Il vescovo emerito Gumbleton, sull’omosessualità “anche la Chiesa Cattolica si evolve”
Intervista al vescovo cattolico emerito Thomas J. Gumbleton* pubblicata sul sito della serie documentaristica Frontline (Stati Uniti), liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Può condividere con noi la sua storia? Penso probabilmente di essere la tipica persona della mia generazione e, forse specialmente nella Chiesa Cattolica, uno che, pur non sapendolo, ha sviluppato una sorta di omofobia. Un’omofobia molto profonda ed è stata nutrita dal modo in cui sono stato cresciuto: in una famiglia cattolica che non parlava molto di sesso e in un sistema scolastico elementare dove non c’era un’educazione sessuale e nessuno ti spiegava abbastanza. E tu devi crescere e scoprire le cose da solo.
Poi, al liceo, entrai in seminario. E lì il sistema era completamente maschile. La cosa principale che ricordo sulle relazioni che avevo instaurato erano le nostre discussioni sul non avere un’amicizia particolare; questo significava che non potevamo avere un livello di vera intimità con nessuno. Tutte le amicizie dovevano essere molto varie e generiche e si doveva essere tutto il tempo parte di un gruppo. E davvero durante questi anni non conoscevo molto sull’omosessualità, a parte quei discorsi che mi facevano capire che c’era qualcosa di sbagliato nell’essere troppo amichevoli con un altro ragazzo. Sebbene a quell’epoca non lo sapessi, ovviamente ci facevano quei discorsi perché volevano assicurarsi che non ci fosse traccia di omosessualità o di relazioni omosessuali in seminario.
E così l’idea dell’omosessualità presto divenne una cosa molto negativa. E qualcosa di molto, molto malvagio. E quando ho studiato teologia morale in seminario ho imparato, dell’omosessualità, che era solo un’attività genitale. Nessuno ha mai fatto una distinzione tra orientamento omosessuale e attività omosessuale. E così non ci ho mai pensato se non in termini di attività sessuale. E questa era condannata. Era sbagliata. E così non ho l’ho capita, né come prete né come confessore, e non avevo la più pallida idea di come aiutare le persone che venivano a confessarmi un tale peccato, perché avevo la profonda convinzione che fosse semplicemente una scelta e, come per ogni altra scelta, si poteva propendere per questo o per quello. Così non sarebbe stato un grosso problema. E parlavo in questo modo, il che non giovava a nessuno che si apriva laddove era in gioco l’interezza della propria persona, vale a dire le relazioni, e le relazioni affettive verso le persone del proprio sesso.
Così sono andato avanti con questa convinzione e, credo, con una mancanza di comprensione dell’omosessualità. Finché improvvisamente la mia famiglia dovette confrontarsi con essa quando mio fratello scrisse una lettera a me, agli altri fratelli e a mia madre facendo coming out: disse di essere gay e di esserlo sempre stato, di aver lottato in vari modi come fanno molti omosessuali.
Perché, prima di tutto, ti insegnano che è sbagliato. E tu così senti che in qualche modo lo è. E cerchi di fare la cosa giusta. Così cerchi di non essere quello che sei.
E così, ad un certo punto, aveva fatto dei passi per entrare in seminario, che era una specie di luogo sicuro per gli omosessuali, principalmente perché si hanno relazioni maschili, anche se si è votati al celibato. Ci si trova così in un ambiente più amichevole. E si ha un ruolo molto rispettabile. E, quando sei prete, nessuno si fa strane idee sul perché tu non sia sposato.
Ma capì subito che non era il posto per lui, e così lo lasciò. Allora si sposò. Un altro tentativo di dire “No, non sono gay”. E così rimase sposato per circa quindici anni ed ebbe quattro figli. Ma non poteva scrollarsi di dosso quello che era, perché semplicemente non è possibile, è qualcosa che fa parte di te.
Così, quando fece coming out, dovetti improvvisamente avere a che fare con l’omosessualità in un modo per me nuovo perché era qualcosa che mi toccava ad un livello molto personale. Dovevo rifiutare mio fratello? Dovevo disprezzarlo perché era malvagio? E così via. Così, la prima cosa che dovevo fare era affrontare la mia stessa omofobia. Perché ho avuto una reazione molto negativa quando… lui ha scritto la lettera. Infatti, e lo dico con un certo imbarazzo e quasi con vergogna, non ho letto l’intera lettera. Sapevo che mi stava arrivando perché mia sorella l’aveva già ricevuta e mi mise sull’avviso. Così, quando la ricevetti, la misi da parte.
