John Boswell e l’accoglienza degli omosessuali nella chiesa dalle origini al XIV secolo
Articolo di Natasha Frost* pubblicato sul sito Atlas Obscura (Stati Uniti) il 2 marzo 2018, liberamente tradotto da Silvia Lanzi, parte prima
Potrebbe essere stato il primo testo accademico ad essere giunto alle masse grazie a Doonesbury, il fumetto di Garry Trudeau. In una serie di strisce del giugno 1994 Mark Slackmeyer, un personaggio gay, cercando di rimorchiare un fondamentalista cristiano sposato gli dice che per un millennio la Chiesa ha celebrato i matrimoni omosessuali.
“Dove hai sentito una spazzatura del genere?” replica irato l’uomo (nel fumetto). “È nel nuovo libro di questo professore di Yale” gli risponde Slackmeyer, “Le sue ricerche hanno scoperto liturgie per cerimonie omosessuali che includono comunione, invocazioni sacre e un bacio per santificare l’unione. Erano proprio come quelle eterosessuali, tranne che i matrimoni etero, concernendo la proprietà, di solito si celebravano fuori, sul sagrato. I riti gay, che invece concernevano l’amore, si tenevano DENTRO la chiesa!”.
Quella settimana almeno due quotidiani dell’Illinois si rifiutarono di pubblicare le strisce, mentre qualche dozzina di lettori chiamò il distributore per chiedere “se Garry Trudeau esistesse per renderli infelici”. Se la striscia provocò una controversia, il libro Same-Sex Unions in Premodern Europe (Le unioni omosessuali nell’Europa premoderna) fece gridare allo scandalo sia dentro che fuori la comunità accademica. Il suo autore, lo storico John Eastburn Boswell, conosciuto come Jeb, morì sei mesi dopo la pubblicazione del fumetto, a 47 anni, per complicanze dovute all’AIDS.
In appena venti anni a Yale, il lavoro di Boswell come storico ha prodotto un bel polverone. Anni di studio meticoloso hanno minato le fondamenta di gran parte dell’omofobia moderna.
Nell’introduzione del suo libro del 1980, vincitore dell’American Book Award, Christianity, Social Tolerance, and Homosexuality: Gay People in Western Europe from the Beginning of the Christian Era to the Fourteenth Century (edito in Italia con il titolo Cristianesimo, tolleranza, omosessualità: la Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo, Castelvecchi, 2014), Boswell osservava che le persone omosessuali erano “ancora oggetto di una severa legislazione proscrittiva, di una diffusa ostilità pubblica e di varie restrizioni civili, il tutto con una giustificazione apparentemente religiosa”. Il suo lavoro suggeriva che, comunque, questa “giustificazione religiosa” avrebbe potuto essere non vera, un introduzione recente, introdotta secoli dopo la nascita del cristianesimo.
Il libro argomenta che la Chiesa Cattolica romana non fu sempre ostile alle persone omosessuali, e che invece, fino al XII secolo, aveva creduto che l’omosessualità fosse più preoccupante, diciamo, dell’ipocrisia, e che aveva addirittura celebrato l’amore tra uomini. La risposta al libro è stata esplosiva su tutti i fronti. “Non esiterei a definire questo libro rivoluzionario” scrisse nel 1981 lo storico della Stanford University Paul Robinson nella New York Times Book Review.
Ma altri critici pensarono che, nonostante l’attenzione ai dettagli, la sua tesi centrale (che cristianesimo e omosessualità non erano sempre stati un binomio così male assortito) non fosse solo falsa, ma un tentativo fallito di Boswell, gay e cattolico, di riconciliare due aspetti della sua identità che, di fatto, non potevano esserlo.
Boswell era giovane e brillante, biondo e con un fascino un po’ androgino, con un’incredibile disposizione per le lingue. Il suo lavoro poteva vertere, in ogni momento, su una delle diciassette lingue morte o vive che conosceva, incluse, catalano, latino, proto-norreno, siriaco e persiano. Cresciuto in Virginia, da adolescente (scrive il professor Bruce O’Brien) si convertì dall’episcopalismo al cattolicesimo.
La sua conversione fu facilitata da una visione di tolleranza e forza: “perché, in gran parte, l’arcidiocesi di Baltimora aveva chiuso volontariamente le sue scuole, senza un ordine del tribunale”. Egli vedeva una Chiesa Cattolica intrinsecamente morale, che avrebbe potuto essere un faro luminoso contro l’intolleranza e che poteva fare da guida in altre battaglie per l’uguaglianza in un Paese in cui questo tipo di sensibilità stava cambiando molto velocemente.
Molti, comunque, vedevano – e vedono – il libro come un’opportunità per una resa dei conti: dare alla Chiesa l’opportunità di accogliere la comunità gay. Come ha detto al suo funerale la sorella Patricia: “L’amore di Jeb per Dio era la forza propulsiva della sua vita e la passione dietro al suo lavoro. Non lo faceva per scuotere il mondo omosessuale, ma piuttosto per includere il mondo gay nell’amore di Cristo […] far conoscere a tutti il potere spaventoso di quell’amore, la sua natura selvaggia, la sua ‘non docilità'”.
