Io, omosessuale e tedesco. Come sono sopravvissuto alla persecuzione nazista
Testimonianza* tratta da Lutz van Dijk, La deportation des homosexuels, onze témoignages Allemagne 1933-1945, Editeur H&O, 2000.
Il 23 gennaio 1937 fu effettuata una delle retate anti-omosessuali più capillari di tutto il regime nazista. Quel giorno, 230 omosessuali furono arrestati a Lubecca.
“Io fui arrestato all’alba, nel mio letto. Ciò che successe dopo, potete immaginarlo. Ero rinchiuso in una cella gelida, piena di escrementi e urina.
A più riprese fui mandato a chiamare, e picchiato selvaggiamente. Ci intimavano di denunciarci a vicenda”.
Testimonianza di Friedrich-Paul von Croszeihm di Lubecca, nato nel 1906
“Da quando ho cominciato la scuola, mi sono sempre preso delle cotte per i ragazzi. Allora non avevo più di 8 o 9 anni.
A quelli che mi piacevano di più, regalavo dei dolcetti che avevo portato da casa.
Ricordo di essere stato innamorato per mesi, da bambino, di un ragazzo delle classi superiori. Era bellissimo, ancora oggi lo rivedo davanti a me…”
Nella vecchia città anseatica di Lubecca, la famiglia von Groszheim gode di una reputazione di prim’ordine. Tutti sanno che un prozio della famiglia conosce personalmente l’imperatore.
Oltre a Friedrich-Paul c’è sua sorella ma di due armi più piccola. Nel 1917, quando Friedrich ha 11 anni. il padre muore nel corso della Prima Guerra Mondiale. Poco tempo dopo muore anche la madre.
“Da allora, io e mia sorella fummo allevati da due vecchie zie, a Lubecca. Erano entrambe molto affettuose. non avrei potuto desiderare una vita migliore.
Dal primo giorno, mi rispettarono per ciò che ero. Potevo tenere tutti gli animali che desideravo: cani, piccioni, conigli. Era meraviglioso!”
A 15 anni Friedrich ha la sua prima esperienza con un altro uomo: “Era così, percepivo gli sguardi degli altri e sapevo per certo che nascondevano qualcosa di particolare, fino ad allora sconosciuto.
Ignoravo che tali sentimenti fossero reprensibili. All’epoca non conoscevo nemmeno la parola per definire ciò che provavo!”
“Ad ogni modo, io dico sempre: non esistono seduttori, ma solo scopritori! E così fui scoperto da un uomo relativamente più anziano.
Volevo assolutamente sapere che cosa si provava. A dire il vero, la prima volta non è stata proprio straordinaria, ma ormai ero definitivamente smaliziato.. “
Nella bella cittadina della Germania del Nord, il giovane Friedrich è considerato un ottimo partito.
Inoltre, i suoi primi passi come commerciante all’ingrosso lasciano presagire un futuro promettente come uomo di una certa influenza.
Più di una volta i genitori di ragazze in età da marito si ingegnano per stringere dei contatti con lui: “Naturalmente tutto ciò aveva dei risvolti comici. No, non ho mai pensato al matrimonio, mai nella vita. Avrebbe significato tentare la fortuna con qualcosa di non appropriato”.
“Mi ricordo di una barzelletta che si raccontava all’epoca, non so nemmeno più dove l’ho sentita per la prima volta: la contessa Kimsky è a tavola per colazione e aspetta suo figlio, che sta tardando. Quando finalmente arriva, agitatissimo, bacia la mano della madre e le dice:
‘Mamma, devo dirti una cosa importantissima: mi sono fidanzato!’ E la madre risponde: ‘Ma è meraviglioso, figlio mio! E dimmi, con chi?”
Il ragazzo: ‘Mi sono fidanzato con il conte di Schulenburg!’ E la madre: ‘Ma figlio mio, è terribile! Gli Schulenburg sono protestanti!’
Friedrich-Paul von Groszheim ci tiene che questa barzelletta sia citata nel suo racconto: “Non mi piace che di noi omosessuali si raccontino solo storie tristi.
A causa della mia omosessualità sono stato spesso picchiato a sangue, ma che si possa punire un sentimento prezioso come l’amore, lo trovo davvero assurdo.
Posso affermare di non aver mai provato sensi di colpa o complessi d’inferiorità al riguardo. Perché dovrei? No, a modo mio, mi sono sempre accettato come omosessuale…”.
“Gli anni venti, i Dorati Anni Venti, furono per me un periodo meraviglioso. Dicendo questo, non voglio negare i problemi di quel momento storico: disoccupazione, impoverirnento galoppante, estremismo politico.
Ma stavo vivendo una giovinezza magnifica, ero desiderato, e ne ero felice. A Lubecca ci si incontrava in un locale chiamato Eldorado. Nei fine-settimana andavo spesso ad Amburgo.
