Karen e padre Stefan: “Il celibato obbligatorio nella chiesa sostiene un sistema basato sull’ipocrisia”
Riflessioni di Karin Iten* e padre Stefan Loppacher** pubblicate sul portale cattolico Kath.ch (Svizzera) il 2 dicembre 2021, liberamente tradotte da Gabriella Di Tullio
Attualmente Parigi non ha un arcivescovo. I retroscena delle dimissioni sono confusi, è chiaro però che la Chiesa Cattolica non ha un atteggiamento sereno nei riguardi del sesso, dell’omosessualità e delle donne. Karin Iten e Stefan Loppacher, responsabili della prevenzione della diocesi di Coira (Svizzera), chiedono un dialogo sincero.
Ancora oggi la Chiesa, in quanto autorità mandata dal Cielo, si arroga il diritto di spingersi nelle sfere più sensibili dell’uomo, nella sua coscienza, nelle sue emozioni e nella sua sessualità. Nei racconti delle vittime di abusi è evidente il dominio esercitato dai rappresentanti della Chiesa, e il loro potere opprimente sui pensieri e i sentimenti delle vittime. Pertanto si attribuisce agli abusatori «la capacità di poter definire i peccati […], un potere immenso sulle vittime, spesso legato specificamente al sesso». (Haslbeck et al. 2020).
La sacralizzazione dell’autorità maschile
Le violazioni e gli abusi vengono occultati con argomentazioni religiose. La sacralizzazione dell’autorità maschile, e la morale sessuale lontana dalla realtà, sono una miscela tossica che porta a tacere e a nascondere. Per questo motivo, il lavoro di prevenzione deve esaminare i punti focali della morale sessuale, e anche incoraggiare alla riflessione e al dialogo.
La sessualità fa parte della sfera più intima della persona, e in questo siamo vulnerabili. L’immagine della Chiesa come autorità che ha il diritto esclusivo di definire cosa sia una sessualità dignitosa e gradita a Dio si rivela essere una enorme sopravvalutazione del proprio valore.
Volontà divina?
In questa visione limitata sono stati, e vengono tuttora ignorati, i dati della biologia, della medicina e della psicologia degli ultimi 150 anni. Le argomentazioni della morale sessuale del Magistero si basano ancora oggi su una comprensione premoderna della sessualità e sulle conoscenze mediche che vanno dall’epoca antica all’illuminismo (cfr. Angenedt 2015).
La pretesa di avere una competenza esclusiva sulle questioni sessuali viene mantenuta con disinvoltura, le lacune scientifiche vengono nascoste dietro una (presunta) volontà divina, o camuffate con passi biblici estrapolati dal contesto. Per Klaus Mertes, scambiare la propria voce con la voce di Dio è una caratteristica decisiva dell’abuso spirituale. (cfr. Mertes 2017).
Il diritto all’autodeterminazione sessuale
La legittimazione «divina» porta all’immunizzazione e all’inviolabilità, e crea il terreno ideale per l’abuso, soprattutto quando la «parola di Dio» viene spacciata per una sorta di sapere occulto di un gruppo elitario (ad esempio, clericale). Così tutto si tinge di devozione: «Sembra che non siano certe persone che vogliono costringermi ad accettare le loro idee, ma Dio stesso. Non rimane spazio per l’obiezione» (Herder Thema 2020).
La prevenzione si fonda, però, sul diritto all’autodeterminazione sessuale, e implica il coerente abbandono della mentalità di dominio. Il potere di definire la propria sessualità non può essere rivendicato da un’istituzione: è nelle mani delle persone, che fondano in autonomia, e nella modalità della comprensione – su un piano di parità e nel rispetto reciproco (morale consensuale) – la loro sessualità comune.
La discriminazione lascia senza parole
Un altro punto focale è l’umiliazione delle persone basata sul sesso e l’orientamento sessuale. La Chiesa deve affrontare un passato oscuro a riguardo. Il suo rapporto con l’omosessualità, ad esempio, ha creato un duraturo senso di colpa, che tuttora crea sofferenza.
Occorre rivedere costantemente le narrazioni obsolete (ad esempio «amore tra ragazzi» = omosessualità), che hanno creato il fondamento ideologico per la discriminazione.
La pedofilia, in totale contrasto con l’omosessualità, è diagnosticata nella classificazione internazionale delle malattie (ICD) come un disturbo della preferenza sessuale, e non ha assolutamente niente in comune con l’omosessualità.
«L’evidente nichilismo delle esperienze umane»
Ogni tipo di confusione è inammissibile. Ancora oggi la Chiesa Cattolica definisce l’omosessualità come «una violazione della legge naturale», e quindi si appropria con sfacciata «deformazione professionale» della parola «naturale». La scienza smentisce chiaramente che soltanto l’eterosessualità sia «naturale».
La biologia evolutiva attribuisce alla fluidità sessuale un valore essenziale per la specie umana, per via della sua funzione relazionale nei gruppi sociali (cfr. vgl. van Schaik et al. 2020).
Persino alcuni teologi morali definiscono l’eteronormatività come «l’evidente nichilismo delle esperienze umane» (Breitsameter et al. 2020). Secondo le statistiche, tra il 3% e il 10% della popolazione è omosessuale. Su 1,3 miliardi di cattolici, parliamo di 40-130 milioni di persone che la Chiesa ha collocato fuori dal progetto della natura, privandoli quindi della loro dignità e parola.
La doppia morale crea ambiguità
Allo stesso tempo ampie ricerche, come quella del sociologo Frédéric Martel, mostrano che una parte considerevole degli ecclesiastici ai vertici della Chiesa è omosessuale (cfr. Martel, 2019). Secondo un’ipotesi, il celibato attirava gli uomini gay al sacerdozio, perché così potevano camuffarsi in una società omofoba.