In modo molto egoista penso di essere stato parziale; ecco, ero un vescovo, e avevo un fratello dichiaratamente gay. Cosa dovevo fare? Cosa avrebbe pensato la gente di me? Intendo che, in qualche modo, quando qualcuno in famiglia fa coming out, tutta la famiglia è sotto i riflettori. E così ero coinvolto anch’io. E sentivo che sarebbe stato imbarazzante dover ammettere di avere un fratello gay. Così cercavo di affrontare questi turbamenti emotivi superandoli indenne. Non volevo respingere mio fratello ma, in qualche modo, avevo la sensazione di doverlo fare. Insomma, come poteva un vescovo di Santa Romana Chiesa avere un fratello gay e dire che era tutto a posto? E così ho dovuto ripensare e riesaminare il perché di una reazione così negativa.
Ho iniziato a guardare alla mia vita e a scoprire come mai avessi potuto avere una educazione così negativa nei confronti degli omosessuali. Ho iniziato a capire meglio e di più questo orientamento. Da quando studiavo in seminario c’è stato un notevole sviluppo nella teologia morale sull’orientamento, distinto dall’attività, e così via. E capii che, nella mia famiglia, i miei fratelli e mia madre ne erano disturbati ma non avevano mai parlato delle cose come stavano. Che non va molto bene, ma è tipico… penso che altre famiglie facciano la stessa cosa. Ci sono cose di cui semplicemente non si parla.
Ma per mia madre era molto problematico. Avrei dovuto essere molto più sensibile al riguardo. Ma stavo ancora lottandoci troppo per essere in grado di sapere come aiutarla. Finché una notte… all’epoca aveva più o meno ottantacinque anni ed ero sicuro che stesse pensando alla sua morte e il suo pensiero principale erano i nove figli che aveva cresciuto… vicina alla morte voleva sentire che stavamo bene e che eravamo sulla strada giusta per noi.
E così, una notte in cui ero andato a trovarla, mi accompagnò alla porta e iniziammo a parlare. Ce ne stavamo lì da pochi minuti e quello che mi disse fu molto diretto. Disse: “Dan andrà all’inferno?”. Sapevo di doverle rispondere. E volevo farlo onestamente ed aiutarla.
E così dissi immediatamente: “No, Dan non andrà all’inferno”. E glielo potevo dire in tutta coscienza perché a quel tempo ci avevo pensato parecchio e avevo capito che era il suo modo di essere. E Dio lo sapeva fin dall’inizio della vita di Dan. E Dio non condanna Dan perché è omosessuale. E così non sarebbe andato all’inferno per quel che era. Che era questo, e Dio l’aveva fatto così e nella provvidenza di Dio, quella era la vita di Dan. E così fui in grado di dirglielo e fu molto rassicurante, il fatto che fossi un prete e un vescovo, e ci avessi pensato per anni. Mio fratello venne ucciso e mio padre morì. Sapete, in un certo senso stavo esercitando il mio ministero pastorale, e proprio nella mia famiglia.
E così, per lei, il mio parere era molto importante. Anche più di quello di tutti gli altri fratelli, ne sono sicuro. E sono fiero di averglielo potuto dire in piena coscienza e con convinzione. E con calma. E questo le fece molto bene. E sono sicuro che, un paio di anni dopo, morì in pace. Perché il problema era stato risolto.
Ci può parlare della posizione della Chiesa sull’orientamento omosessuale e sull’attività omosessuale e dirci in cosa differiscono?
I vescovi cattolici statunitensi hanno scritto una lettera pastorale dal titolo Always Our Children (Sono sempre nostri figli). È un tentativo da parte loro di raggiungere e rassicurare le persone – specialmente i genitori – ogni qual volta ci sia una persona omosessuale. E di fargli capire che questi loro figli sono amati da Dio. Non sono condannati, né esclusi. Ma devono essere totalmente accettati per come sono. E fare questo è un passo molto importante da parte della Chiesa Cattolica e dei vescovi statunitensi. Ed è anche molto utile a parecchi genitori.
