Il Sinodo Valdese fa un atto importante per quanti credono nell’amore di Dio
Intervista di Gionata.org ad Andrea Panerini del 1 settembre 2006
Proviamo a guardare “dietro le quinte” per capire le regioni e le motivazioni che hanno portato all’approvazione dell’Ordine del Giorno contro l’omofobia da parte del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste tenutosi a Torre Pelice nel 2006. Ne parliamo con chi ha seguito il dibattito e l'approvazione di questo importante documento.
FIRENZE – Andrea Panerini, coordinatore fiorentino della REFO (Rete evangelica fede e omosessualità) ci spiega come si è arrivati all’approvazione dell’Ordine del Giorno contro l’omofobia da parte del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste a cui a partecipato come “verbalista”, ovvero realizzando, in tempo reale, il resoconto di ogni seduta”. A lui chiediamo di raccontarci brevemente il “dietro alle quinte” che ha portato all’approvazione di questo importante documento.
Allora quale è la genesi dell’Ordine del giorno sull’omofobia?
L’idea era balenata ancor prima dell’inizio del Sinodo. Quale unico referente della REFO in sede sinodale ho ricevuto l’autorizzazione da parte della REFO Nazionale a verificare le possibilità di far approvare un documento sull’omofobia e di accoglienza verso le persone omosessualità.
Ho cominciato così una serie di contatti e di incontri che hanno portato alla redazione del testo, che ho limato grazie al contributo del teologo e pastore valdese Pawel Gajewski (esercita il ministero pastorale proprio a Firenze, ndr) e di alcuni studenti della Facoltà valdese di teologia di Roma i quali mi hanno permesso di dare una sostanza al documento stesso.
La presentazione del documento ha incontrato difficoltà?
Non vi sono stati sostanziali problemi se non nella ristretta tempistica per la presentazione. Le modifiche, ad ogni modo, erano state effettuate prima della presentazione ufficiale e il testo uscito dall’aula è stato emendato solo in piccola parte e su dettagli direi trascurabili.
Secondo te l’approvazione di questo Ordine del giorno cambierà effettivamente qualcosa?
“La Stampa” il giorno successivo ha titolato: “Il Sinodo valdese apre alle coppie gay”. Beh, la sostanza del provvedimento era sull’omofobia non sulle coppie quindi sono d’accordo con la moderatora Bonafede quando dice di non far dire al Sinodo quello che non ha detto.
Detto questo credo che sia un buon viatico per l’assemblea-sinodo che si aprirà a novembre a Roma con la partecipazione dei battisti. In quella sede sarà esaminato il documento del Glom (Gruppo di lavoro sull’omosessualità) che raccomanda esplicitamente di permettere le benedizioni in chiesa alle coppie gay.
Non so se sarà approvato, perché l’incontro è interconfessionale, però già il parlarne è un buon segno. In altre sedi ecclesiali, nella stessa Roma, sarebbe impensabile, di questi tempi, discutere su un documento del genere.
Comunque l’Ordine del giorno sull’omofobia è importante perché afferma dei principi che dovrebbero guidare l’operato di ogni chiesa che si chiami cristiana, almeno secondo la mia opinione. E’ un atto importante per tutti coloro che credono nell’amore di Dio verso tutte le sue creature ed è un segno di speranza per molte persone.
Come ti è sembrata la moderatora Bonafede alla fine del Sinodo?
La moderatora mi è sembrata stanca ma sostanzialmente serena. E’ una persona che stimo molto e che ritengo, come donna sposata e come madre, abbia qualcosa di più da dire sulla famiglia rispetto a qualche altra persona “celibe e casta” che abita oltretevere.
Certo non è facile per nessuno amministrare in modo democratico una chiesa piccola ma densa di contenuti e di persone come quella valdese, anche se la figura del moderatore della Tavola non ha competenze di “governo”, che spettano al Sinodo, ma di “amministrazione” della chiesa stessa.
“Cara comunità, anzi cara chiesa” ha detto, con molto acume, il pastore Ribet nel culto di apertura del Sinodo, ed è per contrastare certe derive esclusivistiche che anche io insisto tanto sul termine “chiesa”. Importante, poi, è stato il richiamo che Maria Bonafede ha indirizzato al movimento omosessuale italiano.
Tu sei stato dirigente nazionale di Arcigay. Come giudichi i suggerimenti della moderatora?
L’esperienza di Arcigay è stata in parte positiva e in parte negativa ma è un capitolo chiuso che appartiene al passato, almeno per me.
La REFO non è una formazione di tipo politico in senso stretto ma pone l’accento sull’aspetto religioso, cercando di essere un tramite con le chiese. Io la ritengo una comunità cristiana interconfessionale poiché dove due o più persone si riuniscono nel nome di Cristo, egli è in mezzo a loro.
Personalmente ho capito, da qualche tempo a questa parte, che bisogna dare più attenzione alle persone rispetto alle categorie e alle etichette. Ad ogni modo sono fondamentalmente d’accordo con la moderatora, il movimento omosessuale non può rinchiudersi in ghetti.
Le rivendicazioni sono fondamentali ma è giusto aspirare ad un ruolo attivo nella società, potendo contaminare positivamente il mondo che ci circonda.
Per approfondire
''Le nostre chiese saranno sempre aperte per gli omosessuali''