Il cammino del movimento LGBT dai moti di Stonewall ad oggi
Dialogo di Katya Parente con il professor Marc Stein
Storicamente si fa risalire la nascita del moderno movimento della liberazione omosessuale ai cosiddetti moti di Stonewall. E prima? C’era un substrato culturale che ha dato il la a tutto? Sembrerebbe di no, solo un gruppo di più o meno giovani LGBT stufi della continua ingerenza della Polizia, che impediva loro di passare qualche ora in santa pace senza sentirsi ghettizzati. Se la rivolta di Stonewall è stata in un certo senso estemporanea, non lo fu quello che ne seguì. Da individui queer si passò a sentirsi comunità, si iniziò un discorso di dignità e visibilità – un discorso politico.
Per saperne di più è con noi il professore Marc Stein, storico e docente alla San Francisco State University (ndr ed autore di diversi testi sul tema). Il suo campo di elezione comprende la politica e la legislazione statunitense (in particolar modo quella costituzionale), i movimenti sociali, l’identità di genere, il discorso etnico e quello sulla sessualità. Ci sembrava la persona perfetta per rispondere a qualche domanda e l’abbiamo invitato. Ecco che cosa ci ha detto.
Perché la rivoluzione queer ha avuto origine proprio a San Francisco e non altrove?
Veramente non sono sicuro che la rivoluzione sia nata a SF e non altrove, anche se sicuramente SF ha un’affascinante storia queer. Molte persone direbbero che la rivoluzione queer è iniziata a New York con i moti di Stonewall del 1969, sebbene, ovviamente, gli storici abbiano documentato due decenni di attivismo LGBT pre-Stonewall negli Stati Uniti (probabilmente iniziati nel sud, ma non nel nord della California), e un centinaio in Europa. Fatta questa premessa, nella seconda metà degli anni Sessanta a San Francisco c’erano segni rimarchevoli di radicalizzazione, compresi i moti della Compton’s Cafeteria del 1966 e molte dimostrazioni politiche del Committee for Homosexual Freedom nella prima metà del 1969. Perché SF?
La storica Nan Alamilla Boyd descrive SF come una “città molto aperta”, un luogo con una lunga storia di trasgressioni sessuali e di genere che risale ai secoli XVIII e XIX. La città, per molti decenni la più grande della West Coast, ha visto, nel corso della sua storia, ondate di repressione e di liberazione sessuale. Dopo la seconda guerra mondiale le comunità e, in genere, la cultura LGBT, continuarono a crescere, come anche i movimenti politici che lottavano per la liberazione e l’uguaglianza queer. Tutto questo fece di SF una delle capitali queer degli Stati Uniti.
I moti di Stonewall sono figli del ’68?
Parlando di ’68, credo tu intenda le ribellioni e le evoluzioni sociali, politiche, e culturali successe in molte parti del mondo. Se è così, la risposta è affermativa: credo che il ’68 abbia contribuito ai “Moti di Stonewall”. Le ribellioni e le rivoluzioni hanno portato le persone LGBT a riconsiderare il loro posto in società e ad agire in modi nuovi. Negli Stati Uniti è stato influente il movimento del Black Power, ma anche quello pacifista, quello della liberazione della donna e la controcultura.
Dovremmo ricordare, comunque, che il 1968 è stato anche un momento di repressione e reazione. Per esempio, negli Stati Uniti vennero assassinati il leader dei diritti civili Martin Luther King e il candidato alla presidenza Robert Kennedy, mentre il repubblicano Richard Nixon fu eletto presidente con una piattaforma conservatrice (un sistema di giustizia penale molto severo, specialmente in relazione ai crimini violenti e contro la proprietà).
Il mio libro sui moti di Stonewall (The Stonewall Riots: A Documentary History, NYU Press, 2019, 352 pagine, purtroppo non ancora disponibile in italiano) sostiene che le sollevazioni queer del 1969 potrebbero essere spiegate meglio pensando alle tensioni tra riforma e reazione (e ai conflitti tra elevate aspettative e profonde delusioni) che si verificarono nella seconda metà degli anni ’60.