Il pomeriggio andavo a guardare le vetrine del centro, poi mi recavo al Padiglione d’Alster. La galleria che ornava quest’ultimo era il nostro posto per gli appuntamenti, che chiamavamo ‘la collina calda’…”
Quali erano le influenze respirate dal giovane Friedrich — Paul? “A parte la solidarietà silenziosa delle mie due zie — mia sorella, purtroppo, mi è rimasta ostile per tutta la vita — erano sicuramente i valori che l’atmosfera monarchica della mia infanzia e adolescenza aveva instillato in me: la rettitudine, la decenza e l’onestà! Ho sempre tenuto fede a questi valori.
Ho sicuramente commesso degli errori nella mia vita, ma ho sempre dato prova di rettitudine e onestà, con me stesso e con gli altri”.
[…] Al contrario di molti suoi contemporanei, Friedrich — Paul von Groszheim si rende perfettamente conto, all’inizio degli anni trenta, del pericolo imminente rappresentato dall’ascesa del nazional-socialismo in Germania: “Nel 1933 avevo 26 anni, e il primo governo di Hitler mi appariva già come qualcosa di grave. Temevo che avremmo avuto a che fare con quel personaggio per un periodo piuttosto lungo.”
Nel 1934 prende coscienza dell’ immediatezza del pericolo che lo minaccia personalmente: “Dopo che Ernst Ròhm, il capogruppo delle SA apertamente omosessuale, fu assassinato su ordine di Hitler, per noi omosessuali di Lubecca una cosa divenne chiara: non era che l’inizio! […] Il 23 gennaio 1937 fu effettuata una delle retate anti-omosessuali più capillari di tutto il regime nazista. Quel giorno, 230 omosessuali furono arrestati a Lubecca.
“Io fui arrestato all’alba, nel mio letto. Nessuno di noi era stato sorpreso in flagranza di reato. Furono essenzialmente le SS ad aver condotto tutta l’azione, con l’aiuto di una spia che conoscevamo tutti.
Era omosessuale anche lui e passeggiava spesso lungo il Trave, dove faceva i suoi incontri. Non avevo mai fatto niente con lui, ma lo conoscevo di vista..”
“Ciò che successe dopo, potete immaginarlo. Prima fummo tutti condotti alla prigione di Lubecca.
I veri interrogatori cominciarono solo a febbraio. E allora che fummo trasferiti al ‘Magazzino della lana’, cioè la centrale della Gestapo, situata vicino alla cattedrale.
Là, ero rinchiuso in una cella gelida, piena di escrementi e urina. Avevo addosso solo i vestiti leggeri che portavo quando mi avevano arrestato.
A più riprese fui mandato a chiamare, e picchiato selvaggiamente. Ci intimavano di denunciarci a vicenda.
Io non ho gridato mai, per nulla al mondo avrei mostrato a quella gente i miei punti deboli… Una volta mi hanno torto il collo e ho sentito un tale trauma all’ altezza della vertebra cervicale che ho pensato: ci siamo, stavolta è finita…”
“Dopo tutto ciò, ci ributtavano in quell’immonda cella, con le piaghe aperte in mezzo alla sporcizia. Non potevo nemmeno stendermi da quanto il corpo mi faceva male.
Una volta ho chiesto l’assistenza del caporale: “Può aiutarmi a fasciare le ferite?”. Squadrandomi dall’alto del suo disprezzo, si contentò di rispondere: ‘Non vedo nessuna ferita!’ Era la tipica mentalità del perfetto nazista…”
“Nel novembre del 1937 fui condannato a 9 mesi di prigione per l’infrazione dell’articolo 175, che condannava l’omosessualità maschile. Siccome avevo già scontato 10 mesi di detenzione preventiva, fui rilasciato dopo alcuni interrogatori.
Ma va da sé che la mia esistenza era rovinata, poiché non potevo più occuparmi dei miei affari al negozio.
Devo aggiungere che la maggior parte della popolazione era dalla parte dei nazisti. La gente trovava logico procedere finalmente ad una ‘pulizia’ fra gli omosessuali. Per noi non c’era alcuna compassione, niente.”
“Nel corso di quegli anni, solo le mie due zie restarono sempre al mio fianco. Perché non era finita li, tutt’altro.
Nel 1938, fui arrestato di nuovo, stavolta in mezzo alla strada. Ero completamente solo, abbandonato a me stesso.
Quelle umiliazioni e quei tormenti costituirono il periodo più terribile della mia vita. In seguito, le mie zie mi dissero che il mio cane mi aveva aspettato giornate intere davanti al ‘Magazzino della lana’.
Il 25 novembre 1938 fui improvvisamente rilasciato, ma si affrettarono a dirmi: ‘O ti fai castrare, o verremo di nuovo a cercarti!’ L’operazione fu effettuata il 15 dicembre 1938. ..“
Friedrich – Paul von Groszheim deve visibilmente sforzarsi per raccontare questo episodio della sua vita.
Fino a poco tempo fa, questa mutilazione costituiva la ragione per la quale era pronto a raccontare la sua esperienza solo anonimamente. “Questa assurda operazione non ha cambiato niente della mia natura omosessuale”, aggiunge discretamente.
Agli inizi del 1940, all’esame medico che effettua per il servizio militare, è dichiarato ‘inadatto al servizio armato’ a causa della sua castrazione.
