Il teologo Goertz: “la Chiesa Cattolica fa soffrire le persone con il suo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità”
Intervista di Christiane Florin al teologo cattolico tedesco Stephan Goertz* pubblicata sul portale informativo deutschlandfunk (Germania) il 6 novembre 2020, liberamente tradotta da Antonio De Caro
Nel film-documentario “Francesco”, Papa Francesco afferma che gli omosessuali hanno “il diritto di stare in famiglia”. Lo Stato dovrebbe creare un quadro giuridico per le unioni civili. Sebbene il contenuto non fosse nuovo, la citazione del film è stata commentata come sensazionale, a seconda dell’atteggiamento – di entusiasmo o orrore – dei commentatori.
Ci sono ambienti ecclesiali che considerano Francesco non più cattolico, e c’è stata persino una piccola manifestazione a Roma in cui i credenti ortodossi hanno chiesto chiarimenti.
La Segreteria di Stato Vaticana ha inviato una circolare ai vescovi di tutto il mondo per porre fine alla presunta confusione in materia di morale sessuale, affermando che le parole papali in questione sono state estrapolate dal contesto. L’insegnamento della Chiesa rimane invariato.
Abbiamo parlato sia con Stephan Goertz*, professore di teologia morale a Magonza, che con Christof Breitsameter** ha appena pubblicato un libro sulla morale sessuale cattolica dal bellissimo titolo: “Sulla priorità dell’amore” (Vom Vorrang Der Liebe – Zeitenwende Fur Die Katholische Sexualmoral, editore Verlag Herder, 2020, 160 pagine).
Una Lettera della Curia: “accade in continuazione”
Prof. Goertz, è rimasto confuso dalle parole del Papa?
Meno confuso che sorpreso positivamente. Vista la posizione del passato, che conosciamo dai documenti romani, il Papa ha segnato una svolta perché non è più assolutamente contrario ad ogni forma di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali. E questo è nuovo, cioè un cambiamento rispetto alla posizione dei suoi predecessori.
Eppure, a quanto pare, il Vaticano deve correggere il Papa. Per quanto ne so, anche il Papa appartiene al Vaticano. È insolito che venga inviato un messaggio chiarificatore dopo quello che ha detto un Papa?
In realtà accade in continuazione che la Curia sia preoccupata che si possa interpretare un’espressione del Papa in modo diverso dal suo senso proprio. E poi richiede un po’ di tempo. Ora ci sono voluti 14 giorni. Avranno cercato di trovare un testo su cui alla fine tutti possono essere d’accordo. Se ora si guarda il testo da vicino, la sostanza dei discorsi del Papa non viene in realtà ripresa.
La Dichiarazione del Papa: “Un primo passo importante per cambiare l’atteggiamento generale”
Ma viene chiarito nella lettera vaticana che non riguarda il matrimonio sacramentale. Questo è ciò che si intende quando si dice che la dottrina non cambia. Quindi vuol dire: l’omosessualità praticata rimane riprovevole e non ci sarà nessun matrimonio sacramentale per le coppie dello stesso sesso.
Sì, non mi aspettavo nemmeno che il Papa arrivasse così lontano. Ma è un passo importante affermare che le unioni omosessuali meritano in primo luogo protezione legale. Allora non possono essere completamente disordinate, come si è sempre detto in passato. Pertanto, questo apprezzamento di un istituto giuridico nell’ambito statale implica un nuovo apprezzamento generale di tali relazioni. E quindi considererei questo un possibile passo, il primo passo, per cambiare l’atteggiamento generale nei confronti di tali relazioni.
È evidente che l’omosessualità è trattata come un argomento pericoloso per il Magistero cattolico. C’è una grande massa di regole e molti divieti, incluso il divieto di ordinare come sacerdoti uomini omosessuali. Cosa c’è di così pericoloso dal punto di vista del quartier generale romano?
Penso che ci siano due modi per cercare di spiegarlo. Un tentativo sarebbe di natura un po’ psicologica: per un’istituzione convinta che l’astinenza sessuale e la vita celibataria del proprio clero sia un valore assoluto sarebbe estremamente irritante riconoscere l’omosessualità nel proprio clero e, in generale, riconoscere l’omosessualità come una variante della sessualità umana. D’altra parte, si tratta ovviamente di preservare l’identità. Negli ultimi decenni, il Magistero romano ha fatto affermazioni molto specifiche e molto nette, molto negative sull’omosessualità. Fare un cambiamento a questo punto potrebbe essere percepito da alcuni come dannoso per l’identità cattolica.