Che eco hanno avuto i moti di Stonewall sul movimento gay internazionale?
Purtroppo non ho fatto abbastanza ricerche per poter rispondere nel dettaglio, ma sappiamo che Stonewall è servito da ispirazione per l’attivismo LGBT in molte parti del mondo. Nelle varie nazioni, parecchi gruppi usano “Stonewall” nei loro nomi, o hanno discusso sul suo significato; negli anni ’70 i nuovi gruppi presero come modelli i newyorkesl “Gay Liberation Front,” “Radicalesbians,” “Gay Activists Alliance,” “Third World Gay Revolution,” e “Queens Liberation Front.” Ci fu una nuova enfasi su “coming out” and “gay pride” in molte parti del globo.
Allo stesso tempo, ignoreremmo la lezione anti-colonialista e anti-imperialista di Stonewall se vedessimo negli sviluppi di New York l’unica fonte di tutto quelli che è successo altrove; lì l’attivismo queer ha avuto origini, ispirazioni, agende, aspirazioni molteplici.
San Francisco era la capitale della cultura beat. Che rapporto c’è, se esiste, tra quest’ultima e il movimento gay?
Bisogna tornare indietro nella storia di SF. La cultura beat si è sviluppata in parecchi luoghi. Il mio primo libro su Philadelphia mostra come abbia avuto influenza anche qui (City of Sisterly and Brotherly Loves: Lesbian and Gay Philadelphia, 1945-72, Chicago: Univ. of Chicago Press, 2000; 2nd edition with new preface, Philadelphia: Temple Univ. Press, 2004), ma come si evince dalla domanda, ha avuto un’importanza particolare negli anni ’50 a San Francisco.
Per rispondere alla domanda dovremmo riflettere su quel che intendiamo quando usiamo la parola “movimento”. I beats erano, in primo luogo, un movimento culturale che usava poesia, fiction, musica, arte, ed altri media per sfidare la società e liberare diversi tipi di impulsi e desideri. Penso al movimento gay di SF degli anni ’60 come composto da una rete di organizzazioni — la Mattachine Society, le Daughters of Bilitis, il Council on Religion and the Homosexual, la Society for Individual Rights, Vanguard, e il Committee for Homosexual Freedom — ognuna delle quali cercava di cambiare la società attraverso l’educazione, i media, la legge, e la politica.
I politici di Vanguard e il Committee for Homosexual Freedom furono decisamente influenzati dalla radicale politica liberatoria dei beats, mentre la Mattachine, le Daughters of Bilitis e il Council on Religion and the Homosexual avevano un orientamento molto più liberal riguardo i diritti civili.
Qual è l’eredità che ci ha lasciato quel periodo?
Penso dovremmo parlare non di una sola eredità, ma di molteplici eredità. Credo che oggi molte persone trovino ispirazione nella politica radicale dell’attivismo queer degli anni ’60 e ’70 — la sua enfasi sul genere e la liberazione sessuale, la sua coalizione con altri movimenti, le sue strategie di protesta militante. Allo stesso tempo, quegli anni ci hanno lasciato altre eredità, incluso il razzismo e il sessismo all’interno del movimento LGBT, il suo supporto a valori conservatori e tradizionali, il suo allineamento con il capitalismo, il colonialismo, il militarismo e il nazionalismo. Tutto questo costituisce un “passato utilizzabile” che può servire per i nostri scopi, ora e nel futuro.
Infatti: la conoscenza del passato è indispensabile per poter costruire il futuro. Sempre. E forse ancora di più per i gruppi marginali e minoritari quale la comunità LGBT: rafforza la coesione e il senso d’identità e ci rende meno vulnerabili a chi vorrebbe attaccarci sminuendo il nostro valore come esseri umani.