Ora, qualche genitore di figli omosessuali ha reagito dicendo “Non ditemi di amare mio figlio, sono un genitore, e lo amerò a prescindere da ciò che dicono i vescovi”. E anche che la Chiesa è stata molto dura nella sua condanna e non ha mai distinto tra orientamento e attività. Così, parecchi genitori sono rimasti talmente confusi da pensare di dover rifiutare i propri figli, che non erano amati da Dio. Anche molte persone omosessuali avevano interiorizzato le stesse convinzioni: non posso essere amato da Dio, c’è qualcosa di sbagliato in me, devo essere disprezzato e rifiutato da Lui. E questo portava ad avere uno spirito autodistruttivo, l’inizio del rifiuto di sé. È qualcosa che necessita di un poderoso cambiamento nel modo di pensare delle persone, specialmente degli omosessuali, della famiglia e dei genitori.
Così, è stato molto importante che i vescovi cattolici statunitensi abbiano detto una cosa del genere. In questo, seguiamo gli insegnamenti della Chiesa. Ho votato a favore della lettera e di sicuro la seguirò scrupolosamente.
Facciamo presente che l’insegnamento cattolico afferma che l’attività omosessuale è sbagliata. Ora, c’è l’orientamento omosessuale e non è sbagliato essere omosessuali. E si può amarsi pienamente, accettarsi pienamente e così via. Ma l’insegnamento cattolico dice che l’attività omosessuale è sbagliata.
Ora, molte persone omosessuali – non si sa in quale percentuale, si sa solo che è molto alta – trovano che ciò sia contraddittorio e molto difficile da accettare. E probabilmente molti non accettano di avere un determinato orientamento e non poter comportarsi di conseguenza e che, in ogni momento, la mia vita debba essere, possa essere deprivata di ogni tipo di intimità sessuale.
Cosa potrebbero fare allora queste persone? Dico loro che devono fare ciò che fa ogni essere umano. Dovete iniziare ad impegnarvi per trovare la maniera di integrare la vostra sessualità nella vostra vita in modo sano e spiritualmente costruttivo. E lo dico da persona votata al celibato. Devo imparare e questo non succede quando, all’inizio, si fa la promessa di celibato durante l’ordinazione, come si può rimanere una persona sessuata e fare amicizia, anche un’amicizia profonda, mantenendo il celibato. Dovete imparare a integrarvi come persone sessuate nella totalità della vostra vita. Deve essere un’integrazione salutare e ci sono alcuni modi di abbracciare il celibato che non lo sono. Così, si può reprimere la propria sessualità ma, quando si reprime una parte importante della propria persona, allora essa verrà fuori in modi che non sono affatto salutari. E così dovete imparare come integrare la sessualità nella vita, mantenendo il vostro impegno di vita celibataria, e crescere in modo psicologicamente e spiritualmente corretto.
Lo stesso è vero per le persone omosessuali. Ci hanno combattuto per anni ed anni e io dico loro che devono tenere presente cosa dicono le Scritture. Dovete tenere presente cosa dice la dottrina cattolica. Dovete tenere conto, discernere cosa Dio vuole per voi. Dovete tenere conto di ciò che vi suggeriscono i vostri mentori e le vostre guide spirituali. E poi dovete sforzarvi di trovare la maniera di poter crescere nella pienezza della vostra persona e di integrare la sessualità nella vostra vita, e seguire l’insegnamento della Chiesa, che è molto tradizionale. Ecco ciò che chiamiamo primato della coscienza: al di là di tutto devo rispondere a Dio per le mie scelte e per quel che faccio. Quando ti sforzi, quando fai certe scelte nel modo più accurato possibile e le fai seguendo le più profonde convinzioni della tua coscienza, non sei condannato da Dio, non puoi esserlo, se segui davvero la tua coscienza. Ed è una coscienza formata, basata su ciò che si discerne dalla Scrittura, dall’insegnamento della Chiesa, dalla preghiera quotidiana, dalle proprie guide spirituali e così via.
E intanto si tenta di crescere e di far maturare la propria persona nel modo più sano e completo. E sento che non posso dire all’altro/a cosa è meglio fare per lui/lei: devono impararlo da soli/e e integrarlo nella loro vita. E se seguono la loro coscienza in modo sincero e autentico, non sono condannati da Dio.
Si sente a suo agio con gli insegnamenti della Chiesa sull’omosessualità?
La Chiesa, nel corso dei secoli, ha tentato di insegnare la sessualità nella vita delle persone non sposate, di quelle sposate e degli omosessuali, e il nostro insegnamento si è evoluto. Ed è vero praticamente per tutti i suoi insegnamenti morali. Si evolve con l’evolversi della comprensione e con i nuovi spunti che via via si presentano.
