Io attivista per i diritti delle persone LGBT all’incontro col cardinale Parolin
Articolo* di Jon Miller pubblicato sul sito della Thomson Reuters Foundation (Gran Bretagna) l’8 aprile 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Facevo parte del gruppo di attivisti LGBT+ che ha incontrato l’uomo a capo del Vaticano (non il Papa, bensì il suo “primo ministro”, il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin) per discutere il ruolo della Chiesa Cattolica nel condannare le leggi che, in varie parti del mondo, puniscono gli atti omosessuali. Questo incontro ci ha suscitato reazioni contrastanti. Mentre camminavamo per piazza San Pietro e ci dirigevamo verso l’entrata del Vaticano, la guida turistica ci spiegava come il vasto colonnato del Bernini, con la sua curvatura, simboleggia le braccia aperte della Chiesa Cattolica.
Sono un uomo gay, sposato con un uomo, e che passa gran parte del suo tempo nell’attivismo per la causa LGBT+, e in quanto tale ho pensato che forse questo caldo abbraccio non è destinato a me. La Chiesa Cattolica mi sembra un luogo di sofferenza per le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender; da secoli condanna chi non si conforma ai suoi gretti modelli sessuali, famigliari e di genere. Eppure, come molte altre persone, quando papa Francesco è salito al soglio avevo molte speranze. Prima che passasse un anno, pronunciò la sua famosa risposta estemporanea sui gay: “Ma chi sono io per giudicare?”.
Forse è questo lo spirito con cui la Chiesa ha concesso un’udienza privata con il Papa a una cinquantina di attivisti LGBT+ provenienti da tutto il mondo; ma pochi giorni prima che l’udienza avesse luogo (dopo quello che il Washington Post ha descritto come “un turbine di anticipazioni e smentite” su quello che avrebbe detto il Pontefice), l’incontro è stato cancellato e sostituito con un’udienza del cardinale Parolin.
Naturalmente eravamo delusi, ma è stato comunque un incontro senza precedenti: il cardinale avrebbe accolto un gruppo di avvocati, magistrati, attivisti per i diritti umani e uomini d’affari. Leonardo Raznovich, rappresentante della International Bar Association (Associazione Internazionale delle Professioni Legali), ha invitato il Vaticano a condannare la criminalizzazione degli atti omosessuali.
I rapporti omosessuali sono ancora reato in più di 70 Paesi. Una dichiarazione del Vaticano darebbe senza dubbio nuovo vigore all’appello per abolire tale reato in questi Paesi. In Kenya, per esempio, un Paese a maggioranza cristiana, dove il 33% della popolazione è cattolica, un chiaro segnale da parte della Chiesa rafforzerebbe la speranza che la Corte Suprema il prossimo maggio possa abolire il reato di atti omosessuali. Come ha spiegato Raznovich, il risultato di tali leggi è che gli individui LGBT+ sono additati come criminali, uno stigma che viene utilizzato per giustificare discriminazione, abusi, atti di violenza, fino ad arrivare all’omicidio.
Il cardinale Parolin ha ascoltato con pazienza e attenzione. Stava seduto su un alto scranno, circondato da membri della Curia, come un giudice durante un processo. Un grande crocefisso di legno incombeva su di lui. Parolin sembrava una figura fuori dal tempo, l’attuale occupante di un ruolo che esiste da secoli. Eravamo riuniti in una grande sala, simile a una cripta, con muri a volta spessi molti metri.
In uno scenario del genere, era difficile immaginare la possibilità di un cambiamento; eppure, il cardinale è stato aperto a questa possibilità, parlando di “temi di interesse comune” e assicurandoci che “la vostra preoccupazione, ovvero la dignità delle persone, è anche la preoccupazione della Chiesa”. Ha poi continuato: “Dobbiamo avere compassione per chi soffre” e ha sottolineato che “la dottrina della Chiesa è chiarissima a proposito del rifiuto di ogni tipo di violenza contro la persona umana”. In risposta all’invito di pubblicare una dichiarazione, Parolin ha promesso di riferire al Papa, e che “[l’invito] sarà preso seriamente in considerazione”.
Forse ci sono anche altri “temi di interesse comune”: per esempio, è dimostrato come operare per l’inclusione [delle persone LGBT+] dimostra la capacità di una nazione di svilupparsi in maniera pacifica e di provvedere ai bisogni dei suoi cittadini. La discriminazione verso le persone LGBT+, al contrario, si associa sempre alla corruzione endemica e alla stagnazione economica. Questo è certamente il terreno comune che ci può far agire all’unisono: avvocati, attivisti, uomini d’affari, assieme al cardinale Parolin e a tutta la Chiesa Cattolica.
* Tutte le opinioni espresse in questo articolo vanno riferite all’autore, non alla Thomson Reuters Foundation.
Testo originale: The Vatican must condemn criminalisation of gay sex