Gregory Woods: “la letteratura gay ha liberato il nostro mondo”
Dialogo di Katya Parente con il poeta Gregory Woods
Gregory Woods è poeta ed accademico – ha occupato la cattedra di Gay and Lesbian Studies alla Nottingham Trent University dal 1998 al 2013, e per un po’ ha insegnato anche nel nostro Paese, traendone spunto per una sua raccolta di liriche. Ma andiamo per ordine.
Innanzitutto, perché il suo interesse per il mondo queer?
Come secchione gay, mi sembra di essere interessato da sempre alla relazione tra libri e omosessualità. È un argomento a cui ho iniziato a pensare mentre ero alle superiori (stavo leggendo Thomas Mann, James Baldwin e i classici a cui ci aveva introdotto il programma scolastico, principalmente Catullo), e ho provato a scriverne durante gli esami.
All’università ho approfondito la letteratura gay ogni qualvolta fosse necessaria per i corsi che stavo seguendo, e per il mio master scrissi una tesi sull’autore americano William S. Burroughs.
Quindi scrissi la tesi di dottorato sull’omoerotismo maschile nella poesia inglese ed americana. La finii mentre insegnavo in Italia all’Università di Salerno, tra il 1980 e il 1984. Alla fine il libro sarebbe stato pubblicato dalla Yale University Press.
Lei è un autore molto prolifico. Qual è il libro a cui è più legato?
Ho diverse ragioni per preferire libri diversi. Il primo di ogni tipo, saggio o poesia, a suo tempo ha avuto un’importanza particolare. Articulate Flesh (1987), il mio libro sulla poesia gay in lingua inglese, ora è considerato un classico, anche se per me era stato una sorta di primo passo – un tentativo, la versione corretta della mia tesi di dottorato, per cui avevo iniziato a fare ricerche un decennio prima. Diviso in ‘Themes’ e ‘Variations’, dà un’ampia prospettiva generale sui temi omoerotici nella poesia moderna, ed esamina poi in dettaglio gli stessi nell’opera di cinque poeti: D.H. Lawrence, Hart Crane, W.H. Auden, Allen Ginsberg e Thom Gunn.
La mia prima raccolta di poesie, We Have the Melon (1992), è probabilmente la più gioiosamente erotica, anche se pone domande eleganti e disincantate sulla natura del desiderio. Molto del materiale ivi contenuto è basato sulle esperienze e sugli stati d’animo provati nel Mezzogiorno: è così pieno di luce e di carne che brilla al sole!
Penso che il più influente dei miei libri sia A History of Gay Literature (1998). Adesso credo che abbia diversi difetti e limiti; ma credo anche che, quando è stato pubblicato, fosse l’opera di più ampio respiro del genere, il tipo di libro che avrei voluto fosse disponibile per me, lettore gay, quando ero adolescente. Molti giovani lettori mi hanno ringraziato, perché le sue pagine hanno aperto loro gli occhi sulla grande varietà di letteratura gay sviluppatasi all’interno di molte tradizioni culturali.
Uno dei suoi libri più recenti è “The Myth of the Last Taboo: Queer Subcultural Studies”. Perché gli studi queer costituirebbero un tabù? E soprattutto, perché definirli “sottoculturali”? Non sono – dovrebbero essere – cultura a pieno titolo?
Ogni cultura è fatta da una molteplicità di sottoculture. In questo libro parlo di quella gay e quella lesbica. Il titolo deriva da un saggio in cui analizzavo il tipico cliché giornalistico dell’“ultimo tabù” e la sua relazione con i cambiamenti negli standard morali negli ultimi quarant’anni nel Regno Unito.
Non c’è un “ultimo tabù”: quando uno è sdoganato, un altro prende il suo posto. L’armonia sociale dipende dall’esistenza di tabù, che tuttavia non ostacolano le libertà individuali.
Oltre ad essere un accademico è anche un poeta. Cosa vuol dire esprimere se stessi in versi?
C’è una relazione simbiotica tra il mio lavoro accademico e la mia poesia. Quando scrivo le mie liriche sono consapevole dei criteri in base ai quali valuto gli altri scrittori; e quando scrivo i miei saggi sono consapevole di quel che tento di fare con la mia poesia. Credo che, quando scrissi la mia History of Gay Literature (1998), stessi creando un canone nel quale il mio lavoro poetico si sentisse, per così dire, a proprio agio.
Non lo facevo consciamente, ma nel processo c’era una logica tanto emotiva quanto intellettuale. Nel mio io non posso separare poetica e critica.
Qualche suo libro verrà mai pubblicato in Italia?
Qualcuno in Italia deciderà mai di tradurre qualche mio libro? Non lo so. Mi piacerebbe pensare che i lettori italiani siano interessati al mio ultimo saggio Homintern: How Gay Culture Liberated the Modern World (2016) che parla dell’internazionalità della cultura gay e lesbica nel XX secolo.
Speriamo che la sua opera accademica e poetica possa essere presto fruibile in Italia – fanalino di coda in molte cose, tra cui i queer studies.
Per ora, per chi ha una buona conoscenza dell’inglese, le sue opere sono acquistabili sull’onnipresente Amazon. Buona lettura!