Prendiamo l’insegnamento sulla schiavitù: cent’anni fa, in questo stesso Paese, i vescovi cattolici la accettavano dicendo che era perfettamente giustificata. Adesso, nella Chiesa, non si troverà una persona che la pensi così.
Guardate cosa succede con la pena capitale. Pochi anni fa la Chiesa Cattolica non aveva alcuna esitazione nell’essere a favore, senza limitazioni di sorta. Ora il Papa è venuto negli Stati Uniti e ha detto che “Nel mondo in cui viviamo non c’è modo di giustificare la pena capitale”.
E così, man mano che capiamo meglio il mondo in cui viviamo, anche il nostro insegnamento si adegua ad esso. Una volta la Chiesa Cattolica pensava che nella vita coniugale le persone sposate non potessero fare sesso senza peccare, dal momento che ne traevano piacere. Adesso le persone ne sarebbero stupite, infatti non la pensiamo più così. Ora c’è una comprensione più profonda dell’importanza dell’intimità, e dell’intimità sessuale, nel matrimonio come modo di costruire e rafforzare il legame amoroso tra due persone. La relazione sessuale è una parte molto importante dell’intera vita matrimoniale. Non c’è niente di male. Non può essere in nessun modo peccaminoso. E adesso lo capiamo più profondamente.
Quello che papa Giovanni Paolo II stesso ha scritto sulla vita matrimoniale è molto bello e idealistico ed è di molto aiuto; deriva da una più vera e profonda comprensione di come l’intimità sessuale sia una parte importante della vita coniugale. Però non credo che siamo arrivati ad una chiara e totale comprensione dell’omosessualità, anche solo da un punto di vista psicologico o scientifico.
Personalmente, quanto si sente a suo agio con gli insegnamenti della Chiesa?
Credo di non essere del tutto a mio agio per quanto riguarda gli insegnamenti della Chiesa sull’omosessualità. Credo che questo sia dovuto alle parole che ho sentito dire da un genitore, il padre di un ragazzo che iniziava a capire di essere omosessuale. Le sue parole sono state: “Cosa posso dire a mio figlio, che è intrinsecamente disordinato?”, che sono poi le parole usate nel documento papale. Mi sono detto: “Se fossi un padre non potrei mai dire a mio figlio o a mia figlia: ‘sei disordinato/a, intrinsecamente disordinato/a’”. È una cosa terribile da dire di tuo figlio. Semplicemente, non posso credere che sia vero, che una persona, in questo modo, possa essere essenzialmente disordinata. Penso che queste siano parole crudeli e ingiustificate e non mi vorrei mai che un genitore le dicesse al proprio figlio.
La rigidità della Chiesa su argomenti come l’omosessualità: come dovremmo considerarla nel contesto della storia ecclesiastica nei secoli?
Durante i secoli la Chiesa si è sforzata di discernere la verità e insegnare la verità rivelataci da Dio, specialmente attraverso Gesù. E ci sono state epoche nelle quali la Chiesa istituzionale e la sua gerarchia hanno sentito di avere “la” risposta e, all’interno di essa, periodi di repressione del pensiero e del suo sviluppo.
Questo è accaduto sotto tutti i Papi. Dall’inizio di questo secolo fino al Vaticano II del 1962 ci sono stati molti teologi zittiti, a cui era proibito di parlare in pubblico, e che per giunta venivano condannati. Tutti questi teologi sono diventati improvvisamente i padri del Concilio Vaticano II e ora si approvano le cose che un tempo venivano condannate.
Questo per me dimostra ancora una volta che la Chiesa sbaglia quando, in via ufficiale, cerca di fermare lo sviluppo del pensiero e delle idee, l’evoluzione della comprensione di una varietà di argomenti perché, ad un certo punto, scopriamo che quelli che erano stati zittiti dicevano la verità.
*Vescovo Thomas Gumbleton è stato ordinato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Detroit il 1 ° maggio, 1968 ed ha servito come vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi per quasi 40 anni prima di ritirarsi dal ministero attivo nel 2006. Il Vescovo Gumbleton ha promosso molte cause politiche attraverso Pax Christi USA, un movimento per la pace cattolico, di cui è stato presidente e fondatore.
Nato a Detroit, ha servito come parroco in numerose parrocchie; in particolare, a San Leo una parrocchia di Detroit, tra il 1983 e il 2007. E ‘stato ordinato sacerdote nel 1956. E’ emerito dal 21 gennaio 2006
Testo originale: Interview: Bishop Thomas J. Gumbleton