In Russia la “folle persecuzione” di una donna colpevole di parlare dei diritti delle persone LGBT
Articolo di Sergej Khazov-Cassia* e Robert Coalson** pubblicato sul sito dell’emittente Radio Free Europe/Radio Liberty il 5 dicembre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Julia Tsvetkova, un’attivista femminista che vive a Komsomolsk sull’Amur, nell’estremo oriente russo, da due mesi è condannata agli arresti domiciliari, ad indossare un braccialetto elettronico alla caviglia, e a non poter comunicare con nessuno, eccetto sua madre e il suo avvocato. Ma forse il peggio deve ancora venire: “È una persecuzione assolutamente folle. Nei forum e nei commenti online, c’è gente che dice che dovremmo venire uccise o crocifisse. Julia teme per la mia vita ogni volta che esco” dice sua madre, Anna Khodijreva, aggiungendo che sua figlia è accusata di aver distribuito pornografia: “Poi ci si mettono anche i canali televisivi nazionali, i quali dicono che […] abbiamo una comunità LGBT, anche se non abbiamo mai preso parte a una iniziativa LGBT. In tutto il Paese stanno facendo vedere una fotografia di due anni fa, in cui c’è un’aula scolastica con una ragazza di quattordici anni che disegna un arcobaleno. Ho chiesto [alla ragazza] cosa ne pensasse, e lei ha detto ‘Sono degli idioti’”.
La ventiseienne Julia Tsvetkova è piuttosto conosciuta nella remota città di Komsomolsk sull’Amur, che conta circa 260.000 abitanti. Ha tenuto diverse mostre delle sue opere d’arte, è direttrice artistica di un teatro per bambini, gestisce un forum femminista sul social network russo VKontakte, è una attivista ambientalista, è cantante e ballerina professionista e si è diplomata istruttrice di parkour.
Sua madre crede che gli attacchi online contro Julia siano orchestrati non in loco, ma a San Pietroburgo da un uomo di nome Timur Bulatov, che si è autoproclamato difensore dei “valori tradizionali” ed è sotto indagine da parte dell’unità antiestremismo del Ministero dell’Interno per i suoi tentativi di identificare gli adolescenti gay e di divulgare la loro omosessualità alla polizia e alla loro scuola.
Nel novembre 2018 gli organizzatori di un convegno LGBT a Mosca sono stati da lui minacciati al telefono, e il convegno è stato cancellato a seguito delle minacce violente sui media sociali. Secondo la pagina VKontakte di Bulatov, ora rimossa, il suo gruppo svolgeva “attività pubbliche” coordinandosi direttamente con le forze dell’ordine. In precedenza, Bulatov aveva scontato due anni e mezzo di carcere per appropriazione indebita.
Secondo Anna Khodijreva, Bulatov ha scritto [una lettera] a tutti i genitori dei bambini che hanno partecipato al locale gruppo per l’infanzia: “Vengono qui con gli occhi fuori dalle orbite, e dicono che è una cosa assolutamente anormale. Quando cerco di difendere me e la mia attività, [Bulatov] dice che [le persone omosessuali] sono malate, e che pregherà perché guariscano”.
I genitori, invece, hanno sostenuto Anna, fornendola anche di un nuovo telefono in sostituzione di quello sequestrato dalla polizia in una delle perquisizioni seguite all’incriminazione di sua figlia.
Il 29 novembre [2019] Julia è stata ufficialmente accusata di distribuire pornografia illegale: rischia da due a sei anni di carcere. Nient’altro è stato reso noto, non è quindi chiaro cosa le autorità intendano con “materiale pornografico”; Julia, in quanto artista, produce molte immagini di genitali maschili e femminili, e di rapporti sessuali.
Il 9 dicembre verrà sentita dalle autorità per l’accusa di aver violato la controversa legge del 2013 che punisce “la propaganda di stili di vita non tradizionali in presenza di minori” [Julia Tsvetkova è stata multata e sono stati confermati i suoi arresti domiciliari, n.d.t.], accusa che sembra originare dal forum da lei gestito su VKontakte, che prende il nome dal dramma femminista I monologhi della vagina, forum dove posta le sue opere a sfondo sessuale: “Aveva circa cento persone iscritte, ma dopo che sono iniziati i guai, sono saliti a trecento” dice sua madre.
