Il tabù della transessualità in Tunisia, dove è “haram” cambiare il sesso dato da Allah
Articolo di Benjamin Keller pubblicato sul web magazine LGBT 360° (Svizzera) il 7 febbraio 2015, liberamente tradotto da Dino
Haram = illecito per l’islam. Un talk show ha affrontato il tabù della transessualità in Tunisia, ma soprattutto ha rivelato i pregiudizi e la discriminazione che colpiscono questa categoria e tutto l’insieme delle persone LGBT nel paese. Alcune associazioni vogliono mettere fine a tutto ciò.
“Ti devo chiamare Signora Leila o Signor Jalel?”. Per la prima volta una persona transgender è stata invitata in uno studio televisivo in Tunisia. Jalel, all’anagrafe Leila, nato con un fisico femminile ma che si considera un uomo, ha portato la sua testimonianza nel talk-show <Andi Mankolek> (Ho qualcosa da dirti) della rete di lingua araba privata Ettounisiya l’8 gennaio scorso. Il programma, in cui persone anonime fanno delle dichiarazioni ai loro amici, è uno dei più seguiti del piccolo paese nordafricano.
“Mi sono sempre sentito uomo, ha spiegato Jalel, con la testa rasata e gli occhi nascosti dietro un paio di occhiali RayBan Aviator. Rifiuto la mia femminilità perché non l’ho mai avvertita. Non l’ho mai sentita perché il mio cervello è stato programmato per essere un uomo”. Il giovane trans ha fatto ricorso ad una terapia ormonale per modificare il suo aspetto e la sua voce. Vorrebbe sottoporsi ad un’operazione di cambiamento di sesso, ma la legge vieta questi interventi se fatti per motivi psichici. La sua famiglia lo considera una donna.
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Non è normale!
Su internet, molte reazioni alla trasmissione erano caratterizzate dal rifiuto o dall’incomprensione. “E’ haram (illecito per l’Islam) cambiare il sesso che Allah gli ha dato!” ha commentato un internauta su Youtube, dove il video è stato visto più di 140.000 volte. “Davvero, è incredibile!” ha reagito qualcuno sulla pagina Facebook del talk show. “Si merita uno schiaffo per svegliarsi, non è normale!” afferma una frequentatrice di Facebook. Altri hanno invece dato il loro appoggio: “Poveretta, dev’essere dura per lei”, “Brava” o anche “La transessualità e l’omosessualità sono argomenti tabù in Tunisia ma restano comunque una realtà! Grazie Sig. Ala (il presentatore si chiama Alaa Chebbi)”, si può leggere su Facebook.
Le persone transgender, come del resto tutti gli appartenenti alla realtà LGBT, in Tunisia sono fortemente discriminate. Non sono riconosciuti in alcun modo e non hanno gli stessi diritti degli eterosessuali. La sodomia è condannabile con tre anni di carcere e “il pubblico oltraggio al pudore” come “l’offesa al buoncostume o alla morale pubblica col gesto o con la parola” sono punibili con sei mesi di prigione e con un’ammenda. L’omofobia è diffusa e il travestitismo è in genere male accettato. In questo la religione ha un grande peso, in un paese in cui la quasi totalità della popolazione è musulmana. Durante la trasmissione con Jalel l’emerito gran mufti (teorico e interprete del diritto canonico musulmano) di Tunisia, Othman Battich, ha affermato che i cambiamenti di sesso erano proibiti nell’Islam, ma che “interventi chirurgici correttivi” erano possibili in caso di disfunzioni ormonali accertate.
I giornalisti tunisini trascurano questi temi o li trattano in modo orientato. Alla fine di dicembre il presentatore di “Andi Mankolek” Alaa Chebbi, che lavora anche alla radio Cap FM, ha dedicato una trasmissione all’omosessualità, intitolandola “L’omosessualità e le ragioni della sua diffusione”, durante la quale un imam ha dichiarato che i gays dovevano essere uccisi, secondo la legge islamica. La rivoluzione del 2011, che ha fatto cadere il regime del dittatore Ben Alì, in questo campo non ha cambiato nulla.
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Emarginazione
I trangenders si ritrovano emarginati e quotidianamente devono affrontare gli insulti. “Non è raro che vengano esclusi dalle loro famiglie e si ritrovino in strada, racconta un membro di Kelmty (“La mia parola”), un gruppo di sostegno alle persone LGBT nato nel 2011. Siccome spesso hanno dei problemi con i loro documenti, trovare un lavoro risulta difficile, soprattutto se non hanno un diploma. Alcuni si danno alla prostituzione”, un’attività che in Tunisia è illegale, tranne in alcuni luoghi ben precisi che sono regolamentati dallo Stato. “Malgrado tutto c’è chi se la cava. Vive la propria vita, esce, ha una cerchia di amici”. Pur avendo delle riserve sulla forma, l’attivista di Kelmty ritiene positivo il passaggio di Jalel nella trasmissione “Andi Mankolek”: “Alaa Chebbi cerca di suscitare scalpore, il suo obiettivo non è quello di trattare il problema. Ma l’importante è affrontare l’argomento, non importa come”. Una posizione condivisa da Yadh Krandel, presidente dell’associazione Shams (“Sole”), creata di recente, l’altro principale gruppo di sostegno alle persone LGBT in Tunisia: “Anche se le reazioni alla trasmissione non sono state molto buone, è importante aprire la discussione”. Dice di essere stato sorpreso dal gran numero di commenti negativi provenienti da omosessuali: “Alcuni temono di venir associati ai transessuali e che la causa gay ne soffra. Personalmente non sono d’accordo. Si tratta della stessa battaglia”.
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Lotta per la depenalizzazione
Oltre a cercare, come Kelmty, di suscitare la discussione riguardo alle persone LGBT, Shams punta ad ottenere l’abolizione delle leggi del codice penale che le colpiscono, in particolare l’articolo 230 che proibisce la sodomia e l’articolo 226 che punisce gli oltraggi al pudore, ai costumi e alla morale. “Vogliamo mettere in evidenza che questi articoli contraddicono la Costituzione, che stabilisce che i cittadini e le cittadine sono uguali, e allo stesso modo le convenzioni internazionali ratificate dalla Tunisia, come il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici”, spiega l’avvocato dell’associazione. Riferisce il caso di un transessuale che nel 2013 è stato condannato a sei mesi di carcere per essersi vestito da donna”.
Resta da sapere se queste rivendicazioni avranno un riscontro presso il governo -non ancora costituito- nato dalle elezioni legislativa e presidenziale della fine dell’anno scorso, che hanno visto il partito laico Nidda Tounes vincere sugli islamisti di Ennahdha. Tanto più che il paese si trova di fronte a problemi urgenti sul fronte dell’economia e dell’estremismo. Nell’immediato, Shams vuole contattare Jalel per aiutarlo a realizzare il suo intervento chirurgico, che dovrà dunque in una prima fase essere eseguito all’estero. Affinché un giorno, forse, non esista più nessuno in sospeso tra “Signore” e “Signora”.
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Testo originale: Tendances Tunisie. «C’est haram de changer le sexe qu’Allah lui a donné!»