Questo rivela l’ambiguità e la doppia morale della Chiesa, che crea divisioni profonde tra le persone che vivono al suo interno. Un meccanismo misantropo contraddittorio, che distrugge interiormente le persone. Le doppie vite non sono solo tragedie umane, ma rendono le persone vulnerabili al ricatto, e allo stesso tempo favoriscono la discrezione e la segretezza in caso di violenza sessuale.
L’odio per l’omosessualità
Martel mostra come in questo modo si fonda un mondo immaginario che funziona come un circolo vizioso, rafforzando ancora di più l’odio per l’omosessualità. La Chiesa potrà prevenire le violenze in modo credibile solo se eviterà messaggi ambigui, se si darà l’obiettivo complementare di riabilitare le persone omosessuali in modo coerente, e se prenderà costantemente le distanze da tutte le forme di discriminazione.
Questo vale a livello intersezionale, vale a dire anche per la discriminazione in base al sesso. La disparità di valore, o meglio, la mancanza di potere delle donne, viene ancora una volta legittimata come «ordine divino». La ricerca antropologica e storico-culturale sull’Homo Sapiens evidenzia però che il patriarcato è emerso solo nel corso della rivoluzione neolitica (10.000 anni fa al massimo), e quindi è condizionato culturalmente, non è affatto naturale o eternamente «voluto da Dio» (cfr. van Schaik et al. 2020). Dopo tutto, l’Homo sapiens è sulla Terra da 300.000 anni, la specie umana, invece, da due milioni di anni.
L’ideale della castità rafforza i tabù
La visione critica della morale sessuale non deve eludere l’eredità di Agostino (cfr. Schockenhoff 2021), il quale ci ha lasciato in eredità un’immagine cupa del desiderio sessuale. Il «desiderio della carne» era considerato come scandaloso, impuro, addirittura come vizio indegno dell’attività intellettuale. Persino nel matrimonio è stata favorita la mancanza di passione, e la sessualità veniva usata esclusivamente con lo scopo della riproduzione.
Tutto questo è sfociato nei voti di castità prima del matrimonio, a cui tuttora i giovani vengono spinti nei movimenti di tipo carismatico, e questo va considerato come un abuso (cfr. Mertes 2021). I «voti di castità» creano sensi di vergogna e di colpa, e indeboliscono gli sforzi per prevenire gli abusi.
L’obbligo del celibato crea castelli di menzogne
Una sessualità appagante e matura implica anche il processo di apprendimento attraverso la pratica. La disciplina della sessualità culminava con l’ideale del celibato, e di conseguenza, con l’obbligo del celibato: la totale astinenza diventa una virtù.
La sessualità, tuttavia, è una forte linfa vitale che non può essere eliminata con la razionalizzazione. Oltre alla funzione riproduttiva, essa esprime il piacere, il legame e l’identità. Gli studi in materia partono dal presupposto che solo l’1% delle persone è asessuale (cfr. Bogaert 2004): per tutte le altre, la sublimazione dei bisogni sessuali equivale a una lotta con il proprio Io.
Ammettere di non essere all’altezza di un voto pronunciato davanti a Dio, o delle aspettative della propria datrice di lavoro [la Chiesa] non è semplice, tanto più se si dipende da un certo progetto di vita. Ogni «fallimento» provoca vergogna, anche quando il soggetto non ha colpe, ed è vittima del sistema. Con l’obbligo del celibato la Chiesa si impone come unica istituzione al di sopra dei diritti umani e sessuali dei suoi collaboratori.
Il sistema dell’ipocrisia
I sacerdoti sono sotto pressione per mantenere il segreto, sono pieni di sensi di colpa, vengono lasciati soli e tacciono. Questa dinamica tossica, da un lato è a forte rischio di provocare danni alla salute, dall’altro è un approccio rigido che rende i sacerdoti inclini alla violenza sessuale nell’ambito della cura d’anime e pastorale. Sicuramente l’obbligo del celibato non è l’unica causa della violenza come valvola di sfogo degli istinti insoddisfatti.
La violenza sessuale non è un atto istintivo, ma si crea attraverso la manipolazione. Ora, l’obbligo del celibato crea un sistema d’ipocrisia, un castello di menzogne, dietro alla cui facciata casta si nascondono persone sole e in difficoltà. La prevenzione, però, ha bisogno di un dialogo sincero. Per questo, occorre essere tutti responsabili.
* Karin Iten ha studiato scienze naturali e ambientali presso il Politecnico Federale di Zurigo (ETH). È stata a lungo direttrice di Limita, organismo di prevenzione dello sfruttamento sessuale. Attualmente è incaricata della prevenzione dello sfruttamento sessuale presso la Diocesi di Coira ed è co-direttrice del nuovo ufficio della commissione di esperti in “Abusi sessuali in ambito ecclesiale” della Conferenza Episcopale Svizzera.
** Padre Stefan Loppacher ha conseguito il dottorato in diritto canonico, ha studiato presso la facoltà di teologia a Coira e ha svolto una ricerca a Roma nell’ambito della “Procedura penale ecclesiastica e abuso sessuale sui minori”. È incaricato della prevenzione presso la Diocesi di Coira, giudice presso il Tribunale diocesano della Diocesi di Coira a Zurigo, e co-direttore del nuovo Ufficio della Commissione di esperti in “Abusi sessuali in ambito ecclesiale” della Conferenza Episcopale Svizzera.
Testo originale: «Der Pflichtzölibat stützt ein System der Scheinheiligkeit»