Il teologo, sulle nozze dell’ex trans, “la Chiesa rifletta”
Articolo di Maria Cristina Carratù da firenze.repubblica.it del 20 gennaio 2008
«Il 'no´ della Chiesa al matrimonio religioso di Sandra Alvino – ex uomo diventata donna, da 25anni già sposata con rito civile – è, almeno per ora, "inevitabile". Però, nemmeno la Chiesa si arrocchi, ma pronunci il suo 'no´ quantomeno col beneficio del dubbio». Lo dice don Enrico Chiavacci, teologo fiorentino, docente di teologia morale, che da decenni lavora sul tema della morale sessuale, che oggi dice convinto: «Siamo davanti a situazioni completamente nuove, autentiche frontiere dal punto di vista della morale individuale e collettiva, che obbligano tutti a una riflessione profonda, piuttosto che allo scontro».
Il 'no´ della Chiesa al matrimonio religioso di chi ha cambiato sesso come Sandra Alvino – ex uomo diventata donna, da 25anni già sposata con rito civile – è, almeno per ora, «inevitabile». E don Alessandro Santoro, che vorrebbe celebrarlo, si accontenti di impartire alla coppia «una semplice benedizione». Però, nemmeno la Chiesa si arrocchi, ma pronunci il suo 'no´ quantomeno col beneficio del dubbio.
Lo dice don Enrico Chiavacci, teologo fiorentino, docente di teologia morale, che da decenni lavora sul tema della morale sessuale, fra i primi, già nell´81, insieme al ginecologo Romano Forleo, a sostenere che il cambiamento di sesso dovesse diventare possibile anche ai fini dello stato civile (come è poi accaduto con l´approvazione della legge 164 dell´82). E che oggi se ne dice convinto: «Siamo davanti a situazioni completamente nuove, autentiche frontiere dal punto di vista della morale individuale e collettiva, che obbligano tutti a una riflessione profonda, piuttosto che allo scontro».
Sul caso di Sandra Alvino, insomma, che oggi vorrebbe sposarsi anche in Chiesa con Fortunato Talotta, al suo fianco da un quarto di secolo, secondo Chiavacci non ci sono vie d´uscita: «Dal punto di vista del diritto canonico vigente e di alcune, sia pur poche, interpretazioni ufficiali, un matrimonio del genere semplicemente non si può celebrare».
La Curia, perciò, come ha fatto sapere la stessa Alvino, si sarebbe giustamente opposta all´eventuale rito religioso che il parroco della Piagge, don Alessandro Santoro, è pronto, invece, a celebrare la prossima primavera.
Però attenzione, aggiunge il teologo: perché, in rapporto ai mutamenti della società, nonché alle nuove acquisizioni scientifiche, «il diritto può anche cambiare». Senza contare la necessità di correggere marchiani errori di lettura: «Per esempio, ritenere che un transessuale sia sinonimo di omosessuale, cosa che accade anche a molti uomini di chiesa». Quando invece, spiega Chiavacci, la realtà è ben altra: e cioè che «il transessuale è vittima di una drammatica spaccatura interna fra identità fisica e identità psichica».
E «non compie affatto una scelta di genere, ma subisce una condizione estranea alla sua volontà. che si manifesta fin dai primi anni, o mesi, di vita ed è, per quanto ne sappiamo, irreversibile».
Di fronte alla quale, perciò, «una volta verificato che per la mente è impossibile adeguarsi al corpo, diventa necessario recuperare un minimo di equilibrio psicofisico adeguando il corpo alla mente». Cosa che «non ha niente a che vedere con le incertezze sui propri gusti sessuali, e con un presunto diritto di scegliere o cambiare a piacimento il proprio genere».
Certo, il processo che porta l´apparato normativo ad aderire alle nuove consapevolezze e ai nuovi comportamenti «è sempre molto lungo». E del resto prima che la legge italiana dicesse sì al cambiamento dello stato civile per gli operati, «ci sono voluti decenni. Si può chiedere di più al diritto canonico?».
In nessun caso, comunque, dice Chiavacci, «la Chiesa deve chiudersi in un 'no´ assoluto e irreversibile, ma pronunciarlo con comprensione della serietà del problema della coppia che ha di fronte, senza farne una battaglia ideologica».
E offrendo «forme concrete di misericordia». Don Santoro, quindi, «col consenso del vescovo, si dovrà limitare a una qualche semplice forma di accoglienza, una preghiera della comunità, una semplice benedizione, senza carattere di sacramento e di solennità».
Ma la Chiesa dovrà accompagnare il suo 'no´, inevitabile allo stato attuale, alla «sincera speranza che studi via via più approfonditi forniscano, anche a lei, sempre più lumi per orientarsi, e cercare di alleviare il grave trauma psichico del transessuale, anch´esso inevitabile». Essa, conclude il teologo, «è pur sempre la comunità dei credenti in Cristo, anche se – senza alcuna loro colpa – transessuali».