Il Vangelo gay-friendly del teologo James Alison
Articolo di Emiliano Ruiz Parra* tratto dal sito “Domingo El Universal” (Messico), 16 settembre 2012, libera traduzione di Adriano C.
Un sacerdote inglese è divenuto il sensazionale conferenziere di prestigiose università del mondo a causa della sua rivoluzionaria teologia della liberazione omosessuale, che sostiene che ogni volta che crocifiggiamo qualcuno è come se crocifiggessimo di nuovo Gesù. James Alison, assicura che all’interno del Vaticano sta prendendo forza l’accettazione degli omosessuali come variante minoritaria non patologica. Questa è la conversazione avuta con la “pecora rossa” del gregge cattolico.
James Alison mi riceve calzando sandali di gomma e indossando una maglietta nera dove campeggia la scritta “sacerdote” stampata nei colori dell’arcobaleno, che sono anche i colori della diversità sessuale e dell’orgoglio omosessuale. E ride. Ride quando fa la parodia di alcuni vescovi effeminati mentre parlano, quelli che chiama “signore duchesse”, che sono anche loro dei gay repressi ma che continuano amaramente a perseguitare gli omosessuali.
E ride anche quando gli racconto di un gruppo di cattolici messicani come Alejandro Solalinde, Raúl Vera, Javier Sicilia (che ho intervistato qualche mese fa) che si sono compromessi con la difesa dei diritti umani nel nostro paese, che io definisco “pecore nere”, per la loro doppia posizione dissidente contro la gerarchia ecclesiastica e contro lo stato messicano.
“Adesso andiamo ad aggiungere una pecora rosa alla lista dei tuoi intervistati”, mi dice di sè stesso, e ride ancora una volta, mentre prepara un caffè. Stiamo chiacchierando nel salotto di una casa residenziale nella zona sud della città, abitazione di una coppia gay che ha ospitato Alison, mentre era qui in Messico, invitato dalla Università Iberoamericana per partecipare ad un dibattito sulla violenza contemporanea alla luce del pensiero di René Girard, filosofo francese che ha propugnato la teoria mimetica, secondo la quale i nostri desideri come esseri umani si basano sull’imitazione dei desideri degli altri membri della nostra comunità.
Girard aggiunge che la violenza e il conflitto sono radicati anche nell’imitazione del desiderio di dominio. Gli esseri umani, continua questa teoria, hanno represso la violenza attraverso il meccanismo del capro espiatorio, nel principio dell’altro, del male, di ciò che è diverso e che può essere incolpato per i nostri problemi e così abbiamo formato comunità in contrasto tra il bene e il male e tra il concetto di dentro-fuori. A questa scuola di pensiero aderisce James Alison.
Vedo sorridere James Alison, questo sacerdote inglese che apparentemente sembra avere 40 anni (in realtà ne ha 52) e penso al lungo cammino di disaccordi, perdite e molestie che gli possono essere capitate prima che cominciasse a burlarsi di se stesso e della istituzione ecclesiale alla quale appartiene.
Oggi è uno dei teologi più rispettati nel mondo cattolico dissidente, i suoi libri sono stati tradotti in sei lingue, ma la sua è una storia di conversione, ribellione e reinvenzione: cresciuto nel ramo più conservatore della Chiesa Anglicana, si convertì al cattolicesimo; si è scoperto omosessuale quando entrò come novizio nell’ordine dei Predicatori e ora si è avvicinato alla formazione di una teologia omosessuale, che postula una fede che va oltre il risentimento, e che è diventata il primo orientamento teologico per i gruppi omosessuali in diversi paesi, incluso il Messico.
James Alison è un conferenziere giramondo. Nel resto dell’anno visiterà università in Olanda, Colombia, Francia e Stati Uniti. E’ popolare negli auditori dell’Università di Berkeley in California, alla Javeriana di Bogotá e all’Università di Valencia. Viene considerato un professore e docente di spicco nei circoli ecumenici e dalle minoranze sessuali di sei nazioni, e, come dice l’Università Iberoamericana nella presentazione della sua relazione è “autore di un’opera di grande originalità che ha rinnovato l’antropologia teologica in chiave girardiana”.
Nel suo primo libro, “Conocer a Jesús” (Conoscere Gesù, 1994), appare il prologo entusiastico di Rowan Williams, ora arcivescovo di Canterbury e capo della Chiesa d’Inghilterra, il quale scrisse: “E’ la presentazione più immaginativa e lucida sulla teologia della redenzione che ho letto negli ultimi anni”.
