Inculturazione e inclusività della liturgia. La forza dell’Eucarestia
Recensione di Antonio De Caro* del libro di Paolo Cugini**, L’Eucarestia domani. Inculturazione e inclusività della liturgia, Effatà, anno 2023, 208 pagine, parte prima
I numeri parlano chiaro: le chiese si svuotano, molti uomini e donne di oggi non si riconoscono più nella fede cristiana o cattolica. Si tratta di un profondo cambiamento culturale che ci spinge a parlare di epoca post-cristiana. È ancora possibile, pertanto, proporre una riflessione sull’Eucarestia? La fede e la liturgia possono incontrare uomini e donne di oggi e di domani solo se riescono a dialogare con loro “per la strada”, cioè nei contesti concreti dove si svolgono le loro vite e dove nascono le loro domande di senso e il loro bisogno di conforto e speranza. La liturgia non ha senso se non entra e non rimane in un rapporto circolare e dinamico con la vita di tutti e di ciascuno.
Dai Vangeli emerge che l’Eucarestia è vita e dà vita, ma spesso la liturgia che si è codificata nei secoli soffoca questa energia e questo messaggio, che andrebbero invece riscoperti attraverso un ritorno alla semplicità essenziale delle origini. Il saggio di Paolo Cugini, (L’Eucarestia domani. Inculturazione e inclusività della liturgia, Effatà, 2023) pertanto, si propone il disvelamento dell’autentico tesoro d’amore che Gesù ha nascosto nelle parole dell’ultima cena (p. 7).
I Vangeli sinottici rappresentano in modo esplicito i gesti di Gesù sul pane e sul vino, cioè l’istituzione del sacramento. Il Vangelo di Giovanni, invece, omette questa scena e vi sostituisce quella della lavanda dei piedi. In tal modo viene portato alla luce il profondo significato etico e teologico dell’Eucarestia per la Chiesa: espressione della kénosis, cioè dell’abbassamento del Figlio che ha assunto la natura umana, essa si configura come una coerente scelta di amore che Gesù fa “fino alla fine”, pur rispettando la nostra libertà e quindi l’eventualità che noi possiamo rifiutare questo dono. Gesù si dona pur essendo consapevole della nostra fragilità (Dio si propone ad una coscienza libera e accetta la debolezza del rifiuto, p. 16), perché per lui conta maggiormente uno sguardo pieno di speranza sulla persona, sul futuro e sulla nostra salvezza.
Ricevere l’Eucarestia vuol dire rendere proprio questo sguardo di misericordia che alimenta l’impulso verso il servizio vicendevole. Fare Eucarestia non è una devozione privata, ma una crescita nella dimensione comunitaria, che presuppone un cammino insieme e la capacità di condividerne le gioie e i dolori. Non si tratta del “premio dei perfetti”, ma del nutrimento per continuare il viaggio, senza abbattersi di fronte alle difficoltà, e prendersi cura gli uni degli altri.
Di conseguenza, non può che rivolgersi a tutti e tutte, in un abbraccio di uguaglianza. La visione inclusiva ispira all’autore pagine meravigliose (pp. 47-59) sull’accoglienza delle persone LGBT+ nella comunità cristiana e nella comunione eucaristica: Gesù intendeva demolire la “religione del Tempio” con i suoi pregiudizi e i suoi privilegi per mettere al centro l’ascolto delle persone e la loro ricerca di amore. Se l’insegnamento della Chiesa perpetua una dolorosa distanza fra la dottrina e la vita, esso tradisce l’invito universale alla misericordia fatto dal Signore.
La bellezza e la forza dell’Eucarestia vanno riscoperte e riproposte proprio in un mondo dove essere cristiani non è più un’abitudine scontata o un dovere, ma una scelta personale che la coscienza può fare liberamente solo a patto di cogliere, nel messaggio evangelico e nella vita comunitaria, l’autentica risposta alle domande profonde dell’esistenza. Ormai nessuno può più credere o praticare una fede come precetto, ma solo per una sincera motivazione etica e spirituale.
È giunto il momento che la fede perda la sua connotazione metafisica per diventare ermeneutica della vita in cui il soggetto umano sia pienamente ascoltato, coinvolto, liberato. Ma per questo è necessario che la liturgia sia attenta alla vita concreta del presente, valorizzando la comunità dei credenti come popolo di Dio: è, di fatto, il messaggio del Concilio Vaticano II, che intende superare il peso delle incrostazioni imperiali e tridentine per ritornare alle fonti genuine della fede cristiana.
La Scrittura e i Padri, infatti, mostrano chiaramente che l’Eucarestia ha senso solo nel contesto della vita comunitaria, in cui i battezzati condividono la dignità sacerdotale e la chiamata universale alla santità. Da questa consapevolezza deriva la necessità che il popolo di Dio sia attivamente coinvolto nella celebrazione.
* Antonio De Caro (Palermo 1970) collabora con La Tenda di Gionata per promuovere il dialogo fra condizione omosessuale e fede cristiana. Ha già tradotto dal tedesco i seguenti contributi: Teologi, biblisti e liturgisti cattolici si confrontano su “La benedizione delle unioni omosessuali (2020), “Mit dem Segen der Kirche?” La chiesa cattolica tedesca e le unioni omosessuali nell’ottica della pastorale (2019). Sul tema ha pubblicato anche i seguenti saggi: La violenza non appartiene a Dio. Relazioni omosessuali e accoglienza nella Chiesa (2021), Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale (2019), Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale (2019)
** Paolo Cugini (Reggio Emilia, 1962). Dottore in teologia. Dal 1998 al 2013 è stato missionario fidei donum in Brasile nello Stato della Bahia, come parroco e come professore di filosofia nella Facoltà Cattolica di Feira di Santana. Attualmente è amministratore parrocchiale di quattro parrocchie nella campagna bolognese al confine con Ferrara. Ha all’attivo diverse pubblicazioni e condivide le sue riflessioni su “chiesa e vangelo” nel suo blog “Pensando“. Dal 2022 al 2023 ha fatto parte del direttivo dell’associazione La Tenda di Gionata, che lavora sui temi di “fede e omosessualità”.