Il Vescovo cattolico Clark: ‘Siamo tutti figli prediletti di Dio’. Etero e gay
Riflessioni del Vescovo Matthew Clark della Diocesi cattolica di Rochester (New York, USA) tratte dal Catholic Courier (Stati Uniti) del 2 luglio 2010*, liberamente tradotte da B.L.R. Eglantyn
Pressappoco una dozzina di anni fa, scrissi una lettera pastorale nella quale riportavo una storia raccontata dal vescovo in pensione John Snyder, che fu vescovo di St. Augustine (Florida, Stati Uniti).
Il vescovo Snyder ricordava un incontro privato che aveva avuto con Papa Giovanni Paolo II, durante il quale aveva esposto nei dettagli il suo piano per la creazione di un ministero per le persone gay e lesbiche.
Dopo aver delineato questo suo progetto, domandò opinione e consiglio al Santo Padre in quanto non era sua intenzione agire in maniera da compromettere l’insegnamento della Chiesa. Dopo un attimo di riflessione, il Papa rispose: “Tutti noi abbiamo bisogno di redenzione, giusto?”
Mi sono ricordato di questa storia, e della compassionevole saggezza del Santo Padre, recentemente a causa di quanto considero come una crescente attenzione nella nostra società verso i problemi riguardanti le persone omosessuali, specialmente se riguardano il matrimonio tra persone dello stesso sesso: un dibattito in cui la Chiesa cattolica ha pesato fortemente..
Mentre il dialogo e la discussione sempre aiutano, sono preoccupato che, in maniera crescente, la discussione pubblica sia degenerata in diversi casi in accuse e condanne a individui specifici o, addirittura peggio, in atti di odio e malizia.
Francamente, sono rattristato da quanto facilmente riusciamo a disegnare confini nella sabbia a proposito di questi problemi e cadere nella trappola del raggruppamento, della classificazione, dell’etichettatura di un “gregge” o “tipo” di persone, così da renderle disumane e demonizzarle. Non mi soffermerò qui sui ben conosciuti insegnamenti della Chiesa Cattolica, in contrasto con i matrimoni fra persone dello stesso sesso. È un concetto che la Chiesa ha trasmesso chiaramente, e che io capisco teologicamente e sostengo fedelmente come vescovo.
Nello stesso tempo, lamento che i “divieti” della nostra dottrina si scontrino troppo spesso con i “doveri”. Lamento che l’insegnamento completo della Chiesa su quanto riguarda i gay e le lesbiche sia troppo spesso poco conosciuto, troppo spesso non diffuso o, in alcuni casi, deliberatamente ignorato.
In parole povere, quello che temo è che, in mezzo a tutte le associazioni e le etichette di questi giorni, vadano persi quegli insegnamenti Cattolici che ci chiamano all’amore, al rispetto e alla cura delle nostre sorelle e dei nostri fratelli omosessuali. Piuttosto che condannarli, giudicarli o discriminarli, siamo invitati a riconoscere che sono, come tutti gli altri, creati e amati assolutamente da un compassionevole Dio pieno di Grazia.
Ci viene ricordato questo compito nello statuto dei vescovi americani “Sempre nostri figli”, che nota: “Gli insegnamenti della Chiesa mettono in chiaro che i diritti fondamentali dell’essere umano devono andare difesi e che ognuno di noi deve sforzarsi di eliminare qualsiasi forma di ingiustizia, oppressione o violenza contro di loro. […] Non è sufficiente solamente evitare poco chiare discriminazioni. Le persone omosessuali ‘devono essere accettate con rispetto, compassione e sensibilità. (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2358).’”
E sono proprio quel “rispetto, compassione e sensibilità” descritti dal Catechismo che io sento sono stati oscurati. Spererei che noi, come Chiesa, potessimo lavorare con più vigore su questi valori, bilanciando il nostro bisogno di sostenere ferme credenze con più compassione e meno giudizio.
