Inculturazione e inclusività della liturgia. La spiritualità relazionale nell’eucarestia
Recensione di Antonio De Caro* sul libro di Paolo Cugini**, L’Eucarestia domani. Inculturazione e inclusività della liturgia, Effatà, anno 2023, 208 pagine, parte seconda
Per partecipare attivamente al mistero eucaristico occorre comprenderlo bene. Gesù ci consegna il suo corpo, cioè la sua umanità che si rende visibile con la sua fatica e la sua passione per le relazioni con le persone che incontrava “per la strada”.
Il corpo e il sangue di Cristo sono il segno del suo desiderio di entrare in comunicazione con gli esseri umani, apprezzandone le sfumature e le differenze; e sono anche il segno del suo desiderio di donarsi ai poveri di ogni genere, abitando le periferie e i frammenti esistenziali. La grandezza della nostra vita non dipende da un discorso di quantità, ma di qualità… Capire questa grandezza è uno dei doni più belli della vita, che ci conduce ad abitare con gioia i frammenti esistenziali, nella consapevolezza che è proprio in questi frammenti che il Signore ha nascosto la sua grandezza (Paolo Cugini, L’Eucarestia domani, p.32). “Prendete e mangiate, prendete e bevete” equivale allora ad assimilare questo modo di essere di Gesù per sfamare il bisogno dell’uomo.
Se il mistero di Dio si è rivelato attraverso l’umanità di Gesù, allo stesso modo la liturgia dev’essere fedele al modo di questa rivelazione ((Paolo Cugini, L’Eucarestia domani, p.125). La comunità cristiana è chiamata a proseguire la presenza visibile e corporea di Cristo, dono permanente del Padre. Questa dimensione comunitaria, che l’autore fonda su numerosi e solidi riferimenti biblici e patristici, è uno dei temi centrali del Concilio Vaticano II sulla liturgia, che quindi non può più limitarsi ad essere una devozione individuale.
Nel modello intimista, triste retaggio del Concilio di Trento, prevale l’idea del sacrificio di Cristo, vittima immolata a causa dei nostri peccati. In questa visione i sacerdoti costituiscono i mediatori della Grazia: possiedono uno status superiore e meritano una posizione gerarchica separata, visibile attraverso l’architettura, l’abbigliamento, la lingua; l’apparenza esteriore deve veicolare il senso del sacro, inteso come dimensione sovraumana. Si tratta di una interpretazione formalista e ritualista del sacramento, che rievoca un fasto pagano ma rimane così distante dalla vita. Se togliamo dalla liturgia ciò che c’è di autenticamente umano, togliamo allo stesso tempo ciò che c’è di autenticamente divino (G. Boselli, citato alle pp. 126-127).
Inoltre questa idea suscita nei fedeli un disperato senso di colpa o un atteggiamento di superbia, per cui essi possono accostarsi al sacramento solo se ritenuti degni e meritevoli. Ma soprattutto, il modello della liturgia come devozione intimistica contraddice il dono dell’incarnazione con cui il Signore cerca la relazione con tutti per creare e rafforzare relazioni di fraternità.
Infatti, nel modello esistenziale e comunitario i fedeli partecipano attivamente al culto e vi riversano la propria vita, ricevendo la vita di Cristo che costruisce la comunione. “Fare questo in memoria” significa dunque seguire nella vita l’esempio di Gesù, che si dona per il bene della famiglia umana. Quello che celebriamo alla domenica deve avere un legame con le relazioni che intessiamo durante la settimana… Il miracolo che l’eucarestia compie nella vita delle persone che cercano il Signore è la luce che illumina di vita nuova le loro esistenze (Paolo Cugini, L’Eucarestia domani, pp. 82-83).
Come per i discepoli di Emmaus (Vedasi Paolo Cugini, L’Eucarestia domani, pp. 73-85, dove il passo evangelico vi è spiegato con poetica delicatezza), incontrare il Signore significa passare dalla tristezza alla gioia e al bisogno di annunciare il Risorto: ma ciò presuppone la disponibilità ad abbandonare le idee sbagliate su un Dio di potere e accettare la prospettiva di un Dio di amore. Gesù ha amato e basta. È questo amore infinito, vero, autentico che noi assimiliamo ogni volta che ci accostiamo all’altare (p. 94).
Da questo incontro nasce l’impulso a condividere il dono ricevuto, a sanare le ingiustizie nel concreto mondo degli uomini, in una fedeltà alla terra che è anche preparazione del Regno. L’Eucaristia alimenta una spiritualità relazionale che diventa cura della comunità umana e cammino di liberazione ((Paolo Cugini, L’Eucarestia domani, pp. 88-107).
* Antonio De Caro (Palermo 1970) collabora con La Tenda di Gionata per promuovere il dialogo fra condizione omosessuale e fede cristiana. Ha già tradotto dal tedesco i seguenti contributi: Teologi, biblisti e liturgisti cattolici si confrontano su “La benedizione delle unioni omosessuali (2020), “Mit dem Segen der Kirche?” La chiesa cattolica tedesca e le unioni omosessuali nell’ottica della pastorale (2019). Sul tema ha pubblicato anche i seguenti saggi: La violenza non appartiene a Dio. Relazioni omosessuali e accoglienza nella Chiesa (2021), Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale (2019), Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale (2019)
** Paolo Cugini (Reggio Emilia, 1962). Dottore in teologia. Dal 1998 al 2013 è stato missionario fidei donum in Brasile nello Stato della Bahia, come parroco e come professore di filosofia nella Facoltà Cattolica di Feira di Santana. Attualmente è amministratore parrocchiale di quattro parrocchie nella campagna bolognese al confine con Ferrara. Ha all’attivo diverse pubblicazioni e condivide le sue riflessioni su “chiesa e vangelo” nel suo blog “Pensando“. Dal 2022 al 2023 ha fatto parte del direttivo dell’associazione La Tenda di Gionata, che lavora sui temi di “fede e omosessualità”.