Il suicidio di mia figlia. Ecco perché la Chiesa deve proteggere i cattolici LGBT+!
Testimonianza di Joyce Calvo* pubblicata sul sito del bisettimanale cattolico National Catholic Reporter (Stati Uniti) il 13 gennaio 2022, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Nel settembre del 2016 un ufficiale di polizia venne a casa nostra e ci portò in ospedale. Come spiegò più tardi, un amico gli aveva confidato che Alana stava pianificando il proprio suicidio. Al pronto soccorso Alana confermò che era vero. Aveva pensieri suicidi ed era spiritualmente disperata. Ero sotto shock. Cosa le era successo?
Ho quattro figli. Alana era una bambina sensibile, tranquilla ed empatica. Amava scrivere poesie, suonare la chitarra e farsi da sola i propri vestiti. Era stupenda come scrittrice, cantante ed artista.
I particolari di quello che successe ad Alana prima di togliersi la vita nel dicembre del 2019 sono stati pubblicati in alcuni articoli. Sebbene gli operatori pastorali neghino il proprio coinvolgimento nelle “terapie riparative”, risulta chiaro, dai suoi diari e da quello che mi disse prima di morire, che alcuni sacerdoti e rappresentanti della Chiesa [Cattolica] la incoraggiarono a nascondere e sopprimere il suo orientamento sessuale.
Lo scopo di questo articolo è duplice. Spero di mettere in guardia i genitori cattolici perché facciano attenzione all’impatto devastante che la Chiesa può avere sui loro figli LGBTQ+, e spero di persuadere le persone ad alzare la voce perché essa abbandoni i suoi malaccorti e pericolosi tentativi di cambiare ciò che Dio ha creato.
Sebbene i rappresentanti della Chiesa neghino di averla consigliata o coinvolta in programmi di terapie riparative, da quello che ha scritto e da quello che più volte mi ha detto risulta chiaro che preti, suore ed altri esponenti della Chiesa le avevano detto di nascondere e soffocare il proprio orientamento sessuale. Per ricevere la comunione, inoltre, Alana si confessava ogni settimana, e confessava anche i suoi pensieri omosessuali.
Quando Alana aveva tredici anni partecipò a due campi estivi, il primo organizzato dalla parrocchia (cattolica) del Sacro Cuore di Maria, dove venne suggestionata da alcuni studenti universitari. Al secondo campo, quello della scuola cattolica San Tommaso d’Aquino di Boulder, in Colorado, incontrò padre David Nix, un sacerdote piuttosto controverso, che all’insaputa mia e di suo padre iniziò a nutrire un profondo interesse per nostra figlia.
Per i successivi otto anni Alana l’avrebbe incontrato nel suo ufficio per ciò che lui chiamava “direzione spirituale”. Sebbene padre Nix neghi di averla incontrata da sola, contattai il parroco per esporgli la mia preoccupazione che mia figlia minorenne incontrasse privatamente, e a porte chiuse, un prete senza che io ne fossi a conoscenza, né tantomeno con il mio permesso, cosa che mi portò ad incontrare padre Nix mentre Alana se ne stava lì tremante.
Come madre, vedevo l’adolescente Alana crescere in devozione e pietà. Mentre i suoi fratelli perdevano interesse nella Chiesa, lei partecipava alla Messa quotidiana quanto più spesso poteva, aiutava i senzatetto che abitavano sotto i ponti di Boulder, guidava la preghiera dei gruppi di ragazzi cattolici delle scuole medie, andando persino in missione in Ruanda. I parrocchiani la definivano “una santa”.
Ma Alana aveva un segreto; o meglio, le era stato detto di farlo rimanere tale. A quattordici anni confidò a padre Nix di essere attratta dalle altre ragazze della sua età. Il sacerdote le chiese se volesse farsi suora, e iniziò a preparare Alana per questa vocazione.
Padre Nix le disse di non dirlo a nessuno, specialmente ai suoi genitori, che pensava avrebbero sostenuto la sua identità, e la invitò invece ad incontrarsi regolarmente con lui. Le diede da leggere fastidiosi articoli che diffamavano i gay, e le chiese di condividere con lui dettagli intimi e personali sui suoi desideri sessuali. Continuava ad insistere per cambiare il suo orientamento, e le ripeteva che così avrebbe potuto diventare una suora.
