Mio figlio è gay. Dal rifiuto alla complicità
Articolo di Charlotte Fouilleron tratto dal sito Femme Actuelle (Francia), del 31 ottobre 2013, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Dieci anni sono il tempo che ci è voluto ad Anna Ghione per accettare l’omosessualità del figlio. Un percorso che racconta nel libro appena uscito Moi, Homophobe (edizioni Michalon). La vita di Anna Ghione è crollata di colpo durante una cena, una semplice cena a cui suo figlio diciassettenne aveva invitato un suo amico. Scoprendoli insieme, questa madre di famiglia provinciale capisce. Il ragazzo non è altro che il moroso del figlio, che dunque è gay. Una rivelazione alla quale ha reagito molto male.
“Sono caduta in preda alla collera, ero molto delusa”, confida lei. “Mio figlio, al quale ero così legata, non poteva farmi questo. L’immagine che avevo di lui, quella di un ragazzo brillante, che seduceva le ragazze, era crollata di colpo”.
Lei, che credeva di essere tollerante, si scopre incapace di accettare l’omosessualità di Alexandre, arriva fino al punto di rifiutarlo. Madre e figlio rompono i ponti per un anno. Siamo nel 2002, il timore del giudizio della gente era pesante, soprattutto in campagna. “Avevo paura di essere giudicata, esclusa, allora non parlavo con nessuno.”
Infelice, Anna Ghione si decide ad andare da uno psicologo che aiuti il figlio a “guarire” e gli faccia ritrovare la strada della “normalità”. “La terapia mi ha permesso di capire che il problema ero io. Avevo investito troppo sulla relazione con Alexandre e rifiutavo di vederlo com’era realmente e di accettare la sua diversità.” Le ci sono voluti dieci anni per vincere il rifiuto e fare cadere i suoi pregiudizi.
“Riavvicinandomi a mio figlio ho scoperto che il suo mondo assomigliava al mio, non c’era nulla di diverso nei rapporti umani. L’omosessualità è un orientamento sessuale, non un’identità.” Questo lungo percorso le ha dato la possibilità di impegnarsi a Mans, dove vive. All’interno dell’associazione Homogène ha creato un gruppo per i genitori. “È un luogo di ascolto e di scambio per mettere fine alla solitudine e alla paura. Tutto quello che mi è mancato dieci anni fa.
Accolgo dei genitori distrutti, addolorati dalla notizia che il figlio è gay. Li aiuto ad immaginare un futuro per se stessi e per il figlio.” Anna punta anche sulle giovani generazioni.
“Contrariamente a me, la sorella minore di Alexandre è stata di una tolleranza esemplare e non ha avuto alcun problema ad accogliere la diversità del fratello.” Per Hélène Lepoivre, presidentessa dell’associazione Contact France che riunisce ventidue associazioni che operano nel campo del dialogo con le famiglie con figli omosessuali, il percorso di Anna Ghione è emblematico: “Accettare l’omosessualità del figlio e poterne parlarne apertamente sono tappe da passare. E ci vuole tempo, perché la società impone ancora le sue norme.”
Per lei, se la legge sul matrimonio porta speranze mostrando che i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono normali, al contrario i dibattiti che l’hanno accompagnata hanno scatenato discorsi omofobici.
“Gli stereotipi hanno sempre la vita dura e il rifiuto della diversità rimane ancora molto radicato. Il cammino da fare è ancora lungo.” Dal canto suo, Anna Ghione dice di essere tranquilla e serena, è felice della complicità ritrovata con il figlio, di cui ammira il coraggio. “Affermandosi malgrado il mio rifiuto e perdonando il mio atteggiamento mi ha dato una lezione di umanità” conclude.
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Testo originale: “Moi, homophobe”, une mère face à l’homosexualité de son fils