Accettarsi come prete gay. Il mio momento santo
Articolo di Larry B. Stammer tratto dal sito del Los Angeles Times (USA), 18 agosto 2001, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Padre Peter Liuzzi si trovò moralmente sul filo del rasoio quando visitò un uomo che stava morendo di AIDS. Gary Rini, un suo cugino gay, gli chiese di amministrare l’estrema unzione al suo compagno.
Mentre andava all’ospedale dell’UCLA, era tormentato dai suoi demoni privati e da molti dubbi. Mise un braccio fuori dal finestrino e pianse. “Ho appena perso”. “Amministravo il sacramento. Avevo gli oli santi. Potevo sovrintendere al rito – cose potenti per me che davano sempre speranza alla gente.” Quando Liuzzi entrò nella stanza d’ospedale di Kevin, stava ancora tremando.
Da quel fatidico giorno 18 anni fa, Liuzzi, promosso direttore del Ministero per Gay e Lesbiche nell’arcidiocesi cattolica di Los Angeles, era tutto fuorché timido, in gran parte grazie all’essere stato con quell’uomo. Durante i suoi 11 anni di lavoro, Liuzzi fu pubblicamente in disaccordo con gli arcivescovi cattolici della California, opponendosi alla proposizione 22, l’iniziativa contro il matrimonio gay approvata dagli elettori nel 1999.
Nel 1989 quando l’arcivescovo Roger M. Mahony e altri vescovi vietarono la celebrazione delle messe per i membri di Dignity (un’associazione religiosa cattolica non autorizzata LGBT), Liuzzi guidò una delegazioni di preti per discutere con Mahony circa delle questioni pastorali. Dignity ha pubblicamente ripudiato l’insegnamento della chiesa contro il sesso fuori dal matrimonio.
Ironicamente, Liuzzi fece tremare la National Ass. of Catholic Diocesan Lesbian and Gay Ministries andandosene in segno di protesta quando le sue decisioni rischiavano di “inquinare” il limpido insegnamento della chiesa contro gli atti omosessuali. “Questo è il motivo per cui ha avuto successo” ha detto John Good, un amico e membro del consiglio dell’associazione. “È un maestro nel camminare sul filo del rasoio.” Ma per camminare su quel filo del rasoio, Liuzzi ha dovuto, come prima cosa, fare i conti con le sue paure.
Passo dopo passo ha dovuto avvertire la tensione avere la consapevolezza di essere come tirato tra due poli apparentemente opposti – l’affermazione inequivocabile della chiesa che l’omosessualità tende ad un’ “intrinseco male morale” e l’urgenza pastorale di accostarsi ai bisogni di gay e lesbiche cattolici che tentano con fatica di riconciliare i loro sentimenti più intimi con le convinzioni di una chiesa che vogliono chiamare casa.
Questi passi, disse Liuzzi, iniziarono quando entro nella stanza d’ospedale di Kevin. Si mise guanti, maschera, cappello chirurgico e sovrascarpe usa e getta, il grembiule verde divenne il suo paramento sacerdotale. Kevin stava in un letto, nudo tranne per un camice che copriva la cintola. Soffriva palesemente. Piaghe rosso bluastre, prove evidenti del sarcoma di Kaposi, coprivano il suo corpo. “Era nel caos” pensò Liuzzi.
Un momento santo su una terra santa
Allora Liuzzi vide qualcos’altro. Lo chiamò presentimento. “Oh mio Dio” pensò Liuzzi, mentre Kevin era lì, vulnerabile e immobile, Liuzzi vide la Pietà, la toccante rappresentazione in marmo del Cristo crocefisso che giace in grembo a Maria. “Questo è un momento santo. Questa è una terra santa”. Liuzzi ne era convinto. Si tolse la maschera, I guanti e il cappuccio.
“Padre?” chiese Kevin.
“Sì”
“Sono felice che ti sia tolto tutto. Sei proprio un bell’uomo!”. Si diedero la mano. La tensione calò, ma solo per un momento.
Kevin e Gary si erano allontanati dalla Chiesa cattolica a causa delle posizioni sull’omosessualità. Ma Liuzzi era uno di famiglia. Gary, una volta, era stato sposato. Era stato “un grande matrimonio all’italiana”, ricordò Liuzzi. La coppia aveva avuto un bambino.
Gary aveva sperato che quel matrimonio, poi l’avere un bambino – e ancor prima l’arruolamento in marina – lo potessero far diventare eterosessuale. Ma non funzionò nulla. Con l’aiuto di un terapeuta, Gary fu in grado di accettare la propria omosessualità.
Liuzzi si inginocchiò accanto al letto di Kevin per pregare. Invece si mise a piangere, proprio come aveva fatto guidando fin lì.
“Che c’è?”
“Ho paura di morire” disse Liuzzi rispondendo a Kevin. “Ma c’è qualcos’altro. Ho paura anche di vivere. Proprio ora ho avuto la sensazione che tu potresti insegnarmi molto di più di queste cose rispetto a quel che potrei fare io con te.” In un ruolo invertito, Liuzzi chiese a Kevin una benedizione. Perplesso e un po’ confuso, Kevin mise le sue mani sul capo di Liuzzi e lo benedì.
Kevin non morì quel giorno. Nelle poche settimane che gli rimasero, Kevin insegnò a Liuzzi qualcosa sul coraggio e l’onestà. “Nelle situazioni più ordinarie, ecco dov’è Dio” disse Liuzzi quella settimana. “Imparammo ad essere attenti al soffio dello spirito di Dio”
Circa cinque anni dolpo, anche Gary morì di AIDS. Circa due anni prima (di questa morte), Liuzzi si sentì costretto a condividere un segreto. Liuzzi – un prete carmelitano che aveva fatto voto solenne di povertà, castità e obbedienza – disse a suo cugino di essere gay anche lui.
Dopo qualche anno, Liuzzi rivelò il suo orientamento sessuale durante un incontro parrocchiale. La notizia venne data ad un settimanale cattolico conservatore, che la pubblicò. Ma non tutti ne erano a conoscenza e si impedì a Liuzzi di parlare della propria omosessualità sebbene rimanesse celibe.
Tutta la vita, ha detto, è piena di paradossi. Gesù, disse, noiosi paradossi. Era amato da suo Padre, ma reietto dall’umanità. Era innocente, ma veniva crocifisso fuori le mura dalle città tra due ladroni.
Testo originale: A Death, and a Renewed Life