Kim e Jackson. Una storia di ordinaria omofobia in Uganda
Articolo pubblicato sul sito del mensile Têtu (Francia) il 11 ottobre 2014, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Giudicati per atti contro natura, Kim Mukisa e Jackson Mukasa subiscono oggi il rifiuto della società ugandese. Questo paese dell’Africa orientale era balzato alle cronache internazionali nel febbraio scorso per aver promulgato una legge contro l’omosessualità, che in seguito è stata annullata per motivi tecnici dalla Corte costituzionale. Questa legge inaspriva le leggi risalenti all’epoca coloniale, rendendo punibili con l’ergastolo chi è coinvolto in relazioni sessuali contro natura.
I due ragazzi non nascondono le loro preferenze sessuali, ma tutto si gioca sul non detto, le cose devono rimanere implicite in un paese bigotto, in cui gli omosessuali sono considerati come l’incarnazione del male dalle potenti chiese evangeliche. “Non posso dirlo a mio padre […] dire ‘Papà, mamma, io sono così ‘”spiega Jackson Mukasa. “Ci vogliono diversi da quello che siamo”.
Arrestati in gennaio, prima dell’approvazione della nuova legge contro l’omosessualità, Kim Mukisa e Jackson Mukasa sono giudicati colpevoli in base all’articolo 145 del Codice penale che riguarda i rapporti e le relazioni contro natura. Nessuno è mai stato condannato secondo i termini di questo articolo da quando è entrata in vigore la legge nel 1950, secondo il Forum per la promozione e sensibilizzazione dei diritti dell’uomo (HRPAF), una ONG che ha sede in Uganda. Il processo ai due uomini è stato rinviato a fine settembre.
“Non ci sono ne rapporti di polizia, né testimoni e ogni volta che andiamo in tribunale ci dicono che il procuratore è assente” spiega Fridah Mutesi, il loro avvocato. “Penso che [le accuse] possano cadere, o almeno lo spero…”
Seduti su un materasso in una stanzetta che contiene le poche cose che possiedono i due uomini si scambiano qualche sorriso complice, ma purtroppo sempre più raro dall’inizio dell’anno. “Siamo come fratelli, due ragazzi” spiega Jackson Mukasa, 20 anni, a casa sua, una stanza unica in una bidonville di Kampala. I due si sono incontrati in un bar un anno fa. Kim Mukisa, 25 anni, all’epoca aveva un negozio di vestiti e teneva il magazzino a casa sua. Quando Jackson voleva vestiti andava da Kim. “Abbiamo discusso molto, siamo diventati amici, poi fratelli” ricorda.
“Ricevevo molti ragazzi a casa, che venivano a provarsi i vestiti” ricorda Kim, spiegando come questo l’avesse reso sospetto agli occhi dei vicini. Sostengono di essere stati denunciati alla polizia da un ex amico, una denuncia obbligata, dato che la caccia alle streghe da parte dei vicini era già iniziata.
Verso le 6.45, all’inizio di gennaio, il capo del quartiere ha bussato alla porta di Kim, gli ha ingiunto di portare fuori le sue cose e di lasciare il proprio domicilio. “C’erano 4 persone armate di randelli” con i quali venne picchiato.
Arrestati, i due uomini sono stati obbligati a sottoporsi a degli esami medici, poi sono stati sbattuti in una sordida cella dove hanno trascorso 5 mesi “ammassati, vittime di violenze”, prima di essere stati liberati dietro cauzione. “Non potremo mai dimenticare, mai, di essere stati prigione” racconta Jackson. “È stata dura, estremamente dura.”
Ora che sono liberi, la loro vita quotidiana resta comunque dura. I loro volti sono stati mostrati sui giornali e in TV. Andare in giro per il quartiere non è cosa facile e hanno problemi economici. “Avevamo un po’ di cose, ma ormai non ci resta più nulla” spiega Kim.
“Quando usciamo per strada la gente ci segna a dito.” Receptionist in un hotel, Jackson è stato licenziato dopo l’arresto e non ha più trovato lavoro. Entrambi sono stati rinnegati dalle loro famiglie.
Pur non credendo che i deputati torneranno a votare la nuova legge contro l’omosessualità, i due ” fratelli” stanno ormai progettando di lasciare l’Uganda. “Ce ne andiamo, non ne posso più” spiega Kim. “Prevedo un avvenire migliore quando sarò fuori dal Paese” aggiunge Mukasa.
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Testo originale: Jackson et Kim, deux «frères» devant la justice ougandaise pour homosexualité