In Germania ritorna l’asilo ecclesiastico nelle chiese per chi è in difficoltá
Articolo di Claudio Geymonat pubblicato su riforma.it il 15 gennaio 2019.
In Westfalia un pastore luterano e la sua comunità impediscono l’accesso in chiesa della polizia per prelevare un iraniano da espellere. Una prassi che affonda le radici nella storia. E nel diritto.
In Europa non solo il caso del culto no stop che in Olanda si protrae dal 25 ottobre scuote le coscienze e porta la società civile, le istituzioni, comprese quelle religiose, a interrogarsi sulle modalità di marcare la propria presenza di fronte a una delle sfide più significative di questi anni, l’accoglienza delle persone migranti.
Anche in Germania il Kirchenasyl, l’asilo ecclesiastico, è tornato ad esser oggetto di discussione da quando le espulsioni, i rimpatri, sono divenuti esercizio quotidiano.
Antica prassi che affonda le radici nei secoli, e punto di frizione fra gli stati con il loro apparato di leggi, e le chiese con la determinazione del loro ruolo in queste società, compresa ovviamente la fedeltà al messaggio di cui sono portatrici.
La vicenda è stata raccontata nei giorni scorsi dal quotidiano Avvenire. Il pastore luterano Christian Lerch, insieme a circa 200 persone, ha impedito l’ingresso delle forze dell’ordine nella chiesa della città di Solingen, nel land del Nord-Reno Westfalia, per prelevare ed espellere dal paese un 28enne iraniano che l’ufficio immigrazione ha accertato non avere i requisiti per rimanere in Germania.
L’asilo ecclesiastico temporaneo ha origini antichissime e come riporta il portale “Parlare Civile” curato dal network informativo Redattore Sociale e dall’associazione Parsec «deriva dall’immunità che si acquistava rifugiandosi in un luogo sacro…Una lunga tradizione che parte dai popoli del Mediterraneo e del Medio Oriente. I Greci annoveravano tra i luoghi inviolabili il tempio di Delfo, il tempio di Atena a Tegea e quello degli Eraclidi ad Atene.
La diffusione dell’asilo delle chiese cristiane si ebbe a partire dal secolo IV, attraverso la pratica dell’intercessio attuata dai chierici dinanzi al magistrato o all’imperatore in favore di coloro che si rivolgevano al clero (in particolare ai vescovi), per ottenere clemenza…
In conseguenza del diffondersi degli interventi della Chiesa, la legislazione imperiale riconobbe come principio generale la facoltà di rifugiarsi in una chiesa, purché il rifugiato abbandonasse le armi e si sottomettesse all’autorità del clero della chiesa ospitante.
Il riconoscimento dell’asilo da parte del potere politico ebbe come conseguenza la determinazione di un elenco di reati esclusi dall’asilo: l’omicidio, la lesa maestà, la violazione della fede cattolica, l’adulterio e il rapimento.
Nel Medioevo il diritto di asilo venne riconosciuto alle chiese e alle cappelle, all’atrio della chiesa, ai monasteri, agli ospedali e alle residenze dei vescovi in cui si trovassero delle cappelle…
In un articolo sul Corriere della Sera del 2002, Franco Cardini, docente di storia medievale all’università di Firenze, spiega che il diritto d’asilo fu formalmente “coniato dalla Chiesa nei Concili del XI secolo, come quello di Narbonne del 1056. Fu applicato per esempio durante le guerre di religione in Francia, nel Cinquecento. Ci furono casi di ugonotti che chiesero asilo nelle chiese cattoliche.
Rifugiarsi in un luogo sacro non significava automaticamente essere salvi. Alla fine, erano le autorità ecclesiastiche a decidere”».
Fra i casi più noti alle nostre latitudini quello di Fra’ Cristoforo raccontato da Manzoni ne “I promessi sposi”.
Con l’unità d’Italia l’asilo ecclesiastico scomparve ufficialmente per poi ricomparire con un’accezione più ampia di diritto all’asilo tout court nella Costituzione del 1948 e nell’articolo 14 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo dello stesso anno impegnando gli stati e non più le chiese a farsi tutori del diritto. Aspetto che come ben sappiamo vive alterne fortune.
In Germania il Kirchenasyl è stato sostanzialmente ripristinato oltre 30 anni fa, all’indomani dell’incontro fra varie comunità ecclesiali per denunciare l’allarme dei profughi provenienti dai paesi del blocco sovietico in dissoluzione, e da allora è sempre stato applicato. La sua durata massima, frutto di un accordo fra governo e autorità ecclesiali, è fissata in 18 mesi.
In questo periodo le chiese devono comunicare all’ufficio d’immigrazione chi sono gli stranieri ospitati e da quanto tempo soggiornano nelle loro strutture, in attesa della decisione governativa sul diritto alla permanenza nel paese o meno.
Negli ultimi anni sono i numeri ad essere cresciuti, tanto che oggi sarebbero circa 800 gli irregolari ospitati da parrocchie cattoliche e evangeliche in tutta la Germania.
La mobilitazione a Solingen è anch’essa destinata a durare e sono molti i fedeli che si alternano nel tempio anche per evitare alla polizia di entrarvi e prelevare il giovane.
Negli anni ’80 il Sanctuary Movement negli Stati Uniti era nato per dare accoglienza alle centinaia di migliaia di profughi in fuga dalle guerre civili di Panama, Nicaragua, El Salvador, Guatemala, inseguiti dal governo di Washington perché sospettati di terrorismo senza alcuna prova.
Più di duecento chiese e sinagoghe vennero aperti ai rifugiati, 8 fra i leader del movimento vennero arrestati, ma i rifugiati trovarono infine asilo e lavoro negli Usa e le polemiche si placarono. Oggi ai tempi di Trump e dei muri il movimento è tornato di pressante attualità.
In Ucraina durante la rivoluzione del 2014 tutte le chiese, cattoliche, ortodosse, protestanti, hanno aperto le porte per far rifugiare la folla di cittadini comuni, scesi in piazza per manifestare e attaccati dalle forze dell’esercito che non si sognarono di valicare le porte dei luoghi di culto.