L’innamorato
Quest’uomo, dotato di un metro e novanta di statura, nacque a Londra nel 1959, in una famiglia della linea rigida dell’anglicanesimo. Suo padre, Michael Alison, fu membro del parlamento britannico per trentatré anni e, per un decennio, occupò la nomina di parliamentary private secretary della prima ministra Margaret Tatcher (il deputato che doveva accompagnare la Dama di Ferro in ogni momento all’interno della Camera dei Comuni).
Michael divenne famoso come leader dell’ala conservatrice della Chiesa d’Inghilterra, e promosse gli evangelisti più radicali degli Stati Uniti, come Billy Graham e Charles Colson.
Suo figlio James Alison, appena dodicenne, s’innamorò di un ragazzo cattolico ed eterosessuale. James, tramite quel ragazzo, incontrò una forma di cristianesimo diversa da quella che aveva conosciuto in casa sua. “Associai il suo calore al suo cattolicesimo… Suona strano, dato che la gente pensa che la Chiesa Cattolica sia la più omofoba che ci sia, ma se la si mette a confronto con il mondo evangelico di linea rigida, la Chiesa Cattolica è di una flessibilità e ampiezza enorme”, mi dice.
A 18 anni ha fatto i due passi più grandi della sua vita: si è convertito al cattolicesimo e si è rivelato con il coming out. “Con mio papá non sono mai riuscito a mettere a posto le cose. Si è un po’ addolcito dopo il ritiro dalla politica, ma la mentalità evangelica è piuttosto rigida e l’inflessibilità è anche un segnale di fragilità. Non so cos’è stato più difficile per lui, se farmi cattolico o scoprirmi omosessuale, e ha lasciato cadere entrambe le cose nello stesso momento. La considerava come una forma di tradimento, come se lo avessi fatto apposta per fregarlo”, ricorda ora il teologo della liberazione omosessuale.
Studente di spagnolo e storia alla università di Oxford, James Alison si sentiva soffocato nel suo paese. Si iscrisse ad un programma di interscambio e a 21 anni arrivò in Messico. Per un anno è stato professore assistente alla Scuola Normale Superiore situata a Ribera de San Cosme, dove insegnava inglese ai futuri maestri di lingua straniera del secondo livello. Il centro storico di Città del Messico è diventato il suo quartiere adottivo e così conobbe i monaci domenicani della San Domenico.
Attanagliato dai suoi dubbi di fede e dalla sua rivelazione come omosessuale, Alison accolse la chiamata di padre Daniel Ulloa ed entrò nel postulando dei domenicani messicani. Successivamente entrò come novizio al convento di Aguaviva, in Messico, il 28 agosto del 1982. Il maestro dei novizi era un sacerdote giovane ma con i capelli candidi, che si era recentemente laureato in teologia a Bologna: padre Raúl Vera López, oggi vescovo di Saltillo.
Alison non ha mai nascosto la sua omosessualità. Nel 1982, quando entrò nel noviziato domenicano, Giovanni Paolo II era stato nominato pontefice appena tre anni prima. L’ondata neoconservatrice che il papa polacco intendeva imprimere era ancora all’inizio e quindi la sua preferenza omoaffettiva, finché fosse stata discreta, non era considerata un problema.
James Alison tornò a Oxford a completare gli studi sacerdotali di filosofia, e quindi la sua congregazione lo inviò in Brasile a studiare teologia, dove si laureò. Sebbene fosse stato ordinato sacerdote dal vescovo Crispian Hollis, di Portsmouth, in Inghilterra, ritornò in Brasile a studiare per il dottorato e si dedicò a seguire i malati di AIDS, in un’epoca in cui non esistevano antivirali e i malati perivano, in media circa l’80%, cinque mesi dopo essergli stata diagnosticata la malattia.
Anche allora l’intolleranza verso l’omosessualità era una norma nell’istituzione ecclesiale. Dice Alison: “quello che più agita il mondo ecclesiastico non è il fatto di essere omosessuale, ma l’onestà rispetto a questo tema. [Il fatto di non nascondere la mia omosessualità] causò parecchia rabbia, per il fatto di non essere riscattabile. Una volta che non si è ricattabili, si è fuori dal gioco“.
Secondo le statistiche, nella società abbiamo un tre o quattro per cento di persone attratte dal proprio stesso sesso. Nella Chiesa, dice, il numero e qualitativamente maggiore, ma è impossibile saperlo con precisione perché i vescovi sono i primi interessati affinché queste cifre non vengano divulgate.
