In fondo, siamo una famiglia molto classica
Articolo di Emmanuelle Lucas pubblicate sul quotidiano cattolico La Croix (Francia) il 26 luglio 2019, liberamente tradotto da Finesettimana.org
“In fondo, siamo molto classiche.” Marianne, 34 anni, esplode in una sonora risata: “Clara va a letto alle 8 di sera, legge libri e non guarda la televisione”. Marianne è imprenditrice culturale nel settore della musica, e sua moglie Catherine, 51 anni, è ex professoressa di matematica. Vivono in una bella fattoria del XIX secolo a Briare, nel Loiret, cittadina tranquilla, famosa per il suo ponte-canale dei tempi di Gustave Eiffel. Ma per le due donne, il fatto di avere una figlia è anche frutto di molte questioni. L’una e l’altra sono coinvolte nell’associazione LGBT cattolica David et Jonathan, dove incontrano altre famiglie omogenitoriali. In effetti, quando Marianne si è scoperta omosessuale a 17 anni, in una famiglia cattolica praticante dove, di generazione in generazione, le donne avevano il loro primo figlio a 22 anni esatti, “mia madre si è preoccupata. Mi ha detto: ‘Sai che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Essendo omosessuale, rinunci ad avere dei figli’. Ma dentro di me ho sempre sentito l’esigenza di fondare una famiglia: per me era una cosa normale”, confida.
Catherine, invece, “ha preso coscienza molto tardi” di essere omosessuale, e le ci sono voluti sei anni per ammetterlo, prima di “rendersi conto che era diventato chiaro” nella sua testa. Ma lei restava ancora ben lontana dall’idea di fondare un giorno una famiglia. Eppure, quando si sono incontrate, l’idea di sposarsi e di avere un figlio è diventata fondamentale. Sono andate in Belgio per una PMA (procreazione medicalmente assistita) con donatore.
Le due donne si dividono subito i ruoli: Catherine porterà il bambino, perché “avevo 45 anni, era l’ultimo limite perché potessi conoscere questa esperienza”. Marianne sarà il “genitore intenzionale”. Entrambe hanno scelto di lasciare al loro futuro figlio la possibilità di accedere alle sue origini: ”A 18 anni, Clara potrà aver accesso all’identità del suo genitore. Abbiamo ritenuto di non avere il diritto di opporci se lei un giorno ne provasse il bisogno”, spiegano.
Oggi sono ormai alle spalle i momenti difficili, quel percorso ancora doloroso di una gravidanza sotto stretta sorveglianza medica. Clara è stata accolta “con gioia” dalle loro rispettive famiglie, perché “la fede vi si vive rispettando gli altri”, dicono le due donne, e la loro bambina vive un’infanzia serena, all’aria aperta. La coppia, infatti, ha comperato una fattoria, la Ferme du Buisson, nel 2015 – “troppo grande e totalmente fuori bilancio!” – per un colpo di fulmine, per aprirvi delle camere e degli appartamenti ammobiliati, lontano dallo stress delle grandi città.
Da allora, Catherine ha cambiato professione per occuparsi dell’accoglienza turistica. Marianne, invece, ha installato il suo ufficio tra gli spessi muri di pietra. L’organizzazione della giornata è ormai collaudata. È Marianne che porta Clara a scuola la mattina, mentre Catherine la va a prendere la sera. Madre e figlia rientrano in bicicletta, costeggiando la Loira. Nei fine settimana, visitano la regione e portano la bambina alle varie feste di compleanno delle sue compagne. In questo momento, Clara si dedica ai compiti delle vacanze sul lungo tavolo della sala da pranzo. Il gatto si adagia sullo schienale del divano.
“Certo, siamo una famiglia omogenitoriale, ma ci sentiamo più vicine alle famiglie eterosessuali, di cui condividiamo i principî educativi, più che ad altre famiglie omogenitoriali il cui modo di vivere ci è estraneo”, spiegano le due donne: “Non ci sono uomini in casa, ma Clara si deve confrontare con la nostra alterità. Abbiamo due caratteri completamente diversi!”, spiega la volubile Marianne. “A scuola la sola cosa che stupisce è vedere che ci occupiamo entrambe di Clara. Ad esempio, firmiamo tutt’e due sistematicamente ogni comunicazione sul diario”, riprende Catherine.
Sui moduli, Catherine e Marianne firmano alternativamente “genitore 1″ e “genitore 2”. Chi è chi? “Dipende dai giorni, e da chi compila il modulo”, rispondono le due donne. La coppia è anche impegnata in parrocchia, e Clara va al catechismo. Un giorno, la bambina è tornata dicendo: “Sai, quella signora non sapeva che è possibile avere due mamme!”, e tutte sono scoppiate a ridere. Solo la preferenza fortissima della bambina per il rosa e il viola lascia le due mamme perplesse: “Noi cerchiamo di non rinchiuderla in stereotipi, ma è un tentativo perso in partenza”, sospira Marianne, che cerca di rassicurarsi: “L’importante è soprattutto che sappia che non deve lasciarsi dettare le sue scelte con il pretesto che è una bambina”.