“Nessuna discriminazione dal punto di vista romano”
In modo sintetico, si può dire che la discriminazione appartiene a questa confessione, a questa identità?
Dal punto di vista romano, non c’è discriminazione perché si dice: “La disparità di trattamento tra eterosessuali e omosessuali è fondata e giustificata”. Quindi dal punto di vista romano, questa disparità di trattamento è giustificata. Dal nostro punto di vista, tuttavia, nelle società occidentali si tratta di una disparità di trattamento ingiustificata, quindi è sicuramente una forma di discriminazione. Ma ci sono diverse percezioni di ciò che è giusto e ingiusto riguardo alla disparità di trattamento.
Dignità umana nel cattolicesimo, dignità umana nella modernità
Nel suo libro lei descrive come la Chiesa cattolica, cioè il Magistero e i singoli teologi, rispondono agli sviluppi del loro tempo. Uno sviluppo recente, relativamente nuovo, è l’idea dell’autodeterminazione sessuale. Chi non la riconosce -e il Magistero cattolico non lo fa- viola la dignità umana. Allo stesso tempo, i papi fanno appello alla dignità umana. Soprattutto, Giovanni Paolo II lo ha fatto. Come si conciliano queste posizioni? Esiste una dignità umana e una vera dignità umana cattolica?
Sì, in effetti si tratta di questo. Sotto Giovanni Paolo II abbiamo una comprensione della dignità umana nel senso della dignità della natura femminile e della dignità della natura maschile. Quindi: donne e uomini sono fondamentalmente diversi. E in questa diversità, ognuno di loro ha una dignità particolarmente distintiva. In senso filosofico moderno, per esempio nella tradizione di Kant, diremmo: la dignità si fonda sulla stessa libertà di ogni essere umano, è quindi la dignità della libertà e non quella dell’essenza. E questi diversi concetti significano che entrambe le parti fanno appello alla dignità, ma giungono a conclusioni molto diverse.
La Rivendicazione emancipatrice del Vangelo
Il cristianesimo ha una pretesa di emancipazione?
In termini di messaggio evangelico, direi sicuramente di sì, perché è il messaggio centrale della nostra fede è che Dio ha offerto alle persone un’amicizia e che Dio nella Bibbia non vuole umiliare le persone, ma vuole condurre le persone ad una vita libera. Quindi: Dio vuole un percorso di giustizia e non schiavitù. E nel cristianesimo è decisivo non certo il rapporto tra padrone e servo, ma proprio l’idea di un rapporto di amicizia tra Dio e l’uomo. E qui c’è un grande potenziale di emancipazione, anche per le minoranze sessuali.
“Il cristianesimo cattolico è bloccato nelle credenze medievali”
Ma perché la Chiesa Cattolica non è pioniera per l’emancipazione o, come lei scrive, per la depatologizzazione, la depenalizzazione dell’omosessualità? Alcuni sono ancora oggi convinti che gli omosessuali debbano essere curati da una malattia.
Sì, perché, da una prospettiva storica, il cristianesimo cattolico fino ad oggi, se lo formuliamo in modo netto, è in parte bloccato nelle credenze medievali. Lo posso chiarire con due esempi: c’è la credenza altomedievale che la sessualità renda impuri, per esempio, che la sessualità contamini le persone, che la sessualità significhi che il contatto con il sacro debba essere proibito. E questa paura della contaminazione porta a una visione molto pessimistica della sessualità, e anche delle donne, che di conseguenza sono di per sé incapaci di culto. E questa nozione medievale, che in realtà non è affatto biblica, è così radicata nella tradizione cattolica che difficilmente può essere estirpata.
Il secondo esempio sarebbe, in definitiva, anche la convinzione medievale che la sessualità debba servire allo scopo naturale della riproduzione. Quindi nel Medioevo non c’era ancora l’idea che la sessualità essenzialmente fosse vissuta come umana espressione di amore, ma il pensiero che l’uomo, come gli animali, ha lo scopo di procreare. Ecco a cosa serve la sessualità, ed è a questo che serve il matrimonio. E queste antiche tradizioni non sono state realmente interrotte fino ad oggi. Bisognerebbe superare questa tradizione e recuperare impulsi biblici che vanno in una direzione diversa.
E se l’amore avesse la priorità nella dottrina?
“Sul primato dell’amore” è il suo libro. Cosa significherebbe, per la dottrina, se l’amore avesse la priorità?
