In Francia il dibattito sul genere è più infuocato che mai
Articolo di Marc Endeweld tratto dal mensile Têtu n.198 (Francia) dell’aprile 2014, pp.90-93, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Un vago sentimento di déjà vu: dall’inizio di febbraio i militanti si ritrovano sui marciapiedi parigini. Diverse migliaia di persone hanno sfilato gridando lo slogan “Un papà, una mamma”, ma ne urlano anche altri più elaborati del tipo “Non toccate i miei stereotipi di genere”, remake degli slogan di SOS Racisme in salsa reazionaria.
Come Têtu raccontava nel settembre (2013), in un dossier intitolato “Fausse «théorie du genre» et vraie théorie du complot” (Falsa teoria di genere e vera teoria del complotto), coloro che si opponevano al matrimonio per tutti hanno trovato un nuovo cavallo di battaglia: la lotta contro il genere, colpevole ai loro occhi di stravolgere i fondamenti della società, destabilizzando l’ordine naturale che vogliono imporre a tutti come se fossimo in una teocrazia.
Qualche giorno prima, la militante d’estrema destra Farida Belghoul, vicina a Alain Soral, esponente di spicco della destra reazionaria, aveva diffuso false voci fantasiose sulla scuola, ad esempio che ai bambini venisse insegnato a masturbarsi, e aveva promosso le “giornate di pausa” cioè giorni in cui i genitori si rifiutano di mandare a scuola i propri figli in protesta contro “l’ABC dell’uguaglianza”, iniziativa pedagogica che avrebbe dovuto fornire agli insegnanti gli strumenti necessari per lottare contro gli stereotipi tra bambine e bambini.
Qualche SMS e qualche messaggio su Facebook, senza contare il ruolo delle catene di informazioni, e il panico si è propagato come fuoco nella savana. Ma, come se non bastasse, nell’inverno 2014 tra i gay, le lesbiche e i trans francesi si respirava un’aria di sconfitta, come quando François Hollande aveva riconosciuto ai sindaci la libertà di coscienza dopo l’approvazione della legge sul matrimonio per tutti.
Un anno e mezzo dopo questo episodio, già poco glorioso, qualche settimana prima delle elezioni il governo socialista ha moltiplicato le marce indietro: già il giorno dopo la ”manifestazione per tutti” il governo ha annunciato che intendeva opporsi al PMA nella legge sulla famiglia, promossa da più di anno.
Cinque giorni dopo, tutta la legge che doveva trattare il tema dei genitori acquisiti (patrigno e matrigna) è stata respinta senza che siano state fissate nuove date. Sul tema del genere il ministro della pubblica istruzione Vincent Peillon, nonostante sia un filosofo di professione, ha commesso molte gaffes e imprecisioni.
È stato lui a dichiarare alla fine di maggio dell’anno scorso “Sono contro la teoria di genere, sono per l’uguaglianza tra ragazze e ragazzi. Ma se l’idea è che non vi siano differenze fisiologiche né biologiche tra le une e gli altri, trovo tutto questo semplicemente assurdo.”
Queste dichiarazioni gli sono valse l’opposizione di vari ricercatori: “Ahimè, facendo la caricatura agli studi sul genere il ministro ha cercato di dare un contentino alle lobby che si autoproclamano anti-genere. Così disarmata, la lotta anti-discriminazioni rischia di essere ridotta a un semplice slogan” deploravano il 18 giugno su Libération Alexandre Jonart, Anne Ravillard, Laure Bereni e Sébastien Chauvin.
Ma il peggio doveva ancora venire. Infatti, il 6 febbraio il sito Médiapart ha pubblicato un’inchiesta intitolata “Circolari, manuali, libri: i ministeri censurano la parola ‘genere’” che rivela che “il governo ha già scelto, da parecchi mesi, di far sparire da tutti i luoghi la parola ‘genere’, giudicata ormai troppo pericolosa”.