Nel corso degli anni, ho sentito e visto in prima persona il dolore patito dai gay e dalle lesbiche, uomini e donne con le loro famiglie. Nelle conversazioni che ho avuto con loro, hanno parlato della loro angoscia, del sentimento della solitudine e dell’abbandono, del non sentirsi i benvenuti nelle nostre chiese, della sensazione di essere costantemente sotto esame.
Ho sentito i loro parenti ed i loro cari descrivere con un senso di paura, colpa, vergogna e totale tristezza la reazione poco gentile di vicini di casa ed amici, i loro compagni Cattolici e Cristiani, verso i loro figli gay.
Parlano del loro proprio essere combattuti tra gli insegnamenti della chiesa e l’amore per i loro figli. Ho sentito anche molti preti che vogliono tendere una mano ai gay e alle lesbiche come la chiesa domanda loro di fare, ma si sentono stretti nel fuoco incrociato del un corrente dibattito e della divisione. Desidererei che non fosse così.
In tutte queste conversazioni, ho detto e ripetuto ancora che noi dobbiamo amare questi figli di Dio con un cuore degno di Cristo. Mi vengono ricordate le parole di Sempre nostri figli (Always Our Children, 1997): “Tu sei sempre mio figlio. Niente potrà mai cambiare questo. Sei anche un figlio di Dio, dotato e chiamato ad adempiere a uno scopo nel disegno di Dio.”
Nella nostra diocesi, io sono orgoglioso del lavoro del Ministero della Famiglia Gay e Lesbica che si impegna e facilita la cura pastorale nella nostra diocesi e nella relativa parrocchia per gente gay, lesbica, bisessuale e transessuale e per le relative famiglie. Questo Ministero è guidato dalle parole della lettera dei vescovi americani del 1976 “Vivere in Gesù Cristo”, che decreta che “essi hanno diritto al rispetto, all’amicizia e alla giustizia. Dovrebbero avere un ruolo attivo nella comunità Cristiana.”
Il Ministero Cattolico della Famiglia Gay e Lesbica ha lavorato con parecchie delle nostre parrocchie per sviluppare un amorevole ministero senza confini, che sproni i pastori a creare un clima di benvenuto attraverso bollettini sul tema, sensibilità nel linguaggio delle liturgie e delle omelie ed incoraggiamento al dialogo, all’educazione e all’affermazione delle famiglie.
Se sei interessato a trovare di più a proposito di questo progetto o hai bisogno di aiuto e guida, puoi contattare il Ministero Cattolico della Famiglia Gay e Lesbica (CGLFM) su www.dor.org (clicca sul link More Catholic) Questo ministero, sebbene sia molto importante, non è di per sé sufficiente a portare a termine il lavoro che deve essere effettuato per rendere la nostra chiesa una chiesa amorevole dove venire accolti calorosamente.
Per compiere questo traguardo, ognuno di noi – ogni pastore e ministro, ogni ufficiale di chiesa, ogni credente – deve seguire ciò che noi predichiamo, evitare qualsiasi oppressione o discriminazione. Abbiamo bisogno di tutti se vogliamo evitare di aggiungere fuoco alle polveri delle divisioni e delle etichette che sappiamo ferire la nostra società.
Credo che le parole conclusive di Sempre nostri figli lo dicano bene: “Ai nostri fratelli omosessuali e alle sorelle lesbiche… Noi tendiamo la nostra mano e vi invitiamo a fare lo stesso. Siamo chiamati a diventare un solo Corpo, un solo Spirito in Cristo.
Abbiamo bisogno l’uno dell’altro se siamo convinti di ‘crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare sé stesso nella carità e nell’Amore.’ (Efesini, 4:15- 16).
“Anche se a volte vi potrete sentire scoraggiati, feriti o arrabbiati, non andatevene dalla vostra famiglia, dalla vostra comunità Cristiana, da tutti quelli che vi amano. In voi, l’amore di Dio è rivelato. Voi siete sempre nostri figli.”
Pace a tutti.
* Articolo ripubblicato su Fortunate Families Newsletter, Mensile dell’Associazione dei genitori cattolici con figli omosessuali (USA), n. 63, Settembre 2010
Testo originale: All are beloved children of God