Il solito responsum autoreferenziale della gerarchia Vaticana sulla benedizione delle coppie dello stesso sesso
Riflessioni di padre James Alison* pubblicate sul sito del settimanale cattolico The Tablet (Gran Bretagna) il 22 marzo 2021, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Immaginate che qualcuno si rinchiuda volontariamente in una stanzetta e che poi vi faccia sapere che non può discutere con voi… perché è rinchiuso in una stanzetta. E che si giustifichi in questo modo: “Non possiamo (parlarne con te), perché noi diciamo che non possiamo, perché noi abbiamo detto che non possiamo”.
Questo è un atto comunicativo bizzoso, che non serve all’interlocutore e serve solo a ribadire l’importanza autoconferitasi da chi pone in atto la sua logica circolare. Serve a interrompere ciò che state facendo, a giocare con le vostre emozioni e a cercare di manipolarvi; è un atto che spegne il dialogo e impone l’assolutismo, il tipo di assolutismo tipico dei bambini arrabbiati.
Fortunatamente ora siamo adulti e bizze di questo genere hanno potere su di noi solo se glielo permettiamo.
Dico questo non per insultare la Congregazione per la Dottrina della Fede, i cui membri sicuramente sono al corrente del gioco comunicativo che stanno mettendo in atto con il Sinodo tedesco, bensì per proteggere chi è rimasto ferito e scandalizzato dal responsum al dubium riguardante la benedizione per le coppie dello stesso sesso. Quando ti rendi conto di trovarti di fronte a un capriccio, sei meno vulnerabile a ciò che può uscire dalla bocca del tuo interlocutore, e a pensare che abbia qualcosa a che fare con te, più consapevole di essere davanti a un’illusione che si nutre di se stessa.
Detto questo, il responsum della Congregazione sembra seguire il modello capriccioso della “educatio interrupta”: fa una domanda a se stessa e risponde a se stessa, in modo autoreferenziale, una risposta che è un atto di potere, non di dialogo.
La Congregazione poi giustifica se stessa con una logica circolare: deduce aprioristicamente una presunta intrinseca eterosessualità di tutti gli esseri umani, per poi affermare che nelle persone impegnate in una relazione omosessuale sarebbe all’opera una tendenza oggettivamente disordinata, che condurrebbe ad atti intrinsecamente cattivi; da queste premesse, essa arriva all’unica conclusione possibile, e per dimostrarlo cita continuamente se stessa.
È questo il loro lato triste: i nostri confratelli (sic) sono rinchiusi in un mondo di oggettività che ha ben poco a che fare con la realtà della creazione così come la stiamo conoscendo, e per come vi partecipiamo. E vi rimarranno rinchiusi fino a che un Papa o un concilio non li liberi dai loro giri a vuoto, dando loro l’autorizzazione ufficiale per andare oltre.
Bisogna andare oltre le dottrine bizzose, e una questione importante in tal senso è: in che modo la saggezza divina, nei fatti e nella pratica, ci sta rivelando l’intelligibilità di tutte le cose create? In che modo ci sta trasformando, attraverso la nostra partecipazione attiva e intelligente alla sua saggezza creativa, in figlie e figli di Dio, eredi della creazione?
Ciò che abbiamo imparato, nell’ultimo secolo o giù di lì, sulle tematiche che oggi chiamiamo LGBT+ può servirci da test per una possibile risposta. Laddove la morale, spaventata, tenta di alzare barriere, la saggezza, partendo da ciò che rifiutiamo, ci apre alla realtà così com’è mentre accettiamo di essere perdonati per la nostra bontà ristretta e la nostra durezza di cuore, che sono rivelate dalle nostre paure e dalle nostre illusioni. E così facendo scopriamo il nostro prossimo come noi stessi, e come siamo amati.
Solamente un’antropologia teologica dell’apprendimento che ci accompagni nella prassi ci può aiutare, non una che trae una serie di deduzioni da alcuni presunti princìpi primi, e poi nega gli aspetti della realtà che non si adattano a quei princìpi.
È così per le benedizioni date, ricevute e condivise dalle coppie omosessuali. Nostro Signore ci insegna a riconoscere un albero dai frutti. Stuzzica i nostri processi cognitivi, e questo ci conduce alla ricerca di cose da benedire, e di forme di benedizione antiche e nuove. Il potere e la gloria del Creatore tendono a farsi evidenti attraverso la nostra evoluzione, quando discerniamo perché stiamo al mondo e chi siamo. È un processo di apprendimento che è benedetto in modo speciale quando ci scopriamo perdonati per aver etichettato in modo falso dei gruppi di persone, e quando scopriamo che la vita è più ricca e migliore per tutti quando siamo invitati ad essere ciò che siamo.
La Congregazione per la Dottrina della Fede, messa di fronte all’albero e ai suoi frutti, ci garantisce che, siccome l’albero è di tipo sbagliato, allora i frutti devono essere cattivi. Questo non è un processo di apprendimento: è un tenersi stretti a una sacralità restrittiva, che dispensa i suoi scherani dal dovere di imparare.
Sono lieto che moltissimi cattolici stiano ignorando tali bizze e gioendo nel Signore. Il responsum difficilmente ci dissuaderà dal benedire Dio e dal trovarci benedetti da Lui.
* Padre James Alison è prete, teologo, conferenziere, organizzatore di ritiri e predicatore itinerante. Quando non si trova per strada, vive a Madrid (Spagna).
Testo originale: Same-sex blessings and the CDF – how to recognise a tantrum