“Io ho un sogno!” che “il lupo dimorerà insieme con l’agnello” (Is 11,1-10)
Meditazione biblica dei pastori battisti Angelo Reginato e Lidia Maggi su Isaia 11,1-10 tenuta nella preghiera online nella Settimana di preghiera per le vittime dell’omofobia e della transfobia del 14 maggio 2021
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà.
Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare. In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa.
Pastore Angelo Reginato:
Questa parola ci raggiunge oggi in un tempo che non è certo di grandi speranze, anzi, un tempo che sembra privo di visioni e dove i sogni sono sospetti. Perché a volte i sogni si sono tramutati in incubi. Quanti progetti, quante ideologia che volevano dare forma a un’umanità nuova hanno lasciato sul campo poi macerie. E oggi viviamo un po’ il contraccolpo di quei fallimenti. Ci sembra che i sogni siano ingannevoli, che bisogna stare con i piedi per terra, che bisogna essere un po’ più pragmatici e meno idealisti.
E allora cosa vuol dire ascoltare in questo nostro tempo una parola del genere? Innanzi tutto vuol dire che dobbiamo ascoltarla attentamente: i primi cristiani dicevano che la parola di Dio va ruminata, non va digerita tutta in un colpo e un autore diceva che Dio ama nascondersi nei dettagli.
Bisogna proprio provare a capire da dove nasce questa visione. Che non è per niente ingenua: si parla di un virgulto, un ramoscello, un germoglio che nasce da un tronco che è stato tagliato, che è secco. Iesse è il padre di Davide, Israele ha avuto un momento di gloria con Davide: un piccolo regno, ma finalmente unitario con una sua dignità.
Ma subito dopo la morte del figlio Salomone il regno divide in due: il regno del nord che verrà conquistato dalla Siria e sparirà e il regno del sud che verrà conquistato dai Babilonia e lungo i fiumi di Babilonia si disperde la discendenza di Davide.
Qui ci viene detto: sì, è possibile parlare ancora di speranza, ma a patto di guardare in faccia la situazione, la Bibbia è un libro pieno di realismo e qui siamo di fronte a una “letteratura della crisi”. E allora come è importante che in questa settimana guardiamo in faccia le vittime e gli orrori che hanno a che fare con l’omofobia, una realtà in cui i lupi continuano a fare i lupi e non pascolano insieme agli agnelli. Penso che sia importante questa fedeltà alla terra, questa mistica degli occhi aperti, questo essere persone che guardano in faccia la realtà e non la rimuovono, anche se vorremmo dimenticarla quando la realtà è dolorosa.
C’è un compito da svolgere: per poter essere annunciatori di speranza, per poter dire: «Io ho un sogno!» bisogna prima essere delle sentinelle. Delle persone che sanno scrutare nelle tenebre e sanno denunciare l’ingiustizia. Ma c’è un’altra condizione che secondo me rende realista e rende leggibile anche oggi questa scena utopica che ci consegna Isaia e cioè che questa visione di cieli nuovi e terra nuova, di relazioni armoniose, parte da una singola persona che si lascia guidare dallo Spirito del Signore.
Diciamolo in termini semplici: il futuro, per quanto si sembrerebbe utopico, nasce sempre partendo da noi, partendo da un’assunzione di responsabilità personale. E capite che questa parola che ci raggiunge questa sera ci mette un po’ in difficoltà, perché noi, giustamente siamo portati a vedere negli altri la causa di una situazione e se dobbiamo denunciare una situazione in cui subiamo delle ingiustizie di cui siamo vittime è chiaro che dobbiamo denunciare la situazione, dobbiamo lottare perché venga riconosciuta, perché ci sia una legislazione che possa eliminare e comunque dissuadere certi comportamenti. E su questo non bisogna arretrare di un millimetro: c’è una battaglia da compiere ed è importante che la portiamo avanti.
Ma subito dopo la parola ci dice: «E tu? Perché guarda che anche tu devi convertirti!». Quando si fa una battaglia c’è il rischio di vedere sempre nell’altro il problema. Però è come se la Bibbia ti dicesse: anche tu sei chiamato a lasciarti plasmare da quello spirito che rinnova la tua umanità, che ti fa essere giusto e quindi gridi per la giustizia, che ti fa lavorare per una coerenza tua e allora domandi coerenza nella società.
Ecco penso che queste due condizioni ci aiutino a radicare nella terra questa visione utopica e a sentire che questa parola riguarda sì la società, ma riguarda anche noi, domanda conversione, domanda di provare a vivere nella nostra esistenza quel cambiamento che noi desidereremmo vivere in tutta la società.
