In Senato ho visto solo l’esultanza dei bruti
Lettera aperta inviata ai senatori italiani da Carmine del Progetto Giovani Cristiani LGBT
Eṡultanza s. f. [dal lat. tardo exsultantia] /ezul’tantsa/. – L’esultare; gioia intima che si manifesta per lo più con segni esteriori[1].
Esultanza è il nome che propriamente bisogna dare in italiano alle grida di felicità e di vittoria che i Senatori hanno esternato in Senato dopo che i DDL Zan è stato definitivamente affossato. Quali sono i motivi di questa gioia? Cosa si nasconde dietro una tale euforia?
L’impressione che io ho avuto è che per loro non sia altro che un gioco atto a dimostrare chi abbia più potere, un urlo trionfale che acclama a gran voce “Io ho vinto e tu no!”. Tuttavia, su quali basi poggia questo potere? Su quali allori si adagia questa grande dimostrazione di forza?
Sembra quasi anacronistico doverlo ammettere, ma è proprio sul sangue che si levano alti i loro petti e le loro braccia. Il sangue di tante persone LGBT, di tante donne, di tante persone portatrici di handicap che continueranno ad essere trattate come minoranze e non come persone (perché questo bisogna sempre tenerlo a mente, il DDL Zan non era solo la legge dei gay).
Io l’ho vista l’esultanza bella, l’ho vista quando due mie amiche si sono baciate il giorno della loro unione civile, l’ho vista in una mamma che mi rivela di aver accettato il proprio figlio dopo un lungo periodo di litigi e incomprensioni; l’esultanza sana, quella della medaglia d’oro di Tamberi divisa in due, ma unita in un abbraccio.
L’esultanza commovente, nei miei nonni che si amano ancora e che sono felici di risvegliarsi dopo sessant’anni tutti i giorni in un abbraccio e ne ho tanti altri di esempi in cui esprimere la propria felicità significa condividere qualcosa a cui tutti possono prendere parte, arricchendo la propria vita e quella degli altri; un’esultanza quindi, che non si basa sul negare ad altre persone il diritto ad essere ed esprimere sé stessi.
La loro esultanza, però non posso condividerla, non quando mi accorgo che la falsa gioia di cui si sono circondati in un luogo che dovrebbe essere consacrato al bene comune di tutti coloro che abitano una nazione, va a discapito di tante persone come me, il cui unico peccato è uscire fuori dagli schemi che si sono dati e che vengono consacrati a verità per partito preso.
Mi chiedo se si siano dati l’opportunità di parlare con qualcuno che ha vissuto episodi di omofobia, con qualcuno che è stato picchiato sol perché visto mano nella mano con una persona dello stesso sesso o che ha rischiato la vita perché ha deciso di mettere una dannata maglietta rosa.
Il mondo non è finito quando la legge sulle unioni civili è stata approvata, la loro vita non è cambiata di molto da quando ci hanno dato questa piccola possibilità. Non scordo, però, in che modo si sono sollevati, quanti improperi, quante false argomentazioni hanno addotto prima di questa concessione.
Eppure ora su questo argomento è calato il silenzio. La loro estrema opposizione a quella legge è crollata miseramente dopo la sua approvazione, dopo quella che impropriamente potremmo definire una nostra “vittoria”. Dico impropriamente perché qui non si parla di giochi, ma di diritti, e quando questi vengono negati, è tutto il genere umano a perdere.
Per questo motivo io non posso stare zitto, là dove loro hanno smesso di parlare, io continuerò a urlare in silenzio. Loro hanno esultato davanti alle violenze, io invece, nel mio piccolo scrivo queste parole, non perché debbano essere lette o prese per vere da tutti. Ma perché sia la mia vita a parlare per me, perché le parole scritte si leggono in silenzio, mentre le urla creano solo confusione. Perché quanto è nero su bianco molto spesso implica una riflessione personale e non una reazione di pancia.
Sostengo con tutte le mie forze l’irragionevolezza di questo esito e per questo dico: Non è finita! Questo perché nel nostro piccolo noi continueremo a chiedere la dignità che spetta ad ogni essere umano, etero o qualsiasi cosa egli sia. Veniamo accusati di inculcare ideologie e di ledere le libertà. Ma la verità, sempre più lampante ai miei occhi, sembra obiettare proprio il contrario.
Così nel mio piccolo scrivo perché questa piccola testimonianza resti per risuonare che io sono ancora qui, che possono continuare a dirmi di no, ma a mia volta, io posso continuare a chiedere che mi si riconosca uno dei diritti più sacrosanti di tutti, il diritto ad amare e ad amarmi esattamente per quello che sono.
Mi riprometto, in fine, di cercare o inventare un termine che possa sostituire la parola esultanza, in merito alla reazione avvenuta in Senato. Questo perché non riesco ad immaginare che si possa provare una tale gioia euforica a discapito di tante altre persone. La gioia, la felicità, queste sono altre cose, che forse loro non hanno conosciuto.
[1] Vedasi Treccani online, alla voce Esultanza.