Il Servizio di Sicurezza Federale del krai di Khabarovsk lo scorso maggio ha scritto una lettera alla garante regionale per i diritti dell’infanzia, Viktoria Tregubenko, con la richiesta di esaminare i profili sociali di Julia. La garante ha chiesto a Elena Kradozhijon-Mazurova, che lavora nel dipartimento di lingue all’Istituto di Management dell’Estremo Oriente (sezione dell’Accademia Russa per il Management e il Servizio Statale), di dare un’opinione da esperta sul tema: “Julia Tsvetkova si ritiene una vittima della legge russa che proibisce la propaganda, rivolta ai minori, delle relazioni sessuali non tradizionali […] e continua ad attirare l’attenzione dei minori verso la comunità LGBT, continuando a ripetere che le relazioni sessuali non tradizionali non sono altro che ‘varianti della norma’, il che verrebbe accettato da lungo tempo ‘dal mondo intero (eccetto che dai Paesi più retrogradi)’. Tra questi Paesi l’autrice include la Russia, dato che le sue leggi non normalizzano l’omosessualità e la bisessualità, fatto, questo, che [Julia] non può sopportare, visto che si considera parte della comunità LGBT”.
Il materiale di Julia Tsvetkova ”contiene indicazioni e istruzioni concrete per agire in difesa degli interessi della comunità LGBT e per la propaganda delle norme delle relazioni sessuali non tradizionali tra i giovani omosessuali, bisessuali e transgender”.
Le autorità hanno cominciato a interessarsi a Julia lo scorso marzo, quando il suo teatro dei bambini ha tentato di produrre uno spettacolo chiamato Rosa e blu, scritto con i bambini stessi e che parlava di stereotipi di genere e di bullismo.
Il titolo, parto della mente di un undicenne coinvolto nello spettacolo, è semplicemente un riferimento alle ragazze e ai ragazzi, ma nello slang russo quei due colori sono utilizzati per fare riferimento a lesbiche e gay, anche se lo spettacolo non aveva niente a che fare con il sesso o le tematiche LGBT.
Tuttavia, la polizia ha accusato Julia di voler tenere un gay pride illegale, mascherato da rappresentazione teatrale per bambini. Il programma è stato poi cancellato dal proprietario del teatro, messo sotto pressione dal sindaco.
Nello stesso periodo Julia ha attirato l’attenzione della polizia per via di una campagna online da lei lanciata, dal titolo Una donna non è una bambola ( #женщина_не_кукла ), corredata da sei illustrazioni con testi come “Le donne vere hanno i peli, ed è normale”, “Le donne vere hanno le mestruazioni, ed è normale”.
Il 21 marzo è stata interrogata su questo, dopo che la polizia aveva ricevuto una lamentela anonima per le sue immagini pornografiche “che corrompono i bambini”, postate online e al teatro dei bambini: “Per quello che ho capito, stavano raccogliendo informazioni. È un caso diverso dall’altro. Hanno minacciato di incriminarmi, ma per ora non mi è stato detto nulla”.
Secondo Tatiana Vinnichenko, direttrice del Centro Comunitario per le Iniziative LGBT di Mosca, che sta fornendo aiuto legale a Julia e a sua madre, il vero scopo della legge del 2013 è dare fastidio agli attivisti e prevenire le dimostrazioni pubbliche: “È una legge discriminatoria che viene usata come mezzo per reprimere l’attivismo e screditare gli attivisti. È uno strumento chirurgico che serve a combattere chi dà fastidio al regime. È molto probabile che l’attività [di Julia] fosse, per qualcuno, troppo scoperta e indesiderabile”.
Human Rights Watch il 3 dicembre ha dichiarato che il caso di Julia “è l’ennesimo esempio di come la Russia usi accuse infondate e leggi vaghe per intimidire alcuni attivisti”.
Anna pensa che le cose sarebbero andate in modo diverso se il marzo scorso sua figlia si fosse fatta intimidire dalla polizia: “Penso che, se Julia fosse scivolata nell’ombra, avesse smesso di parlare con i giornalisti, se avesse smesso di scrivere sui media sociali di quanto fosse brava a sopportare interrogatori lunghi quattro ore, e avesse smesso di dare consigli a chi si trova in situazioni simili alla sua, l’avrebbero lasciata in pace, ma lei ha insistito. È da molto che vivo in questa città, e conosco un sacco di gente. Ho cercato di scoprire [chi c’è dietro tutto questo], ma mi hanno detto solo: ‘È meglio se non lo vieni a sapere. Vi siete cacciate in un bel pasticcio: andatevene dalla città!’”.
* Sergej Khazov-Cassia è corrispondente da Mosca per Radio Free Europe/Radio Liberty.
** Robert Coalson è corrispondente per Radio Free Europe/Radio Liberty per la Russia, i Balcani e l’Europa orientale. Email: CoalsonR@rferl.org
Testo originale: ‘Craziest Persecution’: Feminist Activist In Russia Faces Six Years In Prison On Pornography Charge