Pastora Lidia Maggi:
Quello che mi colpisce di questo testo è che la speranza nasce dal basso. La speranza non irrompe con un Dio che entra nella scena. Il giudizio irrompe con un Dio, poco prima dei versetti che precedono questo canto mette in scena un Dio che tronca i rami in modo tremendo: i più alti sono tagliati, i più superbi sono atterrati, egli abbatte con il ferro il folto della foresta: il Libano cade sotto i colpi del potente. E il canto si apre dopo aver messo in scena un Dio che prende in mano la scure e abbatte la foresta dei superbi. Oltretutto con molta ironia: la scura prima era stata la Siria che aveva abbattuto la foresta di Israele e Dio ha preso quella scure e l’ha scagliata contro il potente.
Ma per quanto riguarda la costruzione della speranza Dio si tira indietro, è reticente e la speranza nasce da basso, nasce in un tempo di crisi, da un tronco tagliato come umile germoglio, ma il tutto è affidato alla terra, che deve produrre il suo frutto, deve diventare generativa del nuovo. Poi certo! C’è lo Spirito del signore che risposa su di loro: lo spirito di saggezza e intelligenza, ma questo spirito rimanda anche a uno spirito primordiale, quello spirito di vita che dio ha dato alla creatura umana creandola a sua immagine e somiglianza.
Quello che sto provando a dire è che per cambiare le situazioni, spesso noi vorremmo delegare al salvatore di turno, colui che ha lo spirito del signore, questa responsabilità e invece il cantico e il sogno di Isaia va nella direzione di dire: «All’interno della vostra realtà nasce la speranza, come piccolo germoglio da custodire e da lavorare». E la speranza si radica in una giustizia che viene da scelte politiche accurate.
Per cui davvero c’è una direzione laica nel pensare a come trasformare la realtà e in questa direzione laica, dal basso, c’è la fede più vera, lo spirito del Signore che “si riposa”. Ed è bella l’immagine di uno Spirito che finalmente si può riposare su colui che è in grado di praticare la giustizia, di governare giustamente, di emettere sentenze eque.
E poi improvvisamente il tono cambia, entriamo in una dimensione bucolica, entriamo in questo quadro di armonia naturale. La conseguenza di un governo giusto ha delle ripercussioni anche sul creato, noi questo lo diciamo nei confronti della terra: le scelte politiche che facciamo hanno delle conseguenze nel modo in cui l’aria, l’acqua e tutta le terra risponde. La Terra è arrabbiata quando noi la sfruttiamo, la inquiniamo, l’aria diventa veleno quando noi la inquiniamo.
Ecco! Isaia fa lo stesso discorso, ma lo fa con gli animali, immaginando come la pacificazione umana, che porta a un governo giusto, ha delle conseguenze (perché siamo tutti interconnessi in questa creazione) anche sul mondo animale. E allora persino gli animali ostili, i lupi che sbranano in un modo giusto di governare la terra, deporranno la loro ostilità e il lupo abiterà con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto, il vitello con il leoncello. Immagini che sembrano rimandare a tempi ultimi, a un sogno irrealizzabile (come può il lupo smettere di sbranare l’agnello?
Lo sappiamo benissimo: il lupo perde il pelo, ma certo non il vizio) però guardate che questa immagine che sembra rimandare all’isola che non c’è, in realtà qui è radicata nell’agire umano, perché l’agire umano che porta a governare con giustizia ha delle conseguenze su tutto il creato. A ricordare che quando un solo oppresso è ferito, tutto il mondo è ferito. Quando si ristabilisce per una sola vittima si ristabilisce la giustizia per l’intero creato.
Un virgulto che nasce da un ceppo spezzato. Perché quel virgulto diventi giudice in grado di emettere sentenze giuste occorre il lungo processo della crescita e della cura. E qui entriamo in campo noi, sul preparare il contesto perché scelte politiche e culturale possano avvenire. La giustizia è un processo, non avviene per magia. Anche quando ci sarà una legge giusta, se ci sono dei giudici che non la applicano quella legge risulterà impotente.
E allora pensando a questo processo, pensando alla crescita di questo virgulto noi ci rendiamo conto che una realtà è sterile quando non è in grado di pianificare dei processi che portino a dei cambiamenti culturali e sociali, creando dibattito, creando proposte di legge, creando sensibilità, creando cultura, attraverso l’arte, la musica, la predicazione, la fede, la liturgia e tutto quello che occorre per far si che questo virgulto cresca e possa poi amministrare con giustizia la società e nell’amministrare con giustizia la società riconciliare l’intero creato.
Abbiamo ricevuto questo spirito nel momento in cui la creatura umana è stata plasmata, il racconto della genesi ce lo dice. E allora dobbiamo recuperare questo respiro. É vero che sono stati tempi difficili: ci è mancata l’aria, ci è mancato il respiro e a volte situazioni difficili che l’hanno levato questo respiro, ma questo respiro è ancora in noi. E allora riprendiamo fiato, apriamo i polmoni, riempiamoci di questo spirito di vita, spirito di speranza, che è un modo laico per dire lo spirito di Dio.
Lasciamo che questo spirito si riposi su di noi mentre noi facciamo quei passi che creeranno le condizioni di giustizia a cui siamo chiamati.