Alison sostiene che esistono tre tipi di chierici: gli eterosessuali, che in generale non si preoccupano (a volte neanche si interessano) di chi è gay e di chi non lo è all’interno della Chiesa; gli “ipocriti blandi”, omosessuali essi stessi che non perseguitano i gay e neppure li appoggiano quando sono in difficoltà e, per ultimi, i cacciatori di streghe che, per nascondere la loro omosessualità, si dedicano a perseguitare i gay.
Il decennio del 1990 fu particolarmente difficile per Alison. Ha sofferto vessazioni e indifferenza nella struttura ecclesiale, non solo in Brasile ma anche in Bolivia e Chile, dove ha vissuto per brevi periodi. “Mi resi conto (di fatto) di non essere membro dei domenicani e cominciai a tentare di vivere senza l’appoggio del sistema ecclesiastico. Ho lasciato l’Ordine dei Predicatori nel 1995, sebbene non abbiano fatto il processo legale fino a 12 o 13 anni dopo.
Il Vaticano ha riconosciuto la domanda di distacco e sono stato sospeso come sacerdote. Ho deciso che l’unica maniera era partire dal luogo del non risentimento. Pubblicai un libro intitolato “Una fe más allá del resentimiento: fragmentos católicos en clave gay” (Una fede al di là del risentimento: frammenti cattolici in chiave gay)
Alison si trovava in un limbo giuridico: era sacerdote ma non aveva un superiore gerarchico. Nella chiesa cattolica questo viene definito “chierico vacante” ed è un’anomalia per il diritto canonico. A James Alison, tuttavia, questo gli dà libertà di fare e dire quello che vuole. In teoria qualunque vescovo potrebbe “chiederlo” per la sua diocesi, ma Alison pensa che nessuno osi chiedere di ottenere un prete che è apertamente omosessuale.
Nel 2008, Alison ha ricevuto una borsa di studio dalla Fundazione Thiel, creata per diffondere il pensiero di René Girard, e si stabilì nel distretto della Repubblica di São Paulo, in Brasile, dove aveva ottenuto la residenza permanente a seguito del suo dottorato. Alison vive nel centro di uno dei due quartieri omosessuali di questa città di 18 milioni di abitanti, che celebra il più grande carnevale dell’orgoglio gay del mondo, che secondo le stime ufficiali conta tre milioni di partecipanti.
Fino a vent’anni fa, Alison avrebbe giudicato impossibile quello che ora succede ogni domenica a pochi passi da casa sua: un centinaio di ragazzi e ragazze omosessuali tra i 14 e i 18 anni, frequentano i club per minori, conosciuti come “matinés”, che sono aperti dalle 4 del pomeriggio fino alla mezzanotte.
Si vestono normalmente come i ragazzi della loro età che frequentano i club eterosessuali e la polizia fa anche dei controlli discreti per prevenire eventuali aggressioni omofobe (quando Alison aveva 15 anni e visitava i bar gay di Londra, la polizia era in attesa fuori per arrestare quelli che stavano litigando).
“La totale normalità, l’adorabile banalità adolescente sebbene leggermente isterica, in tutto questo, è ciò che sembrerebbe impossibile sia successo [in due decenni]. Anche se i ragazzi del mio quartiere sono in grado di esprimersi in questa forma particolare di libertà, il fatto che il loro modello di relazionarsi sia con persone del loro stesso sesso non sembra essere, in nessun senso, la caratteristica più suggestiva o importante che regola la loro vita“, scrisse Alison in un articolo intitolato “Dall’impossibilità alla responsabilità: appunti per una pastorale cattolica omosessuale”, pubblicato sulla rivista Vida pastoral dell’ordine dei padri paolini del Messico.
“Mi piace vivere in mezzo a tutto questo. Sono così felice di condividere la sensazione di libertà che consegue alla frantumazione dell’impossibilità. Sono arrivato ad allietarmi del suono imprendibile di una risata fatta da una drag queen brasiliana alle tre della mattina, più stridente e più tenera del verso arrogante di un cacatua. Eppure, col privilegio di vivere in un quartiere così pittoresco, ne deriva anche una grande sfida in termini di mia responsabilità.“, scrisse Alison. Oltre alla riflessione teologica, Alison si dedica anche a seguire un gruppo di cristiani della comunità LGBT del suo quartiere in Brasile.
“Intrinsecamente cattivo”
Son passati esattamente 30 anni da quando James Alison entrò nel noviziato del convento domenicano di Aguaviva, ai piedi del vulcano Iztaccíhuatl. E’ martedì 28 agosto 2012 e padre Alison indossa un elegante abito nero mentre partecipa come relatore al dibattito “Teoria mimetica e costruzione della pace sociale” presso l’auditorio Sant’Ignazio di Loyola dell’Università Iberoamericana, nella capitale del paese.