Alana me lo disse più tardi, e ne scrisse nei suoi diari. Fiduciosa per natura, ascoltò padre Nix e fece quello che le diceva. In questo fu incoraggiata da padre Peter Mussett del Centro Cattolico San Tommaso d’Aquino, che le consigliò di iscriversi a un programma di Desert Stream [“Torrente nel deserto”, un ministero cristiano per combattere l’omosessualità, n.d.c.], il cui obiettivo è aiutare le persone che provano un’“indesiderata attrazione per lo stesso sesso”.
Alana mandò un’email dicendo che padre Musset le aveva suggerito di iscriversi al programma. Dopo che padre Nix se ne andò a seguito di alcune polemiche, le Sisters of Life [Sorelle della Vita, un’ordine religioso femminile, n.d.t.] subentrarono nella “direzione spirituale” di Alana e mi telefonarono chiedendomi direttamente il permesso di intraprendere una terapia riparativa con una psicologa autorizzata, che aveva scritto un libro sul counseling con le lesbiche che “non volevano più essere limitate da schemi relazionali distruttivi”.
Le precedenti versioni del sito di dicevano di lei che aiutava i clienti che “desideravano diminuire o alterare la propria esperienza di attrazione e/o comportamenti omosessuali”, o che volevano “esplorare l’intimità con il sesso opposto”.
Rifiutai di lasciarle vedere la psicologa, ma allora già molti danni le erano stati inflitti. Ora il Colorado proibisce la di praticare terapie riparative mirate a cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di pazienti minorenni, ma la nuova legge non include il counseling pastorale.
“Terapie riparative” è un termine ampio che si riferisce ad un ventaglio di pratiche, dall’ormai sorpassato elettroshock, all’attuale counseling che promette di cambiare, “guarire” o sopprimere il proprio orientamento sessuale. È stata screditata dalle organizzazioni di salute mentale, che hanno avvisato che i tentativi di riparazione non funzionano e mettono bambini e ragazzi seriamente in pericolo, con un drammatico aumento del tasso di suicidio. Secondo uno studio, più del 60% dei minori sottoposti a terapie riparative tenta di togliersi la vita.
Con qualsiasi altro rischio simile, dalle sigarette elettroniche al traffico di bambini, un esercito di genitori, educatori, sacerdoti e pastori preoccupati si sarebbe precipitato a proteggerli e a difenderli, ma negli ambienti cattolici le terapie riparative sono spesso dissimulate, e così possono prosperare, perché sono intimamente intrecciate a tanti discorsi sulla castità, articoli per adolescenti e i cosiddetti ministeri di guarigione sessuale. Ai giovani si dice che sono spezzati, violati, e che devono essere “guariti”.
Nell’arcidiocesi di Denver l’arcivescovo Samuel Aquila ha organizzato recentemente una conferenza con l’ormai screditato Desert Stream, presieduto da un leader una volta ex-gay che però ha fatto “mea culpa”, come hanno fatto dirigenti di altre associazioni simili che hanno rivelato di aver mentito per anni, e che il loro orientamento sessuale non era cambiato.
Nei suoi diari Alana descrive come le sia stato detto di uscire con i ragazzi, di cambiare il modo di vestirsi, abbandonare la sua squadra di frisbee per evitare compagne lesbiche, e di non indossare più costumi da bagno. Iniziò anche a tampinare le sue sorelle perché andassero a confessarsi. (Un post del blog di padre Nix sui “Quindici peccati mortali che i cattolici omettono nelle loro confessioni” include l’indossare leggings e shorts.)
Dopo quella giornata straziante al pronto soccorso, portammo Alana in due cliniche e cercammo l’aiuto di parecchi rinomati terapeuti. Nel frattempo, Alana mi disse che preti e suore continuavano a chiamarla, interferendo con le sue cure.
Nel suo diario Alana scrive del dolore di essere giudicata per il suo orientamento sessuale: “Perché è così importante per loro accettare questa parte di me? Perché è una parte di me, è parte della mia identità. È una parte importante della mia vita. Perché è così brutto?”.
Nonostante il sostegno dei suoi amici e della sua famiglia, Alana soffriva di una fortissima sindrome da stress post-traumatico e di depressione, e non poteva mettere piede in una chiesa cattolica senza avere un attacco di panico.
Nei suoi diari esprime la disperazione di non essere in grado di cambiare, e il dolore di essere stata abbandonata dagli amici della parrocchia, e dai preti e dalle suore del Centro Cattolico San Tommaso: “Perché non possono volermi bene?” si chiede.
