In Liguria il no dei Pro Vita alla Veglia contro l’omotransfobia, ma per i vescovi: “è un segno di accoglienza”
Articolo di Bruno Viani pubblicato sul quotidiano IL SECOLO XIX del 13 maggio 2023, pag.9
“Fino a qualche anno fa, all’interno della nostra Chiesa, eravamo a malapena tollerati: ci siamo sentiti pienamente accolti dopo tanti anni solo quando l’arcivescovo Marco Tasca ha voluto conoscere la nostra storia, aprendoci le porte della Curia, e ci ha incoraggiati ad andare avantia”.
Laura Ridolfi è la fondatrice e animatrice di Bethel, il primo gruppo che nel 2011, dodici anni fa, aveva deciso di rivendicare il diritto di chi è omosessuale ad essere pienamente riconosciuto nella Chiesa. E oggi, mentre accoglie con entusiasmo le nuove aperture di papa Francesco, non si stupisce di fronte a nuove opposizioni.
La veglia di preghiera interreligiosa “per un mondo senza omotransfobia” che martedì sarà celebrata a Genova è stata contestata dal movimento Pro Vita e famiglia del Tigullio, diocesi di Chiavari: “Il nostro vescovo Giampo Devasini intervenga contro il rischio di una deriva ideologica“, dice il referente del movimento, Gianrenato De Gaetani.
Cosa sta succedendo e cosa c’entrano le ideologie? Il primo punto fermo è che si stanno avvicinando i giorni del Gay Pride nazionale che, in Liguria, avrà il suo momento centrale tra sabato 3 e domenica 11 giugno. E le veglie contro l’omofobia si svolgeranno in tutta Italia.
A Genova, l’arcivescovo Marco Tasca ha delegato per il secondo anno consecutivo il suo vicario generale per la Carità, monsignor Gianni Grondona, a guidare la preghiera nella chiesa di San Pietro in Banchi promossa da un gruppo di cattolici Lgbtq+ (acronimo che identifica le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e con altri orientamenti) con rappresentanti valdesi, ebrei e della chiesa Battista.
Ma Tasca ha fatto molto di più, sulle orme di Francesco ha progressivamente spalancato le porte all’accoglienza. E’ un percorso che parte da lontano: era il 2011 quando il Gruppo Bethlel era nato, trovando ospitalità presso (la chiesa de) il don Bosco con don Piero Boreli, salesiano (morto improvvisamente qualche anno fa) e la diocesi aveva accolto quella presenza fuori dagli schemi come un fattore inevitabile. Un istituto religioso non dipende dalla Curia, là anche chi rivendicava il diritto di cittadinanza nella Chiesa da posizioni eterodosse poteva avere campo libero.
Poi, nel tempo qualcosa è cambiato. “Il cardinale Bagnasco ci ha tollerato senza mai darci udienza, per lui eravamo sempre un gruppo un pò così – riprende Ridolfi – ma visto che andavamo avanti lo stesso, e dopo le dichiarazioni di papa Francesco e la nascita di nuove realtà in tutta Italia, ha designato don Nicolò Anselmi a seguire il nostro gruppo”. Erano i mesi immediatamente prima della pandemia.
I primi incontri erano stati on line. “Poi abbiamo proseguito alle Vigne e dopo qualche tempo, quando don Nicolò è stato consacrato vescovo e ha lasciato Genova, il nostro assistente spirituale è diventato don Grondona. Adesso è nato anche un intergruppo con il Tigullio, si chiama Work in progress e ci unisce alle parrocchie di Chiavari e Rapallo”.
E anche dalla diocesi di Chiavari, in risposta alle contestazioni di Pro Vita e famiglia, il vescovo Devasini ieri ha preso posizione. Lo ha fatto con una nota firmata dal suo portavoce don Luca Sardella, poche righe per chiarire le ragioni della presenza alla veglia contro l omotransfobia: “La presenza dei due preti della nostra Diocesi si inserisce all’interno del cammino sinodale che, come Chiesa diocesana, stiamo portando avanti da mesi”, la premessa.
E poi: “In questo percorso l’equipe sinodale, presieduta dal vescovo, ha già incontrato persone Lgbtq+ e la Scuola diocesana di formazione teologica ha affrontato un serio percorso formativo e di confronto su questo tema. Nel solco del magistero di Francesco, la presenza dei due sacerdoti alla veglia di preghiera è segno di ascolto e accoglienza verso questa realtà”.