Tra il suo pubblico è seduto l’unico vescovo dell’Ordine dei domenicani in Messico, Raúl Vera López, lo stesso che nel 2011 ricevette un rimprovero dal Vaticano per il fatto di ospitare un gruppo di omosessuali cattolici, nella cittadina di San Elredo della diocesi di Saltillo, che si ispira ai testi di James Alison.
Il sacerdote inglese comincia il suo discorso, rivolgendosi a Vera López, con queste parole: “Sebbene non siano poche le occasioni in cui ti ho dato motivo di vergogna, ti chiedo di accettare il mio discorso come atto di gratitudine […] Approfitto di questa occasione per dirti in pubblico che in questi trent’anni sono aumentati sempre più la gratitudine e l’orgoglio che provo per la tua fraterna presenza nella mia vita, partecipando con te al progetto di vita cristiano”.
Al termine del dibattito, Alison si diresse verso Vera López, lo abbracciò e gli chiese ironicamente: “Non ti vergogni di me?”, al che il Vescovo di Saltillo gli rispose con una risata. Raúl Vera López è un caso unico nella Chiesa a causa della sua pastorale rivolta ai gruppi omosessuali. Ufficialmente mi spiega Alison, per la gerarchia ecclesiastica gli atti omosessuali sono intrinsecamente cattivi. “Descrivono l’inclinazione omosessuale, ciò che noi definiamo l’essere gay, come un disordine oggettivo”.
Lo intervisto il 27 agosto e il 2 settembre. “Io mi batto per la definizione di essere omosessuale come una variante minoritaria non patologica all’interno della condizione umana. Nel momento in cui la Chiesa cattolica lo riconosce, crolla tutta la sua struttura di potere: sarebbero obbligati a riconoscere che esistono relazioni omosessuali che possono essere di mutua edificazione. elle relazioni eterosessuali, questo rende impossibile mantenere il vincolo indissolubile tra il procreativo e l’unione in quanto tale. Nel momento in cui verranno accettati gli omosessuali come una variante minoritaria non patologica, cadrà ogni schema“, mi ha detto durante una delle nostre conversazioni.
Ti chiedo potrebbero passar secoli prima che questo succeda?
“Non lo so. La gerarchia è occupata in una guerra a tutto campo contro il matrimonio egualitario e in tutte le giurisdizioni stanno perdendo di brutto e sempre più, in parte perché la maggioranza della popolazione cattolica lo accetta.
Penso che si risolverà in maniera generazionale. Se sei un anziano di 70/80 anni, significa che eri adolescente quando era molto difficile parlare di queste cose. Anche se avessi avuto una buona coscienza interiore. Ma diventa sempre meno possibile per quelli che ora hanno 40 o 50 anni.
Anche se il Vaticano sceglie i sacerdoti più conservatori per eleggerli a vescovi
La realtà supera ogni limite. In questa generazione c’è gente che non ha mai nascosto la propria omosessualità agli altri. Per loro risulta incomprensibile rimanere velati per essere graditi a Gesù. Molti vescovi e sacerdoti omosessuali non soffrono di oppressione attualmente. Tutto questo provoca un malessere molto profondo a livello personale e collettivo.
Io penso che entro la prossima generazione verrà concesso dalla Congregazione della Dottrina della Fede (un braccio del Vaticano, conosciuto precedentemente come Sant’Uffizio) che per lo meno non si sia ostili alla fede che suggerisce che gli omosessuali siano una variante minoritaria non patologica. Siamo più vicini a questo di quanto possa sembrare.
Un ex seminarista gay mi ha detto: “la Chiesa Cattolica è il posto ideale per un omosessuale: vivi con altri uomini e sei rispettato nella società “.
Negli ultimi 50 anni è cambiata questa regola, cioè che la chiesa fosse il posto migliore per le persone omosessuali. Cinquant’anni fa era molto difficile e pericoloso essere omosessuale, si era molto vulnerabili al ricatto e alla violenza.
A quel tempo le arie da gran duchessa erano considerate come se fossero una cosa ecclesiastica. Ma la società è cambiata e questo ha posto la chiesa in gravi problemi.
Significa che quel mondo di ipocrisia blanda, è cominciato a diventare sempre più oggetto di forte ricatto emotivo. Nel momento in cui può essere possibile l’onestà all’esterno, la mancanza di onestà all’interno dell’istituzione diventa un giogo.
Da questo dipende la crisi di vocazioni che patisce la Chiesa?, riferendomi alla scarsità dei candidati al sacerdozio.
