Ipocrisie religiose. Alcuni rabbini israeliani sposano i gay con le lesbiche per cancellarne l’omosessualità
Articolo di Yair Ettinger tratto da HAARETZ.com (Israele) dell’11 marzo 2011, liberamente tradotto da Sara M.*
Alcuni rabbini della comunità religiosa sionista hanno lanciato un’iniziativa per sposare uomini gay a donne lesbiche – con alcuni ‘sorprendenti’ successi.
Finora sono stati celebrati 11 matrimoni. Haaretz ha condotto un’intervista e-mail con una di queste coppie, Etti e Roni (i nomi sono di fantasia).
Etti e Roni, entrambi religiosi, si sono sposati 5 anni fa. Per quanto siano stati onesti l’uno con l’altra sui loro orientamenti sessuali fin dal primo incontro, per il mondo esterno si comportano come una normale coppia eterosessuale.
Oggi hanno due bambini e sono entusiasti dei risultati. “È incredibile”, hanno scritto. “Sei anni fa non avremmo mai pensato di poter essere così felici. Pensavamo che tutto fosse nero, che avessimo perso la nostra possibilità di avere una vita normale.
Ma oggi le cose per noi vanno bene. Ci sono delle divergenze, ma questo è vero in ogni caso. E le riempiamo con il grande amore che diamo e riceviamo dai nostri bambini e ci godiamo anche il semplice amore umano che ci diamo l’un l’altra, proprio come accade tra due persone qualsiasi che possono dare e ricevere.”
Tutte le coppie sono state combinate da Rabbi Areleh Harel dell’insediamento cisgiordano di Shilo. Insegna in una yeshiva (= un centro di studi religiosi, N.d.R.) di Elon Moreh e si è fatto un nome nei circoli religiosi come il rabbino adatto agli omosessuali.
Harel ha detto che tutte le sue coppie ricevono uno stretto supporto da un team di psicologi, consulenti matrimoniali e assistenti sociali.
Queste coppie hanno anche frequenti consulti con i rabbini, compresi Rabbi Aharon Lichtenstein della Yeshiva Har Etzion Yeshiva, il Rabbino Capo di Ramat Gan Yaakov Ariel, e specialmente Rabbi Menachem Burstein, direttore del Puah Institute, specializzato in soluzioni halakhiche (=religiosamente ortodosse, N.d.R.) per problemi di fertilità.
La sua dodicesima coppia ha appena annunciato il fidanzamento, ha detto Harel, e ha una lista di altri 30 gay e 20 lesbiche in cerca di un compagno.
Queste persone non negano la propria identità sessuale, ha sottolineato, ma vogliono farsi una famiglia, sia per il desiderio di diventare genitori che per il riconoscimento sociale.
Una famiglia non è solo sesso e amore. Si tratta di una collaborazione attiva, anche se non meramente tecnica.”
Il risultato è che lui e i suoi colleghi adesso hanno deciso di istituzionalizzare questo azzardo, aggiungendo la collaborazione di una ben nota organizzazione religiosa che combina matrimoni.
I matrimoni gay-lesbici sono stati a lungo praticati tra gli ultra-ortodossi, ma l’iniziativa attuale è diversa in quanto non deriva da un tentativo di nascondere la questione sotto il tappeto, ma da un crescente riconoscimento dell’omosessualità, spinto in parte da quattro organizzazioni religiose omosessuali: Havruta, Bat Kol, Hod e Kamocha.
Harel ha spiegato che, mentre gli omosessuali non praticanti vedono il matrimonio omosessuale come una soluzione, gli omosessuali religiosi spesso non se la sentono di violare la proibizione halakhica sul sesso omosessuale e quindi sono alla ricerca di altre soluzioni.
“La maggior parte delle coppie concordano sul non avere relazioni con persone del loro stesso sesso, ma se una volta ogni qualche anno capitano degli “sbagli” non li considerano un tradimento”, ha detto. “Generalmente, è una questione tra loro e il Creatore”.
Ha detto che ogni coppia decide per se stessa come dovrà funzionare il matrimonio e lui non viene coinvolto in questa decisione. Piuttosto, si occupa soprattutto di questioni halakhiche come l’inseminazione artificiale.
