Io sono di più dell’essere nero, gay e gesuita. Sono stato creato ad immagine di Dio
Testimonianza del gesuita Damian Torres-Botello* pubblicata sul sito del settimanale cattolico America Magazine il 17 aprile 2015, traduzione: www.finesettimana.org
In una serie di cinque articoli apparsi nella settimana del 16 marzo sul National Catholic Reporter, intitolati “God’s Community in the Castro”, un membro della parrocchia Most Holy Redeemer di San Francisco aveva detto questo della sua comunità spirituale: “Non ci consideriamo una comunità gay, ma piuttosto una comunità aperta ai gay… È l’accettare e il rendersi conto che le persone si sentono bene nell’essere ciò che sono, che rende questo posto differente”. Per molte persone LGBT (sia uomini che donne), il Castro District di San Francisco è stata la loro casa, dove la vita ha potuto essere vissuta con dignità. Come fa notare il giornalista del NCR, Thomas C. Fox, in quella serie di articoli, la parrocchia Most Holy Redeemer è stata il centro spirituale per i cattolici LGBT che vivono lì e nelle vicinanze. La sua storia è in gran parte iniziata negli anni 80, quando l’AIDS si prendeva così tante vite. Da allora, questa parrocchia è stata il rifugio di una comunità spesso trascurata ed evitata.
Come cattolici, abbiamo la sensazione che la Chiesa sia una casa davvero universale, un posto dove tutti siamo benvenuti, come la parola cattolico indicherebbe. Tuttavia, al di dentro di quella sensazione di universalità, molti sentono che la Chiesa non è una casa accogliente per loro. Degli insegnanti sono stati allontanati dal loro lavoro, a dei bambini disabili sono stati rifiutati i sacramenti, e molte donne e uomini divorziati continuano a sentirsi indesiderati.
Non è necessario cercare molto per trovare storie simili vissute da cattolici afro-americani, cattolici latini, donne cattoliche ed anche ex cattolici. E tutta questa tensione ha causato l’allontanamento delle persone dalla Chiesa e, in alcuni casi, la perdita della fede. Ma la verità che io conosco e credo è: sono creato ad immagine e somiglianza di Dio, proprio come Dio ci crea tutti. È davvero così semplice. Ma talvolta noi prendiamo quell’immagine e la complichiamo. Quella complicazione procurava preoccupazione ai miei cari quando ho scelto la vita religiosa nel 2011 all’età di 33 anni.
Alcuni erano preoccupati che trovassi difficoltà come uomo di colore in un ordine apparentemente costituito solo da uomini bianchi. Altri temevano che sarei stato obbligato a restare nel segreto, dopo 17 anni in cui mi ero accettato come gay. Alcuni amici espressero la loro ansietà ritenendo che non avrei incontrato un terreno comune in un ordine pieno di privilegiati mentre io conoscevo solo disagi.
Tutte le loro osservazioni erano valide perché non solo venivano dal loro amore ma anche dalle loro esperienze come cattolici. Io sono di più del colore della mia pelle, del mio orientamento sessuale, della mia classe economica.
Vedere me stesso solo in questi tre aspetti, limita l’immagine e somiglianza di Dio. Definire me stesso solamente in base a quello che sono, limita chi sono e come posso mettermi a servizio. Perfino permettere a queste caratteristiche di dettare la mia vita, mi impedirebbe di affrontare il mondo come un essere umano pienamente integrato.
Inoltre, ho pregato, ho fatto opera di discernimento e ho fatto una scelta. Ho preso l’impegno di vivere i voti di vita consacrata di castità, povertà e obbedienza per la mia fede in Cristo, per la missione della Chiesa, per il popolo di Dio.
Condivido i miei problemi apertamente proprio come condivido le mie gioie. Come è stato per i miei genitori nel loro mutuo relazionarsi, la trasparenza aiuta anche me a vivere i miei voti onestamente, così che sono sempre disponibile a realizzare la mia vocazione come gesuita.
Questa è la verità che sta in ognuno di noi: Dio ci ha fatto tutti a sua immagine e somiglianza. San Francesco di Sales diceva: “Sii ciò che sei e sii quello molto bene”(1). Accogliere tutto ciò che siamo, e accoglierci gli uni gli altri con quell’amore, significa accogliere quell’immagine e somiglianza; significa accogliere Dio. Trentasei anni della mia vita e il breve periodo di tempo trascorso come gesuita hanno confermato questa verità. E quindi prego che come Chiesa possiamo scoprire tenera comprensione gli uni per gli altri per amare quel Dio che dimora in tutti noi.
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(1) «Non desiderare affatto di non essere ciò che sei, ma desidera di essere molto bene ciò che sei» (Opere XIII 291).
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* Damian Torres-Botello è entrato nella Società di Gesù nell’agosto 2012. È attualmente studente di filosofia presso la Loyola University di Chicago. Questo articolo è stato approvato in vista della pubblicazione dai suoi superiori gesuiti.
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Testo originale: This I Believe: Created in God’s Image