Non ho dubbi. Le persone che cercano di vivere onestamente nella Chiesa [come omosessuali] sono perseguitate, quindi perché rimanere lì, se hanno sufficiente struttura emozionale e psicologica per sopravvivere all’esterno?
Il vangelo in chiave omosessuale
Alison ha applicato la visione girardiana all’interpretazione evangelica, che gli ha permesso di prendere le distanze dalla lettura di Dio che manda suo figlio, Gesù Cristo, al sacrificio per soddisfare la sua giusta ira, una visione dominante nel mondo protestante e in alcuni settori del cattolicesimo. Per Alison, invece, la violenza della crocifissione appare come puramente umana.
Lasciandosi sacrificare, Gesù evidenzia la violenza dell’umanità e offre la sua vita come provocazione affinché venga superata questa violenza. Gesù non è più il capro espiatorio (che dava stabilità al popolo ebreo) e si trasforma in una denuncia di questo meccanismo che sacrificava il prossimo.
L’insegnamento che scaturisce dalla crocifissione è quello che ogni volta che crocifiggiamo qualcuno è come se stessimo sacrificando nuovamente Gesù Cristo, dice Alison.
Nella teoria girardiana, l’esistenza del capro espiatorio impedisce, inoltre, che si formulino questioni scientifiche. Fintanto che abbiamo streghe alle quali dare la colpa della grandine, non ci chiederemo mai cosa provoca la caduta di ghiaccio dal cielo. Così Alison ci offre anche una visione per evitare l’atteggiamento vittimista.
Nella sua conferenza nell’Università Iberoamericana del 28 agosto scorso, Alison qualificò l’auto-vittimismo come un “sentimento ad effetto eco”. Quelli che si vittimizzano accettano la violenza altrui, ha detto. Per questo chiede di costruire un sentimento che non dipenda dalla reattività, che sia disposto alla perdita della reputazione e dell’appartenenza. “Solo colui che non si occupa della sopravvivenza può darsi il lusso di abitare il tempo dell’indifferenza”, sostiene Alison.
In quanto teologo cosa suggerisce il fatto che Gesù abbia accolto nel suo gruppo gli emarginati della società, come i pubblicani (esattori delle imposte), le prostitute e i lebbrosi? – gli chiedo durante una delle nostre conversazioni.
E’ contro qualsiasi tentativo di creare un gruppo di buoni che contrastino i cattivi. In questo senso il Vangelo è evidentemente gay-friendly [amichevole con gli omosessuali]
Ci stai dicendo di andare oltre il risentimento e di costruire una teologia omosessuale.
E’ stata una mia esperienza personale, come tanti altri, quella di sentirsi risentito e gravato da atteggiamenti di costante critica e disprezzo di fronte al linguaggio offensivo di alcune autorità ecclesiastiche, che parlano dei nostri matrimoni come se fossero celebrati tra due scarafaggi. Una reazione molto comune è il risentimento e una inimicizia ossessiva.
Il grande pericolo del risentimento fa in modo che l’ostacolo sostituisca la meta. Potremmo rimanere accecati dall’ostacolo e questo finisce con l’uccidere l’immaginazione. Se ci si lascia sopraffare dal male che viene fatto, allora vincono coloro che ti fanno del male. E’ come dare ospitalità ai propri nemici. A loro non dà fastidio ma è quello che a te produce sofferenza. Mi sembra molto importante superare il risentimento.
Come si fa a conciliare l’omosessualità, il sacerdozio e il celibato?
In quanto a celibato, non ho nessun impegno. Per l’autorità ecclesiastica essere omosessuale è un disordine oggettivo, un eterosessualità difettosa. Una volta scoperto che questo è falso, ho anche scoperto di aver emesso i voti in falsa coscienza. E nessun voto emesso sotto falsa coscienza è obbligatorio.
La Chiesa lo sa molto bene, ma sa anche che non si può dire: ‘Dio ti ha liberato la coscienza dagli insegnamenti della Chiesa’ (ride). Per loro è una contraddizione. Se avessi la gioia di avere un compagno, che non ho, non avrei alcun problema. Non ho un compagno per incapacità personale, non per un obbligo religioso.
* EMILIANO RUÍZ PARRA ha passato gli ultimi due anni scrivendo un libro di profili di dissidenti cattolici: ‘Ovejas negras. Rebeldes de la Iglesia mexicana del siglo XXI’ (Pecore nere. Ribelli nella Chiesa Messicana del XXI secolo, editrice Océano), che verrà pubblicato a novembre.
Testo originale: El evangelio es gay-friendly