“Iqra’!”, alcune riflessioni proibite sul Corano
Riflessioni di Lyas pubblicate sul sito Il Grande Colibrì il 28 ottobre 2016
Sono nato circa 29 anni fa, in una città alle porte del grande Sahara africano. La mia città vanta di avere una delle razze più pregiate di montone che annualmente ripropone nella sua inconfondibile magnificenza a ogni Eid al-Adhā (festa religiosa del sacrificio dell’agnello). La scuola coranica per bambini era ancora obbligatoria: era lo spazio dedicato ad imparare a memoria il Corano, capirne il testo, scriverlo e recitarlo correttamente. Ci andavo tutte le mattine prima di avviarmi alla scuola statale e tutti i venerdì pomeriggio dopo la grande preghiera in moschea.
Da buon musulmano sono cresciuto leggendo il Corano, ogni mese per intero. Il Corano era la mia guida: quando cercavo un segno divino per superare una prova, aprivo il libro a caso (come una specie di “Book of Shadows” della serie televisiva “Charmed”, “Streghe” per gli italiani) e trovavo risposta e, quindi, sollievo. Il Corano era mubīn, cioè chiaro. Doveva avere le risposte a tutto, e ce le aveva. Purtroppo, come succede nelle più belle favole, le mie credenze ressero fino a quando non sono entrato nel mondo degli adulti e finché non ho scoperto la sessualità.
All’università, credendo ancora che avrei dovuto aspettare il matrimonio per consumare il sesso con una donna, avevo iniziato a sperimentare l’aspetto erotico maschile con altri uomini (evidentemente era una giustificabile scusa!). Inizialmente si trattava di semplici flirt su internet, poi sono passato alle mani e subito dopo ad altri parti del corpo! Ogni tanto mi dicevo che non ero pronto quando una delle mie ex ragazze voleva più di un bacio.
Dopo il mio primo rapporto omosessuale sono andato in tilt morale più che emotiva perché non pensavo che mi sarebbe piaciuto così tanto da volerlo rifare: incominciai a ricordare le parole del Furqān (“che separa il bene dal male”: uno dei nomi del Corano) sul popolo di Lut (Sodoma e Gomorra). Allo stesso tempo, più che altro per rabbia nei confronti di una religione che mi rinnegava, cominciai a mettere in discussione alcune affermazioni riportate nei versetti sacri.
Passarono gli anni, esplorai bene i miei gusti sessuali, poi scelsi un ragazzo con cui costruire una famiglia. Invece di leggere ciecamente il Corano, mi buttai sulle varie interpretazioni, abbandonando la tradizione. Così divenni ribelle a ciò che ero in passato, i sensi di colpa diminuirono, ma una vocina silfide mi sussurrava continuamente che sarei andato dritto giù dal Sirāt (il ponte della retta via che gli umani attraversano il giorno del Giudizio: cadendo da esso si finisce speditamente all’Inferno… bum!).
Tra gli scritti più interessanti che scovai su internet, c’era un saggio di Gerd Rùdiger Puin, studioso tedesco specializzato in studi coranici, intitolato “Observations on Early Qur’an Manuscripts in San’a” (Osservazioni sugli antichi manoscritti coranici di Sana’a) e pubblicato nel libro di Ibn Warraq “What the Koran Really Says: Language, Text and Commentary” (Cosa dice davvero il Corano: lingua, testo e commento; Prometheus Books 2002, 782 pp.). Ci trovai qualcosa di inusuale, affine ai miei dubbi su alcune affermazioni, ad esempio sulle vergini promesse ai musulmani credenti.
Devo ammettere che alcune ambiguità erano inevitabilmente e giustamente legate alle mie preferenze sessuali, allora mi domandai: perché tra i versetti descrittivi della frutta paradisiaca e le bevande celesti nel Corano si trova la descrizione della ricompensa sessuale femminile? Perché mi si offrono donne incantevoli, ridenti, disponibili e riverginizzabili invece di giovani biondi o castani, simpatici e un po’ cicciottelli come piace a me? Nel saggio lessi che l’interpretazione dell’aggettivo concernente le donne del paradiso “dagli occhi grandi”, cioè le Hūr al-‘Īn, potesse significare tutt’altro se letto in lingua siriaca, cioè “uva bianca”.
L’autore infatti spiega che gli antichi manoscritti coranici studiati a San’a (Yemen) rivelano che
“[…] il Corano è una specie di cocktail di testi che non furono tutti capiti nemmeno all’epoca di Muhammad [Maometto; ndr]. Molti di loro potrebbero essere più vecchi anche di un secolo rispetto al Corano stesso. Anche nelle tradizioni islamiche v’è una gran massa di informazioni contraddittorie, incluso un significativo sostrato cristiano; una persona può farne derivare, se vuole, un’intera anti-storia islamica. Il Corano pretende di essere ‘mubīn‘, ossia ‘chiaro’, ma se andate a vedere, ci si accorgerà che ogni cinque affermazioni, o giù di lì, ce n’è una che semplicemente non ha senso.
“Molti musulmani vi diranno cose diverse, naturalmente, ma il fatto è che un quinto del senso del Corano è davvero incomprensibile. Questo è il motivo che ha causato la tradizionale ansietà riguardo alla sua traduzione. Se il Corano non è comprensibile, se neppure può essere capito in lingua araba, allora non sarà traducibile in alcuna altra lingua. Questo è il motivo per cui i musulmani hanno timore. Dal momento che il Corano afferma ripetutamente di essere chiaro ma non lo è, c’è allora un’ovvia e seria contraddizione. Qualcosa d’altro deve essere accaduto”.
Capii che il Corano non è una raccolta cronologica di testi chiari trasmessi a Maometto lungo i suoi 23 anni di missione profetica ed esperienze teopatiche: ciò significa che prendere alla lettera i versetti scritti da più di una mano umana potrebbe aver deviato e umanizzato i concetti divini. Cercai l’origine glottologica della scrittura del Corano e trovai la teoria delle sette Lettere: gli studiosi islamici derivano la scrittura e la lettura dei versetti originariamente a sette modi diversi fra loro, non contraddittori ma diversificanti nel significato.
A maggior ragione, dopo il caos teologico che mi sono ritrovato in testa, pensai di approfondire gli argomenti scottanti e poco chiari presenti nella religione islamica e finalmente le mie ripetute domande riscontrarono qualche brillante risposta, risposte che mi spinsero a farmi la domanda più temuta: forse – dico forse – il significato del vero Corano non è quello che ci hanno inculcato per tutta la vita. Forse – ripeto forse – questo Corano che ho letto centinaia di volte è stato interpretato, almeno in parte, abbastanza male da farci smarrire la retta via!
Alla luce di queste nuove rivelazioni, decisi di intraprendere una strada diversa, quella della ricerca per scopi personali, per capire ed intendere. “Iqra’”: significa “leggi!” (anche se in una delle sette Lettere sopracitate vuol dire “raccogli”) ed è stato il primo ordine dato a Muhammad e a tutta la comunità musulmana nel mondo.