Ciò significherebbe che il fattore decisivo non è più se qualcosa è presumibilmente “naturale” o “contro natura”, ma ci si chiederebbe: una relazione o la sessualità è amorevole o non amorevole? È responsabile o priva di rispetto? Quindi applicheremmo criteri personali, diremmo: se questa è un’espressione di amore, allora è umanamente ordinata e moralmente giustificata. Quindi arriveremmo a giudizi completamente diversi su molte aree della sessualità umana che in precedenza erano tabù e valutate come puramente negative. Penso che sarebbe effettivamente la svolta verso una visione diversa della sessualità e del genere.
Fino a un matrimonio sacramentale per coppie omosessuali?
In teologia è assolutamente adeguato dire: se abbiamo davanti a noi una relazione d’amore vincolante che cerca di vivere sotto il segno della fede cristiana, allora la distinzione tra eterosessualità e omosessualità non può più essere decisiva. Rimangono delle differenze. Ma se diciamo: l’atteggiamento di fede con cui una coppia cerca di vivere la propria relazione è l’elemento decisivo e sacramentale, allora si potrebbe in effetti procedere oltre, in questa direzione. E i primi teologi e le prime teologhe cercano oggi di ripensare in modo nuovo il concetto di sacramentalità.
“Non esiste una tale tradizione”
La discriminazione contro gli omosessuali è antica (almeno) quanto la stessa Chiesa cattolica, se non di più. Non è una questione puramente cattolica né puramente ecclesiastica. Ma forse è troppo facile dire: alcuni passaggi della Bibbia sono stati fraintesi e ora si ha a che fare con una teologia più moderna; reinterpretiamo qualcosa e poi tutto funzionerà. Quindi: possiamo semplicemente cancellare migliaia di anni in questo modo, lasciarli indietro senza che sia chiaramente marcato uno stacco?
Beh, la prima cosa che vorrei dire è che l’omosessualità non ha migliaia di anni, visto che la nostra comprensione dell’omosessualità è un prodotto del XIX e XX secolo. In passato per la gente non esistevano davvero gli omosessuali. Tutti gli esseri umani erano considerati eterosessuali, per cui, quando esprimevano il loro amore con persone dello stesso sesso, erano giudicati pervertiti. In realtà sappiamo solo da 150 anni che l’omosessualità esiste effettivamente come una variante dell’identità sessuale di una persona. Ed è per questo che è difficile e problematico ricorrere oggi alle testimonianze della tradizione per condannare qualcosa che come fenomeno in passato non esisteva.
E questo significa che…
Ciò significa che non abbiamo una tradizione millenaria da difendere. Dobbiamo differenziare: cosa hanno pensato le persone sulla sessualità omosessuale in passato? Cosa sappiamo oggi di tale sessualità? E oggi sarebbe piuttosto segno della capacità di imparare, anche per una tradizione religiosa, riconoscere i moderni saperi, le moderne esperienze per poi reinterpretarli alla luce del proprio insegnamento biblico. E quindi, credo, questa è una possibilità abbastanza aperta anche al cristianesimo cattolico. Anche in altre aree ci sono esempi che questo processo è avvenuto.
“L’atteggiamento dei tradizionalisti non è teologicamente fondato”
Per dirla più semplicemente, ciò significherebbe: coloro che rivendicano la tradizione per se stessa non hanno idea della tradizione o inventano una tradizione per giustificare una posizione nel dibattito attuale. Questo è il caso anche di altre questioni controverse della Chiesa cattolica. Ciò significa: i tradizionalisti mentono.
“Mentono”, è una parola difficile. Direi che a un certo punto hanno congelato la tradizione e non sono pronti a progredire. Quindi in realtà tradiscono l’idea cattolica di tradizione. La tradizione è in realtà il tentativo di reinterpretare sempre meglio la tradizione nel contesto delle esperienze presenti. Si pensa che il Catechismo sia, per così dire, lo stato più recente della dottrina e della verità cattolica, e tutto ciò che va al di là di esso non è importante. Un tale atteggiamento in realtà non è teologicamente fondato.
L’omosessualità nel cammino sinodale
Il tema su cui ha parlato il Papa, cioè come si esprime l’autorità cattolica sull’omosessualità, è particolarmente interessante per la Germania perché qui è iniziato il Cammino Sinodale che annovera, tra i propri temi, il cambiamento della morale sessuale: vivere in relazioni che riescono. Cosa ti aspetti da questa discussione?
Auspico che la Chiesa tedesca, sulle questioni della sessualità e del genere, cerchi di assumere un atteggiamento che corrisponda al livello della coscienza morale dei cattolici in Germania, e si liberi dalle catene del passato, che alla fine hanno radici in credenze antiche e medievali. E che cerchi con fiducia di inculturare il Vangelo nel contesto di una moderna società democratica. E che, a proposito della benedizione delle relazioni omosessuali, ad esempio, si cerchi di andare oltre la posizione precedente e di alimentare la discussione nella Chiesa Universale come voto della Chiesa tedesca.