Apprendiamo per esempio che la comparsa del libro Dèjouer le genre. Pratiques éducatives au collège et au lycée (Eludere il genere. Prassi educative all’università e al liceo) di Hugues Demoulin, responsabile della missione “Ugualianza ragazzi/ragazze” all’accademia di Rouen, destinato ad essere uno strumento di formazione per gli insegnanti, è stata bloccata a settembre.
“L’opera è stata tuttavia a più riprese ritenuta valida dall’editore, il Centro nazionale di documentazione pedagogica, che dipende dal ministero dell’Educazione nazionale” sottolinea Médiapart. Una settimana dopo Vincent Peillon tentava di aggiustare il tiro in una breve intervista al quotidiano Libération: “Non faremo marcia indietro sui nostri valori, sull’uguaglianza tra ragazze e ragazzi, sulla lotta contro le molestie sessuali, l’omofobia, le discriminazioni. Adesso basta!” Sì ma il ministro non si pronuncia sugli studi sul genere.
Valérie Sipahimalani, responsabile “liceale” del sindacato SNES-FSU e professoressa di scienze naturali se ne lamenta: “Abbiamo l’impressione che Vincent Peillon non riesca a prendere posizioni chiare e ferme. Sembra che non sappia a che santo votarsi di fronte agli attacchi abituali al ministero.”
Davanti a tanti rinvii, il ministro dei Diritti delle donne Najat Vallaud-Belkacem ha finalmente deciso, all’inizio di marzo, di partecipare a una tavola rotonda sul genere indetta dal CNRS. Ma è ben poca cosa, perché a destra sono molto determinati.
Il presidente dell’UMP Jean François Copé ha così lanciato la ridicola polemica sui libri per bambini, tra cui Tous à poil! (Tutti nudi!); opere che, secondo Nadine Morano, possono far preoccupare i genitori che hanno paura della “pedofilia”!. Sì, avete letto bene. Sulla stessa linea il candidato alle elezioni municipali di Parigi per il dodicesimo arrondissement in una lista dell’UMP Franck Margain si è opposto all’acquisto, da parte delle biblioteche, dei libri per ragazzi che trattano il tema dell’omogenitorialità. E pensare che siamo nel 2014!
“Contrariamente ai dibattiti sul Pacs di 15 anni fa, la Chiesa è in primo piano ed è riuscita ad imporre il proprio vocabolario” analizza con esattezza Éric Fassin, specialista di studi sul genere. “Come la destra religiosa americana che si batte per il creazionismo nelle scuole, gli ‘anti-genere’ hanno scelto il contesto locale per portare avanti le loro idee”.
Per i ricercatori in scienze sociali questa battaglia anti-genere potrebbe avere molte conseguenze ideologiche a destra: “Di fatto, questa battaglia sul genere riavvicina destra ed estrema destra e rivela le ricomposizioni in corso nei due campi. Per la prima volta Jean-Francois Copé, ‘l’uomo del pane al cioccolato’, è diventato il protettore della sensibilità musulmana conservatrice.
Questo è infatti il punto di arrivo di una serie di riconfigurazioni politiche della destra sul tema della sessualità che stanno avvenendo da 15 anni a questa parte. Dopo il Pacs la destra al governo aveva voluto apparire “moderna”, il che le permetteva di stabilire un confine fra “loro”, i musulmani e gli immigrati, e “noi”.
Oggi, come sembra, ci troviamo in una nuova configurazione, dove questa frontiera a destra potrebbe diventare tranquillamente secondaria rispetto alla difesa di un “ordine tradizionale”. Di qui, nel campo dell’estrema destra, i recenti riavvicinamenti tra Christine Boutin e Farida Belghoul ma anche, nella primavera 2013, i tentativi di contatto tra Frigide Barjot e l’UOIF (Unione delle organizzazioni islamiche di Francia).
Questa estrema destra omofoba esprime al tempo stesso un antisemitismo sempre meno complessato, come nel caso di Claude Timmerman, che in una conferenza che denunciava la “scienza antropocentrata” ha definito il genere una creazione delle “lesbiche ebree americane”. In due parole, siamo molto lontani dai tempi del Maggio 1968…
Testo originale (PDF): La chasse au genre est ouverte