Imprecazioni sì, ma bibliche
Articolo di Gianfranco Ravasi pubblicato su “Il Sole 24 Ore” del 25 novembre 2018.
Bibbia. Gli studi della Sacra Scrittura sono un fiume incessante e si spingono a fare luce su aspetti meno noti del testo: come la violenza, il sangue o la figura travisata della Maddalena.
Era il 25 febbraio 1455 e, dopo un lavoro iniziato nel 1452, veniva licenziato il primo libro a stampa con caratteri mobili. L’artefice era Johannes Gutenberg, nato nel 1400. La sua tipografia era situata in un palazzo dell’attuale capitale del Land Renania Palatinato, Magonza (Mainz); l’incisore dei punzoni con le lettere gotiche dei manoscritti di allora era un certo Peter Schoffer, mentre lo sponsor di quella operazione che avrebbe rivoluzionato la cultura era Johann Furst. Nell’arco di un triennio usciranno da quella stamperia ben 180 Bibbie in due tomi di 1282 pagine complessive, 40 composte su fogli di pergamena e 140 su carta di canapa importata dall’Italia. A quanto è noto, attualmente di quello stock sono rimaste ancora in vita solo 48 copie. Si pensi che lo stesso ciclo triennale di lavoro sarebbe stato necessario perché un amanuense riuscisse a stendere una sola copia manoscritta della stessa Bibbia nella versione latina di san Girolamo, la famosa Vulgata.
Abbiamo voluto risalire a questa sorgente ideale di un fiume editoriale immenso e incessante per ricordare che la Bibbia continua ad essere proposta in centinaia e centinaia di lingue, mentre attorno alle pagine dei 73 libri che la compongono si allarga uno sterminato mare bibliografico. Noi, a cadenza abbastanza regolare, cerchiamo di pescare in quella distesa cartacea qualche opera che risulti di interesse per i nostri lettori non specialisti in esegesi ma consapevoli che le Scritture Sacre ebraico-cristiane sono pur sempre il «grande codice» della cultura occidentale, per usare il famoso sintagma coniato da un artista che fu anche raffinato incisore come William Blake. Le nostre saranno solo alcune segnalazioni capaci di comporre un ventaglio di generi e temi.
Ecco in primo piano un’importante introduzione alle coordinate storico-geografiche entro cui la Bibbia si è sviluppata: non si deve mai dimenticare che essa non è un’astratta collezione di teoremi teologici ma è una «storia sacra». È, quindi, necessario ricostruirne il contesto spaziale, identificato soprattutto col concorso dell’archeologia, definirne la vicenda storico-sociale e religiosa e, infine, sottoporre a un esame critico i testi scritti che ne hanno trasmesso la memoria. Tutto questo è ampiamente e accuratamente disegnato in un manuale elaborato da tre studiosi spagnoli all’interno di una collana approntata appunto in Spagna e tradotta in italiano da un’editrice, la Paideia di Brescia, dotata di un catalogo veramente prestigioso ora passato alla Claudiana torinese, le cui pubblicazioni abbiamo spesso introdotto nelle nostre recensioni.
Passiamo ora a un caso che provoca sempre sconcerto: la violenza sacra che intride molti racconti biblici e che stria di sangue decine di pagine soprattutto dell’Antico Testamento. La cosa non dovrebbe, però, stupire se si considera la qualità storica della religione biblica a cui sopra accennavamo. Se Dio non è un «motore immobile» aristotelico relegato nella sua trascendenza dorata, ma è un interlocutore in dialogo con l’umanità e in azione all’interno di eventi contingenti, è inevitabile che la sua parola e la sua stessa presenza si rivelino attraverso e all’interno di quel groviglio storico e di linguaggi che sono datati letterariamente, socialmente e culturalmente.
Il caso che proponiamo è quello dei Salmi imprecatori che – proprio per la loro carica violenta («O Dio, spezza loro i denti in bocca… Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra!», e così via inveendo) – sono stati espulsi dalla liturgia cristiana. Questi Salmi censurati sono indagati e sottoposti a ermeneutica (che sarebbe necessaria per altro anche ai passi violenti del Corano) da un noto esegeta francese, André Wénin, in un viaggio testuale accidentato ma significativo. E sempre a proposito di pagine sacre difficili, quanto eros è stato versato sulla figura evangelica di Maria di Magdala che è stata trasformata senza fondamento testuale in prostituta, per essere poi esaltata come testimone del Cristo risorto, resa quasi evanescente come ipostasi gnostica della Sapienza divina, trasfigurata in sposa, regina e persino essere divino, strattonata da Dan Brown e altro ancora.
Edmondo Lupieri, docente alla Loyola University di Chicago, grande esperto di alcune figure e testi neotestamentari (il Battista e l’Apocalisse), ha ricomposto i lineamenti evangelici autentici della Maddalena, ha convocato una dozzina di colleghi/e, lanciandoli all’inseguimento delle metamorfosi di quel volto, dall’antichità fino al post-moderno. È suggestivo accostare, quasi a dittico, un’altra fisionomia femminile veramente emozionante, la figlia del carismatico e stravagante liberatore di Israele, Iefte, una giovane donna innominata, votata a un tragico sacrificio rituale dal padre stesso (Giudici 11,29-40). La studiosa Giuseppina Bruscolotto ne ridisegna il profilo alonandolo di una sorprendente reinterpretazione come «patrona» di tante persone che si «consumano» per Dio e per il prossimo.
Alle pagine di questo saggio si dovrebbe associare anche l’ascolto di quel gioiello musicale secentesco che è l’oratorio Iephte di Giacomo Carissimi, soprattutto nel trapasso lacerante tra il clangore dell’inno di vittoria del padre e la desolata lamentazione della figlia (plorate, dolete, ululate, lachrimate…). Sì, perché la Bibbia è stata appunto il «grande codice» di riferimento dell’arte per secoli. Ecco, allora, una particolare ripresa delle Scritture all’interno di un orizzonte fervido e fervente, quello di san Francesco. Tre studiosi francesi si sono dedicati alla ricostruzione dell’esegesi francescana che ebbe una tetrade di esponenti eccezionali: il grande predicatore Antonio da Padova, il teologo san Bonaventura, il maestro spirituale Pietro di Giovanni Olivi (rievocato con le sue teorie e coi suoi discepoli da Eco nel Nome della Rosa) e, infine, il filologo ebraizzante francese Nicola di Lyra la cui Postilla o commento alla Bibbia registrò uno straordinario e secolare successo. Per tutti costoro la Bibbia non era solo un «codice» di riferimento ma anche una «lampada per i passi» nel cammino della vita (Salmo 119,105).
Ignacio Carbajosa, Joaquín Gonzáles Echegaray, Francisco Varo, La Bibbia nel suo contesto, Paideia Brescia, pagg. 480
André Wénin, Salmi censurati, Dehoniane, Bologna, pagg. 126
Edmondo Lupieri (a cura di), Una sposa per Gesù. Maria Maddalena tra antichità e postmoderno, Carocci, Roma, pagg. 342
Giuseppina Bruscolotti, Figlie di Iefte, Cittadella, Assisi, pagg. 109
Gilbert Dahan, Sophie Delman, Marcel Durrer, San Francesco e la Bibbia, Dehoniane Bologna, pagg. 192