“Posizione non più rappresentabile per ragioni etiche”
Le spaccature sono profonde, presumibilmente perché, come ha detto prima, è tutta una questione di identità. E quanto profonde siano le spaccature si vede anche nei testi del Cammino Sinodale. C’è un documento, un documento preparatorio sulla morale sessuale, dove c’è effettivamente una linea di demarcazione tra le posizioni. Per dirla un po’ schematicamente: a sinistra c’è la benedizione delle coppie omosessuali e a destra è scritto che gli omosessuali devono rimanere casti. Come può essere possibile un compromesso?
Sì, forse un compromesso non è più possibile, ma stiamo per pervenire a un chiarimento, nella fase in cui arriviamo alla convinzione, a netta maggioranza, che le posizioni precedenti non possono più essere fondate su motivazioni etiche. Lo abbiamo già visto per altre questioni nella Chiesa Cattolica. Prendiamo l’esempio della libertà di religione, della pena di morte. Ad un certo punto si sono resi conto che i compromessi non ci aiutano, dobbiamo prendere una posizione chiara. E si tratta di questioni eticamente molto importanti. E mi auguro che ci sia anche chiarezza. E poi chi rimane aggrappato al principio che “si è sempre fatto così” dovrà decidere la propria posizione.
“Ci sono vescovi che dicono che la Chiesa dovrebbe scusarsi con gli omosessuali”
Questa posizione etica include anche di evitare la sofferenza? In altre parole: la Chiesa Cattolica fa soffrire le persone con il suo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità?
Assolutamente sì, lo ha fatto in passato. E continua a farlo, quando parla negativamente dell’omosessualità, quando dice che è oggettivamente disordinata, e così via. Conosco molti credenti e amici gay e lesbiche che sono ancora molto offesi quando vengono fatte tali dichiarazioni. E ci sono anche vescovi che affermano che la Chiesa Cattolica deve scusarsi con gli omosessuali per aver mostrato loro tale disprezzo in passato e averli fatti soffrire.
“Si vuole essere convinti che questa chiesa sia eticamente abitabile”
C’è anche una posizione abbastanza diffusa, che è: a chi interessa una morale sessuale in versione moderna? Chi vive ancora secondo le regole del Vaticano- divieto di contraccezione e così via? E chi vivrebbe secondo una nuova morale sessuale? Quindi, l’argomento andrebbe effettivamente superato. Come si sente a riguardo? Se scrive un libro su ciò, penso, per lei il tema è ancora attuale.
In pratica possiamo dire che la maggior parte dei cattolici si è emancipata dai severi e rigorosi divieti del passato e agisce secondo coscienza. È corretto. D’altra parte, come membri della Chiesa cattolica, vogliamo essere convinti che questa Chiesa sia eticamente abitabile, che non si debba vivere costantemente nel conflitto di seguire naturalmente la propria coscienza e di essere nello stesso tempo parte di un’istituzione la cui dottrina giudichi ciò, sbrigativamente, peccaminoso o sbagliato. È un conflitto che i cattolici sopportano da decenni, ma occorre arrivare a un punto di convergenza tra le convinzioni personali di coscienza e l’insegnamento della Chiesa.
Ma poi i rappresentanti del Magistero, quelli che dicono che quanto dice il Magistero è assolutamente corretto, risponderanno: Se cambia qualcosa, allora questa Chiesa per me non sarà più eticamente abitabile.
Sì, abbiamo visto questa contrapposizione anche in altre confessioni cristiane. E direi: non dobbiamo evitarla. Il cristianesimo è una religione eminentemente morale e non deve assumere a lungo termine una posizione indecisa su questioni etiche fondamentali.
* Stephan Goertz, nato nel 1964, è dottore in teologia e professore di Teologia Morale presso la Facoltàdi Teologica Cattolica dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza.
** Christof Breitsameter è dottore in teologia, nato nel 1967, e professore di teologia morale presso la Facoltà di teologica-cattolica dell’Università Ludwig Maximilians di Monaco di Baviera, presidente del gruppo di lavoro dei teologi morali tedeschi.
IL LIBRO> Christof Breitsameter e Stephan Goertz, Vom Vorrang der Liebe. Zeitenwende für die katholische Sexualmoral (Sulla priorità dell’amore. Svolta per la morale sessuale cattolica), ed. Herder, 2020, 176 pagine.
Testo originale: Katholische Sexualmoral„Die katholische Kirche fügt Homosexuellen Leid zu“