James Alison. Essere un “pastore tra i lupi” di fronte al problema dell’omofobia nella Chiesa cattolica
Articolo di Catherine Buck* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 9 giugno 2020, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Il giugno scorso, durante le commemorazioni del cinquantesimo anniversario dei moti di Stonewall, padre James Alison ha tenuto un discorso nella chiesa di San Francesco Saverio a New York, intitolata Di fronte al lupo. Alison ha usato le metafore del gregge, dei pastori e dei lupi per spiegare come porsi di fronte al problema dell’omofobia istituzionalizzata nella Chiesa, e ha anche ricordato la sua personale esperienza di prete gay e il suo sostegno agli altri cattolici LGBTQ.
Questo mese, (il sito) Commonweal ha pubblicato un sunto della conferenza di Alison, in tempo per il mese del Pride di quest’anno. Padre Alison usa la metafora dei lupi del titolo per descrivere la sua esperienza di sacerdote ordinato nella Chiesa:
“Quando leggo le parole di Gesù su Dio Buon Pastore, so che nel compito che mi è stato affidato il lupo dal quale, come un mercenario, sono tentato di scappare è la violenza e l’odio che macchia i denti dei ‘virtuosi ad ogni costo’ di ogni cultura, scatenati ogniqualvolta si accenna che forse, dopo tutto, le persone LGBTQ sono amate proprio come lo siamo noi, e che il nostro sviluppo armonioso si concretizza nel dare un volto umano al nostro amore proprio a partire da dove ci troviamo. Ovviamente, uno dei luoghi propizi di questo odio e questa violenza sulla terra è lo ‘sgabuzzino’ clericale cattolico.
“Così, per me, imparare a ‘pascere le mie pecore’ non comporta lo scappare del lupo. Correre il rischio di essere ucciso, perdendo la legittimità, la mia buona reputazione, la possibilità di lavoro tra le sue grinfie, questo sì; ma anche eludere le sue accuse troppo ovvie, evitando di attirarlo per guadagnare troppo facilmente una sorta di virtù ribelle. Piuttosto, smascherandolo gradualmente per fargli perdere la sua trascendenza, si capiscono sempre meglio le sue astuzie e i suoi inganni, e così mi trovo riportato alla vita come un pastore genuino, un figlio di Dio”.
Alison osserva che arrivare a questo punto di “vero essere” è stato un processo lungo e impegnativo, con molte insidie, ma “il fallimento è la cosa a partire da cui la grazia preferisce costruire”. Descrive la sua infanzia, in cui l’omofobia era normale, anche se la famiglia ha legami nascosti con figure di primo piano che hanno combattuto per la liberazione LGBT, incluso, in Inghilterra, Lord Montagu di Beaulieu e Roy Jenkins, segretario di Stato per gli Affari Interni.
Padre Alison scrive di aver scoperto, quando aveva nove anni, “una parola per quelli come me”, una sensazione di “brivido” scoprendo che non era solo, ma che lo lasciava anche “perso ed abbandonato in un mondo in cui non sarei mai stato accettato”.
In un passaggio particolarmente commovente, padre Alison condivide le ragioni dietro ad un precoce impegno verso l’eccellenza: “Ho capito che la cosa migliore che potessi fare, sapendo che forse mi sarebbero stati negati per sempre approvazione e riconoscimento, era essere buono, in tutti i modi possibili, come la persona che non avrei mai potuto essere, consapevole che sarei dovuto diventare tale dal nulla, senza alcun aiuto o incoraggiamento. Nel guscio di una noce: che avrei dovuto essere, in ogni aspetto esteriore, il migliore seguace di Gesù possibile, nonostante Gesù non mi volesse”.
Tuttavia, una grazia che ricorda della sua prima infanzia è un’esperienza d’amore: “Quando ero un bambino, a scuola mi sono innamorato di un mio coetaneo, senza ovviamente avere nessuna parola per descrivere qualcosa di così stupendo e terrificante, e ho avuto la consapevolezza che l’amore è qualcos’altro rispetto alle banalità della mia educazione religiosa. Siccome questo successe molto prima della pubertà, fui sempre protetto da quelli che più tardi cercarono di parlare di omosessualità come qualcosa che ha a che fare in primo luogo con gli atti sessuali piuttosto che con l’amore. Sapevo che quello era amore molto prima di sapere che esistesse il sesso fisico”
Usando la sua esperienza come base, padre Alison racconta al pubblico che immagina che le sue storie non siano uniche, e crede che condividere testimonianze come questa sia essenziale per fare progredire un’“immagine incarnata delle famiglie e delle loro diverse forme future”.
Padre Alison si occupa da decenni di teologia LGBTQ. Negli anni ha sfidato l’insegnamento della Chiesa, ed è stato per questo ostracizzato, ma nel 2019 papa Francesco l’ha richiamato al ministero.
Gli siamo grati per aver condiviso le esperienze che l’hanno portato alla sua opera a favore delle persone LGBTQ all’interno della Chiesa Cattolica. Specialmente durante il mese del Pride, è importante ricordare che le storie personali come quelle di Alison, come quelle di ognuno di noi, sono vitali in ogni lotta per la giustizia che intraprendiamo.
* Catherine Buck viene da Burlington, nel New Jersey, ed è autrice ed educatrice. È diplomata in scrittura creativa all’Università Rutgers, dove insegna composizione. Si è laureata all’Università La Salle e ha lavorato in varie comunità lassalliane in tutto il mondo, tra cui quella di El Paso, in Texas. Il suo lavoro non-profit l’ha portata anche in Nicaragua, dove ha cominciato a interessarsi delle prassi della teologia della liberazione.
Testo originale: Fr. James Alison Writes on Being a Gay Priest, Fighting Institutional Homophobia