Roni, 35 anni, ha un’impresa commerciale; Etti, 30 anni, è paramedico. Roni ha tentato una terapia di conversione per cambiare il suo orientamento sessuale, ma senza successo.
Ha detto di aver avuto anche delle relazioni con diversi uomini, “finché non ho deciso che non faceva per me; volevo una famiglia e dei bambini.”
Etti ha detto che la sua famiglia non sa ancora che lei è lesbica. Ha avuto una relazione omosessuale “seria”, ma “ho capito che era più importante per me crescere dei bambini e vivere in una famiglia normale”.
Entrambi hanno detto che il rispetto del divieto religioso sul sesso omosessuale era “molto importante” per loro, così come il desiderio di una “genitorialità più o meno normale” ed entrambi i fattori hanno influenzato la loro decisione.
Harel li ha fatti conoscere ed essendo la prima delle sue coppi gay-lesbiche si autodefiniscono “le cavie”.
Sono attenti a mantenere un’apparenza di normalità davanti ai bambini e al mondo esterno, arrivando a dormire nella stessa stanza, anche se non dormono insieme. Entrambi i loro bambini sono nati attraverso l’inseminazione artificiale.
“Per la maggior parte del tempo, ci troviamo bene insieme, come soci in affari. Naturalmente abbiamo discussioni e tensioni, ma chi non le ha?… Come buoni amici, abbiamo un grandissimo rispetto reciproco e un grandissimo amore platonico”.
Non è così per tutti, naturalmente. Due delle coppie sposate da Harel sono ora in fase di divorzio. E lui ha detto di essere molto preoccupato alla prospettiva che i bambini nati da questi esperimenti matrimoniali possano soffrire. E neppure tutti approvano.
Mentre l’associazione Havruta non ha preso una posizione ufficiale su questi matrimoni, il suo portavoce, Daniel Yunes, ha detto che personalmente si oppone all’idea.
“Se si accetta la definizione di famiglia come l’essere partner e avere fiducia e avere amore… allora questi matrimoni non forniscono una soluzione”, ha detto, aggiungendo che la sua organizzazione crede anche che essere aperti alla propria identità sessuale conduce in ultima analisi ad una maggior felicità che il vivere nella menzogna.
Ma Roni ed Etti sentono di aver ottenuto grandi benefici, ottenendo “due splendidi bambini” ed anche “una buona vita sociale”.
E che cosa ci hanno perso? “Nulla, perché in ogni caso non avremmo potuto avere una relazione sponsale, dato che sarebbe stata [halakhicamente] proibita.
Certo, ci sono delle difficoltà e dei momenti di crisi. Ma non sono nulla in confronto alla maggior parte del tempo, quando le cose vanno bene”.
* Nota della traduttrice: Devo dirvi che questa traduzione mi ha lasciata perplessa, triste e anche un po’ arrabbiata.
Sono perplessa da questo tipo di matrimoni in cui l’amore non c’entra (lo so, lo so, si sono fatti per secoli e millenni e nessuno ci trovava qualcosa di strano); triste per queste persone che hanno solo la camera da letto in cui essere se stesse, mentre ogni volta che ne escono devono portare una maschera; ancora triste per queste persone che subiscono un tale stigma sociale non tanto per il fatto di essere omosessuali, ma per il fatto di essere di conseguenza “sterili”, che tra l’essere se stesse e l’avere dei figli e una parvenza di famiglia, scelgono la seconda strada (lo so, lo so, anche questo si è fatto per secoli e millenni e nessuno ci trovava qualcosa di strano); un po’ arrabbiata perché stiamo parlando di sionisti insediati in cisgiordania, che quindi vedono la procreazione come una necessità di guerra.
Avete visto il film “Kadosh” (Israele 1999)? Guardatelo. Io e la mia amica siamo uscite dal cinema senza parlare e non siamo riuscite a parlare per mezz’ora almeno. Ho preso il libro ed era ancora più tremendo del film. Guardatelo.
Testo originale: Israeli rabbis launch initiative to marry gay men to lesbian women