In modo differente. Il coming out con un Dio a cui piacciono le sorprese
Riflessioni di Marianne Duddy tratte dal bisettimanale National Catholic Reporter (Stati Uniti), 2 settembre 1994, liberamente tradotte da Alessandra Bialetti
Di recente la mia amica Mary ha fatto il suo “coming out” con i genitori. Si era preparata per questo momento mettendo al corrente dei suoi progetti i membri della nostra comunità di fede, ascoltando le nostre storie e chiedendo le nostre preghiere.
Ci parlò della sua convinzione che il parlare fosse necessario per avere una relazione vera, amorevole ed onesta con la sua famiglia. In seguito Mary rifletté sulla sua esperienza.
“Compresi che stavo comunicando ai miei genitori molto di più del fatto che ero lesbica” disse Mary. Stavo dicendo loro come mi sentivo per la prima volta nella mia vita e quanto il mio essere lesbica mi stesse conducendo più vicino a Dio”.
A giugno più di un milione di gay, lesbiche e sostenitori si riunirono a New York per il 25° anniversario del movimento americano per i diritti degli omosessuali. Ad un certo punto, più di 300 omosessuali cattolici si concentrarono nei pressi della cattedrale (ndr cattolica) di St. Patrick.
Sotto la pioggia battente, leggemmo passi della scrittura, cantammo inni, ricordammo gli amici e le persone amate morte di AIDS e parlammo del giorno in cui la chiesa non sarà più il simbolo della discriminazione e della condanna.
Mentre pregavamo, circa 200 poliziotti circondarono la chiesa perché erano stati incaricati di proteggere la cattedrale assicurando che rimanessimo per strada. Il giorno seguente, 1200 di noi celebrarono la messa nella chiesa episcopale, non accolti nella nostra ma comunque insieme in chiesa.
Come stavo terminando queste considerazioni nella mia casa di Boston, suonò il telefono. Mark mi comunicò la morte inaspettata di Sam un gay che viveva a St. Louis. Sebbene lo avessi incontrato solo due volte, il nostro impegno comune verso Cristo e la nostra chiesa ci aveva legato così profondamente che i nostri amici mi coinvolsero nel gruppo di supporto che stavano costituendo per Sam.
Eravamo diventati una famiglia l’uno per l’altro in un modo che trascende il tempo e lo spazio e avevamo bisogno di condividere il dolore per la morte di Sam e la nostra fede nella resurrezione.
Ognuno di questi episodi riflette la realtà profonda del cammino spirituale di un gay e di una lesbica. Il processo di consapevolezza di essere differenti dalla norma e di onorare comunque la validità e la bontà di qualcosa che è scontato da tutto ciò che ci circonda, conduce a una nuova comprensione e modo di vivere la fede.
Quando qualcosa di profondamente essenziale come la nostra identità è riconosciuta solo all’interno del nostro cuore, istintivamente supponiamo che gli altri siano contrari al nostro sentire interiore. Siamo obbligati a mettere in discussione i valori sociali e valutare quanti falsi dei ci sono stai presentati.
Nel momento in cui sperimentano l’intimità con persone dello stesso sesso, gli omosessuali estendono i confini tradizionali dell’amore. Noi stravolgiamo le normali categorie di maschile e femminile, di mascolinità e femminilità.
Mancando visibili modelli di ruolo, noi dobbiamo stabilire i confini del nostro percorso su come vivere in completa reciprocità. Dobbiamo sostituire il Dio che insiste sull’obbedienza alle rigide regole per abbracciare un Dio che ci chiama ad una relazione profonda con lui.
Ogni volta che incontriamo una nuova persona o viviamo una nuova situazione, siamo consapevoli di dover operare la scelta se e come rivelare chi siamo come esseri sessuati, Dobbiamo decidere cosa mostrare al mondo e quando infine sollevare la nostra maschera di falsità.
Ogni volta che diciamo “sono lesbica” o … “non mia moglie, ma il mio compagno”, scegliamo di esporre noi stessi ad un possibile rifiuto, incomprensione, paura e odio. Scegliendo di essere onesti, onoriamo Dio che è vulnerabile, non impenetrabile o imperscrutabile.
Manifestare l’identità omosessuale automaticamente ci pone al di fuori della regola. Ci apre alla possibilità di allinearci con altri emarginati, dimenticati e persone senza alcun potere. Può condurci a formare comunità con persone alle quali normalmente non saremmo associati. Ci pone questioni su come il potere venga usato e spesso abusato. Siamo vicini ad un Dio che prega “che tutti siano uno” piuttosto ad uno che sia dalla nostra parte ma contro gli altri.
Per molti versi, il cammino spirituale di un omosessuale è lo stesso cui è chiamato ogni cristiano ovvero diventare ciò per cui Dio ci ha creato e prendersi cura uni degli altri. I carismi particolari della nostra comunità – doni che provengono direttamente dall’esperienza di combattere l’omofobia in noi e negli altri – sono onestà, coraggio, apertura e libertà.
Questi doni e la nostra sessualità hanno arricchito le nostre vite e sono tesori che cerchiamo di condividere con la chiesa.
Testo originale: Different from norm, we reflect a God who delights in surprises