Il viaggio verso Emmaus dei cristiani LGBT e i loro genitori
Restituzioni del gruppo “in viaggio per Emmaus”, Cristiani LGBT e i loro genitori della Sicilia, dell’incontro del 15 marzo 2021
Nell’incontro tenuto il 15 marzo abbiamo letto nel vangelo di Luca il capitolo 24, proprio quello che ci ha ispirato la scelta del nome per questo gruppo.
Sulla strada da Gerusalemme ad Emmaus convergono cammini di delusione, sogni naufragati, sconfitta e sconforto: quando manca la fiducia in Dio tutto è finito. Ma Dio ci incontra non soltanto in chiesa, ma nei luoghi della vita, nei volti, nei gesti quotidiani.
I due discepoli delusi tornano a casa, ma ecco si avvicina loro un Altro, uno sconosciuto che si fa compagno di viaggio e si dispone a camminare con loro chiedendo: “cosa sono questi discorsi che state facendo?”. Dunque un Altro che vuole ascoltare e non ha risposte già pronte, che non comanda un passo, ma prende il mio passo. Gli va bene ogni passo e rallenta il suo passo sul nostro, incerto e breve. Lo sconosciuto aiuta i due ad elaborare la loro tristezza, a comprendere ciò che non hanno compreso, quella croce innalzata sul Golgota.
Anche noi non dobbiamo restare nello scoraggiamento, ma invece affidarci totalmente a lui, anche noi ogni giorno vediamo i miracoli nella nostra vita.
Solo dopo aver preso il loro passo lo sconosciuto spiega le scritture e, finalmente, i due discepoli capiscono che c’è la mano di Dio proprio sulla croce della sconfitta, proprio là si tesse il filo della storia del mondo. Cristo ci invita ad essere umiliati, a salire sulla croce con lui, e se riusciremo a salirci davvero, dall’alto di quel legno ci farà vedere il panorama della sua infinita Misericordia. Così avviene il primo miracolo: ora ai due viandanti arde il cuore in petto mentre Lui spiega le scritture.
Anche noi siamo delusi dal coming out dei nostri figli, ma ci portiamo dentro tutta la loro ricchezza. Dobbiamo riconoscere di nuovo i nostri figli e figlie attraverso tutto quello che ci ha insegnato Gesù e camminare accanto a loro, per proteggerli e difenderli.
Trasmettere la fede non significa spiegare nozioni di catechismo, ma accendere i cuori, contagiare passione. Un briciolo di fede mi aiuta molto a non vacillare, anche se in certi momenti sono arrabbiata. I nostri ragazzi/e non hanno la nostra esperienza e maturità e quella che hanno ricevuto oggi dal Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede è una pugnalata che li costringe a dura prova.
Questo brano mi dà la speranza di incontrare anche io Gesù come i discepoli e chiedo la grazia di riconoscerlo.
Giunti ad Emmaus, i discepoli invitano quello sconosciuto viandante a restare con loro perché si fa sera.
Resta con noi, Signore, quando la sera scende nel cuore, alla fine della giornata, alla fine della vita…
Seduti alla mensa di una locanda, finalmente i discepoli riconoscono il loro maestro, l’amico Gesù, proprio nello spezzare il pane. Lo riconoscono in quel gesto che racchiudeva in sé tutta la vita di Gesù, spezzata con gli esclusi e le escluse del suo tempo.
“Fate questo in memoria di me” aveva detto Gesù nell’ultima cena, dopo aver spezzato il pane. Gesù ci ha chiesto di ricordarlo spezzando anche noi le nostre vite. Ed è cosa molto diversa dalla ripetizione di un rito.
E la mente va ad un’altra notte. Eravamo tutti insieme, dopo una cena in famiglia, quando mio figlio ha fatto coming out. Quella notte abbiamo davvero spezzato insieme il pane delle nostre vite, mio figlio per primo, mettendosi a nudo, condividendo con noi il suo segreto più intimo, le sue lacrime, la sua fragilità, e noi con lui. La sofferenza di uno era la sofferenza di tutti. Eravamo immersi in un concentrato di amore, che gli abbracci, più che le parole, esprimevano. Quella notte – ne sono certa – abbiamo fatto memoria di Gesù. Abbiamo seguito quel suo ultimo invito: “Fate questo in memoria di me”
Ma proprio quando i discepoli riconoscono Gesù lui improvvisamente scompare alla loro vista, ma non è andato altrove, è ancora con loro, è ancora con tutti noi, invisibile e nascosto in quel pezzetto di pane ed in quel sorso di vino per proseguire il cammino sulla nostra stessa strada, sulla strada della ricerca, della sconfitta, della paura e del rifiuto: ma questa è la strada della Resurrezione. Gesù percepisce che i due, come noi, non hanno bisogno di condanne ma di attenzione, non di sentenze ma di compagnia, non di prescrizioni ma di conforto.
Al termine delle nostre riflessioni e risonanze, ci poniamo una domanda: “mettersi nei panni dei due discepoli, è semplice?” La risposta è No. Ho in mente un modello di Chiesa che da anni porto avanti con la mia comunità e sinceramente sono deluso dal Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicato oggi. La Chiesa deve ancora percorrere un lungo cammino riscrivendo la teologia morale.