In Costa d’Avorio se sei gay devi stare nascosto se vuoi vivere
Articolo di Anna Sylvestre-Treiner pubblicato sul sito di Liberation (Francia) il 18 novembre 2016, libera traduzione di Marco Galvagno
In Costa d’Avorio (Africa) due uomini sono stati condannati a tre mesi di detenzione per omosessualità, applicando per la prima volta una legge emanata venti anni fa. Questo paese ritenuto progressista non è più un rifugio per i gay in Africa.
Era una voce che tutti sussurravano a Daphpadou, una piccola cittadina del Sud Ovest della Costa d’Avorio. Pensavano che Pierre fosse stranamente effeminato, la sera dopo il suo lavoro da vigilante in una piantagione d’Hevea, dicevano che frequentava degli uomini.
Allora quando ha cominciato a uscire con Franck, lo zio di quest’ultimo, non ha digerito la cosa ed è andato a denunciarli. Nonostante le domande incalzanti dei poliziotti e del giudice i due sospetti non hanno mai riconosciuto la loro presunta omosessualità, ma non sono stati convincenti.
Il 3 novembre (2016) sono stati condannati a tre mesi di detenzione per “oltraggio pubblico al pudore, atti impudichi contro natura con un individuo dello stesso sesso”, come ha riportato l’agenzia di stampa Variana. Sono bastati i sospetti a mandarli in prigione.
“Donnette, diavoli, pervertiti” in Costa d’ Avorio molti gay vengono insultati e stigmatizzati. “Ma questa prima condanna per pratiche omosessuali è una regressione terribile” si rammarica, preoccupato, Drissa Traoré, vicepresidente della federazione internazionale dei diritti dell’uomo “è un punto pericoloso che è stato oltrepassato, perché questa decisione potrebbe creare un precedente giudiziario”.
Inconcepibile
Fino ad ora la Costa d’Avorio era ritenuto un paese progressista in materia, non era mai stata applicata questa legge che penalizzava l’omosessualità, emanata venti anni fa. Da vari mesi è in corso una riflessione per cancellarla dal codice penale. Claver Touré, responsabile dell’ONG Alternative, che difende i diritti GLBT nel paese, soffoca mentre parla: “Sono scioccato, ma non sorpreso, questa condanna è lo sbocco di un lento degradarsi della nostra situazione, avvenuto in questi ultimi anni”.
Nel 2013 il varo della legge francese sul matrimonio per tutti ha accentuato le tensioni. In Costa d’Avorio molti hanno avuto paura che venisse imposta una legge simile. Nelle moschee e nelle chiese si sono messi a denunciare i “seguaci di Satana” che si comportano “come animali”.
“In questo paese, ancora molto religioso, il matrimonio tra due persone dello stesso sesso rimane per molti un atto inconcepibile. Alcuni hanno iniziato ad esprimere in maniera violenta la propria omofobia” prosegue Claver, soprannominato “il presidente dei froci” da vari giornali ivoriani, purtroppo sa bene di quel che parla.
Da allora in poi sono state censite decine d’aggressione contro i gay, ma per paura d’essere segnati a dito, le vittime che denunciano le violenze sono rare ed ancor di più lo sono i violenti che vengono giudicati. Alcuni allora alla fine cedono.
Cinque anni fa, per porre fine alle domande e alle prese in giro e non essere più emarginato dalla famiglia e dalla società, Issa ha preferito sposarsi. A trenta anni quest’uomo bello e muscoloso non era sposato e non aveva bambini: “Per i miei era una cosa incomprensibile, hanno iniziato a farmi domande, a spiarmi. Allora appena una ragazza è sembrata interessata a me, ho chiesto la sua mano”. Issa adesso ha due bambini e “siamo tutti infelici” dice. “Ormai se sentono che hai una voce un po’ troppo acuta o ancheggi un po’ ti portano davanti al giudice”. Rachid, un gay di Abdjan, che preferisce rimanere anonimo, riassume questo malessere in poche parole “Camminiamo radenti ai muri. Per vivere da gay, stiamo nascosti”.
Odio
Moussa, è arrivato a Abdjan un anno fa per sfuggire alle persecuzioni che subiva in Nigeria. Mentre per i due terzi dei paesi africani l’omosessualità è un reato severamente punito, la Costa d’Avorio era un rifugio per i numerosi gay e le lesbiche provenienti da quell’area geografica.
Ma qualche giorno fa mentre usciva dal suo appartamento di Abobo, un quartiere popolare nel nord della capitale economica, il giovane è stato apostrofato da due uomini “Voi froci che abitate qui, vi ammazzeremo uno ad uno” e poi lo hanno accoltellato. Moussa ora è all’ospedale, le sue condizioni di salute sono gravi. “Speriamo che le decisioni di un giudice non incitino i più fanatici a dare libero sfogo al proprio odio”, sospira uno dei suoi amici.
Testo originale: En Côte-d’Ivoire, «pour vivre gays, vivons cachés»