Iran dove essere gay è una malattia operabile
Articolo di Roberta Zunini pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” del 6 novembre 2014
Ci sono torture che durano una vita intera senza peraltro la necessità della presenza del carnefice. Una di queste si pratica in Iran, nei confronti degli omosessuali.
Per eradicare l’omosessualità, ancora ufficialmente ritenuta un reato punibile con il patibolo, il fondatore della teocrazia islamica, la Guida Suprema Khomeini, la definì una malattia. Curabile però. Come? Con l’operazione a cui ci si sottopone per cambiare sesso.
Per renderla obbligatoria lanciò una fatwa, facendo trapelare che lo aveva commosso la storia di un ragazzo che si sentiva imprigionato nel suo corpo e avrebbe voluto diventare una ragazza. Un problema che gli psichiatri imputano all’identità, non alla sessualità.
Ma in Iran la sessuofobia dilagante tra i chierici ha cancellato la distinzione. Una decisione apprezzata dalle tante famiglie tradizionaliste che spesso uccidono i propri figli “diversi” per l’onore.
Molti giovani vengono indotti a farsi operare dagli psicologi delle strutture pubbliche quando sono ancora adolescenti e non hanno idea di cosa significhi essere transgender, né omosessuali o lesbiche.
Per convincerli viene detto loro che gli verranno concessi i documenti e anche un prestito finanziario. Ma, una volta operati, vengono comunque emarginati e tanti entrano in depressione e si suicidano perché comprendono che il loro problema non era il genere a cui appartenevano, non il loro corpo e neanche la loro mente, bensì una società retriva che non accetta la libertà sessuale.
Maria, un ex ragazzo gay che è stato operato 15 anni fa quando era adolescente, ha chiesto asilo politico al Canada, dove un’associazione fondata da un iraniano fuggito per lo stesso motivo, aiuta queste persone a rifarsi una vita.
In un’intervista alla Bbc ha spiegato di essere stata convinta dai medici a diventare donna e che, non appena operata, si è sentita peggio e a disagio, dovendosi peraltro travestire da donna. “Quando ero un ragazzo e sentivo attrazione per altri ragazzi non ho mai desiderato di vestirmi da donna per conquistarli, ma venendo da un villaggio di campagna non sapevo esistesse l’omosessualità. Arrivata a Teheran dove la mia famiglia si era trasferita, il preside della mia scuola intuendo che ero gay, per il mio modo di muovermi e parlare, mi disse che avevo una malattia curabile e mi mandò in ospedale.
Ora sono una persona infelice e ho paura di non farcela psicologicamente a resistere in queste condizioni. Non sono un transessuale e nemmeno una donna. Ma non posso più essere uomo”.
Khabaronline, una agenzia di stampa filo-governativa ha diffuso dati che sono stati smentiti da numerosi medici che fanno queste operazioni. Secondi i dati ufficiali si è passati da 170 nel 2006 a 370 del 2010. Un chirurgo però ha detto al canale pubblico britannico che nell’ultimo anno ne ha praticato più di 200 e di non essere stato l’unico nell’ospedale per cui lavora.
Si tratta dell’ennesima violazione dei diritti umani, una delle peggiori perché colpisce soggetti già fragili e sotto la minaccia costante di finire appesi a una corda.