Cristianesimo, tolleranza, omosessualità: la Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo è un viaggio di 442 pagine in un millennio di storia gay. Argomentato con ricerche inesauribili, va da Paese a Paese, da un caso specifico all’altro, tratteggiando l’amore tra uomini ben precisi e generalizzando casi di società in cui il sesso tra gli uomini era piuttosto normalizzato.
Boswell passò del tempo investigando la relazione tra Ausonio, un poeta romano del IV secolo che viveva a Bordeaux, in Francia, ed il suo allievo Paolino, più tardi vescovo di Nola. È impossibile dire se la relazione fosse fisica: l’affetto appassionato che hanno l’uno per l’altro sembra trascendere la solita amicizia platonica.
In qualunque mondo mi troverò,
Ti terrò forte
Innestato nel mio essere
Non diviso da rive o soli lontani.
Ovunque sarai con me
Vedrò con il cuore
E ti abbraccerò con il mio spirito amorevole.
“Non sarebbe storicamente accurato suggerire un esatto parallelismo tra questo tipo di relazioni e quelle moderne, come non lo è paragonare il matrimonio medievale alla sua moderna controparte” scrive Boswell. Ma l’idea che il concetto di amicizia sia semplicemente cambiato gli suonava falsa, specialmente dato che, in molte società antiche, l’omosessualità era normale, e come tale poteva fare parte di un’amicizia convenzionale: “Gli amici della stesso sesso avevano mutuato dal vocabolario standard dell’amore omosessuale i termini erotici per esprimere dei loro sentimenti” scrive.
Nello stesso periodo, sant’Agostino descriveva un’amicizia così: “Sentivo che la mia anima e la sua erano una in due corpi, perciò per me la vita era orribile, perché non volevo vivere a metà; eppure avevo anche paura di morire, per timore che lui, che avevo tanto amato, morisse”. Altrove, comunque, afferma di aver “contaminato la sorgente dell’amicizia con la macchia della concupiscenza e di averla resa buia con l’oscurità del desiderio”, e non intendeva denigrare nello specifico il desiderio omosessuale, ma la sessualità in generale.
Boswell descrive come san Giovanni Crisostomo visitò, nello stesso periodo, Antiochia, a volte definita “la culla del cristianesimo”, un’antica città greco-romana in quella che oggi è la Turchia. Crisostomo si stupì di vedere i cittadini maschi “frequentare” non prostitute, ma farlo “senza vergogna” tra loro.
Boswell cita: “I padri dei giovani lo vivono senza clamore: non tentano di sequestrare i loro figli, e non cercano alcun rimedio a questa malvagità. Nessuno se ne vergogna, nessuno ne arrossisce, ma piuttosto sono orgogliosi di questo loro giochetto; le persone caste passano per strane, e così la disapprovazione per quelli nell’errore”.
All’inizio del cristianesimo, in ogni città, Crisostomo nota come l’omosessualità sia molto comune e talmente accettata che “c’è pericolo che le donne, con i giovani uomini che soddisfano tutti i propri bisogni tra loro come si fa con queste, in futuro, non siano più necessarie”.
Boswell ha mostrato moltissimi esempi di amore e sesso omosessuali a partire dalla nascita del cristianesimo, e nel corso di almeno un millennio. Sottolinea che ci furono leggi occasionali contro questo fenomeno, ma solitamente non erano religiose, bensì civili, e che gli atti omosessuali erano multati per riempire le casse dell’erario.
Comunque, spesso le persone multate per questo motivo non erano normali membri della società, ma vescovi e chierici: “I registri ecclesiastici, invece, solitamente non prevedevano alcuna sanzione, e dove era prevista, si trattava di una pena molto lieve” scrive. Durante il pontificato di Gregorio II, ad esempio, il sesso lesbico era punito con 160 giorni di digiuno, da scontarsi con le stesse modalità della quaresima. Un prete sorpreso a cacciare, invece, doveva digiunare per ben tre anni.
Negli anni ’80, in un periodo in cui c’erano leggi anti-sodomia in parecchi Stati americani, il libro fu una bomba, specialmente per i cattolici. In quel momento gli Stati Uniti avevano ancora un sacco di pregiudizi, e c’era un’omofobia estrema.
Nel 1978 il politico Harvey Milk, apertamente gay, era stato assassinato a San Francisco; un anno prima c’era stata l’opposizione organizzata di Anita Bryant contro i diritti gay, con la sua retorica del salvataggio dei bambini dal “reclutamento” omosessuale.
Gli studi queer, negli insegnamenti accademici, rimanevano di nicchia: il Lesbian and Gay Studies Center di Yale, che Boswell contribuì a fondare, diventò degno di nota solo alla fine degli anni ’80.
* Sono un’ex autrice di Atlas Obscura, e oggi ne sono una fan. Cercatemi su Twitter e sul mio sito personale.
Testo originale: A Modern Controversy Over Ancient Homosexuality