Contrariamente alla maggior parte degli uomini della sua generazione, non è obbligato ad andare in guerra.
Solo più tardi, nel pieno delle ostilità, è costretto a prendere servizio nell’aviazione. Tuttavia, la Gestapo continua a sorvegliarlo.
Nel 1943, un nuovo arresto, stavolta con l’accusa di ‘condotta monarchica’: “A quanto dicevano, qualcuno mi avrebbe visto, da qualche parte, non rispondere al saluto hitleriano. La verità è che semplicemente la polizia mi teneva nel mirino.
Per loro era una fortuna insperata mettere le mani su un omosessuale aristocratico. Mi inviarono in detenzione preventiva nel campo della Fakkenburger Allee a Lubecca, che dipendeva dal campo di concentramento di Neuengamme.
Ancora oggi, una scena resta viva nella mia mente: dalla finestra della mia cella vedevo una delle mia vecchie zie che mi portava la biancheria. .
Naturalmente non avevamo il diritto di rivolgercì la parola. Una di loro è morta poco tempo dopo, l’altra nel 1956.
Entrambe avevano praticamente 50 anni più di me. Era davvero toccante la maniera in cui si sono sempre occupate di me. Non avrei potuto avere genitori migliori…”
Infine, Friedrich – Paul von Groszheim è definitivamente rilasciato. Un’impiegata lo denuncia ancora durante gli ultimi giorni di guerra, accusandolo di ‘non svolgere perfettamente i compiti assegnati’. Per fortuna la denuncia resta senza seguito.
‘Quegli ultimi giorni di guerra costituirono un’altra dura prova per me. Non ero un veggente, non avevo idea di quanto sarebbe ancora durata la dominazione nazista.
Nel maggio del 1945, quando gli Inglesi entrarono fmalmente a Travemiinde, io e una vicina applaudivamo tenendoci sui bordi della strada. Poco dopo, molta gente è venuta verso di noi, rabbiosa, trattandoci da traditori…”.
“Terminata la guerra, ho aderito all’Antifa, un’organizzazione antifascista. Per esempio, quando nel maggio del 1945 gli Alleati affondarono la nave Cap Arcona, che trasportava ex prigionieri dei campi, i resti dei corpi furono principalmente sospinti a riva verso le spiagge baltiche di Travemùnde, Neustadt e Sierksdorf.
Ho fatto attenzione che fossero i vecchi dignitari nazisti a separare e poi seppellire quegli spaventosi cadaveri smembrati.
Qualche tempo dopo, ho avuto occasione di denunciare dei nazisti di cui conoscevo il nome, colpevoli di sevizie nei miei confronti quando ero in prigione, nel 1937 e nel 1938.
Ma questo problema già non rientrava più nelle competenze di nessuno, e tutto è finito nel nulla…”
Tempo dopo, Friedrich Paul von Groszheim lascia Lubecca per Amburgo. Dal 1950 fino alla pensione lavora al prestigioso Hotel Reichshof: “La mia principale, la signora Martha Lange, che era anche la proprietaria dell’hotel, era una donna notevole.
Aveva un acuto senso della giustizia e manifestava un impegno umanitario senza cedimenti. Già in tempo di guerra aveva fatto costruire in una parte dell’albergo dei muri segreti, dietro i quali gli Ebrei perseguitati avevano potuto rifugiarsi.
Per questa azione lo stato d’Israele la tiene le ha conferito delle onorificenze dopo ìl 1945.”
“Lei era al corrente del mio orientamento sessuale, e non solo non ha mai mancato di proteggermi, ma mi diceva a volte: ‘Vieni da me, mostrami quelli gentili fra i miei clienti!” .
Per ‘gentili’ intendeva ‘omosessuali’, parola che rifiutava ostinatamente. Siamo stati bene insieme!”
“In realtà si assiste ad una vera liberazione omosessuale solo dopo il 1969, cioè dopo che quell’infame articolo 175 è stato abolito. Io dico sempre che solo dopo quell’epoca esiste in Germania qualcosa che si avvicina ad una cultura omosessuale…”
“Da un lato sono contento e assaporo, ancora oggi alla mia età, ogni istante offerto da questa atmosfera diversa e più libera.
Vado regolarmente allo Gnosa, uno stabilimento balneare situato nella Lange Reihe a Amburgo, frequentato perlopiù da giovani. Non mi sento affatto respinto.
Il personale e alcuni clienti sono eccezionali. Tra l’altro ho un amico adorabile che abita vicino a me e si occupa di me in modo commovente.
“C’è una cosa che mi rattrista tuttavia, ed è il fatto che noi omosessuali non ci sosteniamo molto a vicenda e non siamo molto presenti nella vita pubblica.
I più vecchi di noi potrebbero spalleggiare i più giovani e infondere loro coraggio. Che abbiamo da perdere? Forse in futuro le cose cambieranno? In ogni caso, io rimango ottimista”.
* Traduzione tratta dal fascicolo ad uso interno “Mai più” (2002) ciclostilato da Azione gay e lesbica di Firenze
Scrivi un commento I GionataBlog