha chiarito al sinodo che i vescovi nigeriani si oppongono al matrimonio gay, ma si oppongono anche alla criminalizzazione degli omosessuali. E questo, in Africa, è importante.
Alcuni presentano la relazione finale come una sconfitta di Francesco. Non la penso così. E credo che non lo pensi neanche lui. Se volesse comportarsi da dittatore, potrebbe semplicemente ordinare qualsiasi cosa voglia.
Invece ha invitato i vescovi ad una discussione aperta, collegiale.
A differenza di noi giornalisti, non è ossessionato dal linguaggio della relazione, ma ha prestato maggiore attenzione al processo. Ha dato il tono all’inizio incoraggiando i vescovi a parlare liberamente. Alla fine, ricapitolando il sinodo, ha mostrato di aver ascoltato molto attentamente e da buon gesuita discernendo lo Spirito nel processo.
Non siamo ancora alla fine del processo sinodale. La relazione, e spero anche il discorso finale del papa, diventeranno il punto di partenza di una discussione molto più ricca sulla famiglia durante il prossimo anno fino al prossimo sinodo nell’ottobre 2015. Il sinodo è stato una grande vittoria per l’apertura e per Francesco.
* Il Gesuita Thomas Reese è opinionista del National Catholic Reporter ed è autore di Inside the Vatican: The Politics and Organization of the Catholic Church (La politica e l’organizzazione della Chiesa cattolica).
Testo originale: Synod a win for Francis and for openness