Alana si è suicidata l’8 dicembre 2019. Mentre lo scrivo, non posso ancora credere che la mia bambina adorata non potrà più tornare. Non la sentirò più cantare con dolcezza, non potrò più guardarla competere in un torneo. Sono disperata pensando a come la sua anima sia stata torturata in nome di Dio.
La storia di Alana ci mostra che lavoro difficile e profondo debba fare la Chiesa Cattolica per amare i suoi membri LGBTQ+, e perché a nessun genitore siano sottratti i figli, e nessun ragazzo sia derubato dalla sua unicità voluta da Dio.
La Chiesa deve smettere di rifiutare i giovani LGBTQ+. Dalla morte di Alana mi hanno cercato parecchi credenti LGBTQ+. Ho ascoltato le loro storie di rifiuto, di tentativi falliti di cambiare, di autolesionismo e di isolamento. Come Alana, queste persone si sentono rifiutate e abbandonate dalla Chiesa semplicemente a causa di ciò che sono, per un aspetto di sé che non hanno scelto, e sul quale non hanno il minimo controllo. Credo che siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, perciò Alana è stata creata ed amata così com’era.
Ho portato Alana ad incontrare leader ecclesiastici e semplici fedeli che accettavano la sua sessualità. Apprezzava il loro punto di vista e il modo in cui seguivano gli insegnamenti di Gesù Cristo, ma non poteva guarire dalla vergogna, dall’abbandono e dai pettegolezzi che l’avevano ferita così profondamente. Dobbiamo smettere di rifiutare i giovani LGBTQ+. Non importa quale sia la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la sessualità, non c’è giustificazione per ferire i giovani LGBTQ.
La Chiesa deve anche prendere posizione contro le terapie riparative, in tutte le loro sfumature. Mentre gli operatori pastorali della diocesi negano di avergliela proposta, il messaggio che riceveva dai suoi direttori spirituali era sempre lo stesso: la sua attrazione era patologica, e bisognava correggerla.
Vigilate sui messaggi che ricevono i vostri figli e i giovani vulnerabili; per quanto possano suonare “spirituali” o “amorevoli”, li portano alla sfiducia e alla disperazione.
Per ultimo, la nostra Chiesa deve smettere di abusare spiritualmente. Per la maggior parte dei suoi anni di adolescente, Alana era stata circondata da preti e suore che credevano di “salvare la sua anima” spaventandola con lo spauracchio del suo orientamento sessuale. Le insegnavano ad odiare se stessa, tanto da spingerla a incidersi sull’avambraccio la parola “Contaminata”. L’hanno alienata dalla sua famiglia, e le hanno consigliato di mentire ai suoi genitori.
La Chiesa Cattolica deve giungere ad una conclusione onesta sulle terapie riparative e sul loro impatto mortale sui giovani LGBTQ+, così come sui sacerdoti e le suore che abusano della loro autorità spirituale per promuoverle.
Nota del curatore: il nostro giornale ha contattato l’arcidiocesi cattolica di Denver (STati Uniti) per un commento. In quattro diverse dichiarazioni la stessa arcidiocesi, padre David Nix, la missione di Denver delle Suore della Vita e il Centro Cattolico San Tommaso d’Aquino, nella persona di padre Peter Mussett, hanno negato di aver praticato e/o suggerito ad Alana terapie riparative. Secondo la dichiarazione dell’arcidiocesi di Denver: “Se una persona cerca di capire meglio gli insegnamenti della Chiesa sulla castità, il matrimonio e le relazioni sessuali, allora cerchiamo di condividere con loro, in modo amorevole, ciò che i cattolici credono sia il disegno di Dio per la sessualità umana. Una persona è sempre libera di accettare o rifiutare ciò che insegna la Chiesa, ma non è ‘terapia riparativa’ o ‘abuso religioso’ insegnare la bellezza di una vita di castità”.
* Joyce Calvo è una madre impegnata a condividere la storia della figlia Alana ed aiutare chi soffre a causa delle terapie riparative. Per ulteriori informazioni o per fare donazioni all’Alana Faith Chen Foundation potete visitare AlanaFaithChen.org
Testo originale: My daughter was a gay Catholic who died by suicide. Here’s how the church must protect LGBTQ+ Catholics.