Obama e l’Africa ossessionata dal “complotto gay”
Considerazioni di Pier del 4 luglio 2013 pubblicate su Il grande colibrì
Il padre di Barack Obama è nato in Kenya, sulle rive del lago Vittoria, e per questo i kenioti considerano il presidente statunitense un po’ come il loro presidente: lo stimano, lo elogiano, lo considerano un esempio e una speranza. Per questo vedere che anche a Nairobi l’appello di Obama all’Africa per la depenalizzazione dell’omosessualità è rimasto inascoltato – e, peggio, è stato pesantemente rigettato – è un segnale pesante di fallimento. William Ruto, vice-presidente cattolico dello stato africano indagato per crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale, ha liquidato la questione con poche e sbrigative parole: “Se altri credono in altre cose, sono affari loro. Noi crediamo in Dio”.
Più duri sono stati i rappresentanti religiosi, tanto cristiani quanto musulmani. Ad esempio, Juma Ngao, direttore del Consiglio consultivo nazionale musulmano del Kenya, ha detto: “Gli atti incoraggiati da Obama e dalla Corte americana non sono appoggiati da nessun libro di Dio. Queste cose non le fanno neppure gli animali o gli insetti”. Ngao ha invitato Obama a chiedere per i gay e le lesbiche non diritti, ma centri di riabilitazione: “Queste persone sono malate e hanno bisogno di aiuto psicologico prima che la situazione sfugga di mano”. Intanto la stampa keniota si scatena contro presunti tentativi della comunità LGBT di prendere il controllo del paese. Il complottismo paranoico dei giornali è talmente esasperato che potrebbe far sorridere, se non fosse che mette a rischio la vita di numerose persone.
Per Standard, ad esempio, le iniziative per il sesso sicuro sarebbero “uno dei modi con cui la comunità gay sta facendo pressioni per aumentare la propria influenza a livello locale”. In un articolo di The Nairobian, ripreso sempre da Standard, si racconta come gli omosessuali, dopo aver preso il controllo dell’arte, dello spettacolo e dello sport, starebbero infiltrandosi sempre di più nel governo, nelle chiese e nell’esercito, con un obiettivo ben preciso: stanchi di essere discriminati, vorrebbero imporre la “eterofobia” e iniziare a discriminare gli eterosessuali. Il gigantesco ed improbabile complotto viene definito come una “aggressione” alla società. Paradossalmente, però, lo stesso articolo cita come unico esempio di violenza le bastonate ricevute a Kiambu da una coppia gay sorpresa a fare sesso in un’automobile…
Se politici e giornalisti kenioti frenano comunque un po’ la propria indignazione nei confronti dell’amato Obama, il presidente USA è ancora più duramente contestato in altre parti del continente. Ad esempio, uno dei più famosi musicisti ugandesi, Robert Ssentamu Kyagulanyi, in arte Bobi Wine, ha ricevuto moltissimi plausi per la nota pubblicata (e ora rimossa) sul suo profilo Facebook: “E così Obama viene in Africa con sua moglie e le sue figlie per promuovere l’omosessualità? Con tutti i problemi di malaria, AIDS, povertà, regimi dittatoriali, traffico di esseri umani e schiavitù moderna, sceglie di venire a combattere contro l’unità fondamentale della società, la famiglia. Che vergogna! Obama, puoi essere un frocio e un ipocrita, ma per favore stai lontano dai nostri bambini, dalla nostra morale e dalla nostra cultura…”.
Lo stesso concetto è ripetuto negli editoriali di molti giornali africani. Un commentatore di GhanaWeb, ad esempio, scrive: “Qui in Africa siamo guidati da una legge naturale che è responsabile, rispettabile e anche approvata da Dio. Chiedo all’Unione Africa di dire in faccia ad Obama che disapproviamo i suoi abbai e che condanniamo la sua posizione sulle coppie omosessuali. Dobbiamo insegnargli alcuni valori della terra di suo padre”. Proprio in questi giorni Emmanuel Martey, moderatore della Chiesa presbiteriana del Ghana, sconvolta dallo scandalo dei presunti abusi omosessuali del reverendo Kingsford Kusi-Kyere, ha definito l’omosessualità come “l’agenda mortale di Satana” e ha sostenuto che gli omosessuali di tutto il mondo starebbero facendo convergere le proprie forze contro il Ghana.
L’assedio da parte della comunità LGBT è un vero e proprio topos giornalistico dei media africani. In Etiopia, ad esempio, un articolo di Yegna Press, ripreso da Gay Star News, non solo sostiene che l’omosessualità sarebbe un male curabile, ma illustra anche le presunte tattiche della “sporca cultura occidentale gay” per diffondere l’omosessualità e la prostituzione e per stuprare bambini e giovani in modo da infettarli con l’HIV. Tra qualche giorno verrà anche diffuso, grazie anche all’appoggio dei vertici ecclesiastici e governativi, un documentario su questo stesso assurdo tema dal titolo altrettanto assurdo: “Niente silenzio: l’atto satanico 666 dell’omosessualità in Etiopia”.
Intanto in Nigeria, mentre Navi Pillay, alto commissario ONU per i diritti umani, critica duramente la proposta di legge per inasprire pesantemente le pene contro le persone LGBT e contro chi le protegge, il ministro degli esteri Olugbenga Ashiru difende la criminalizzazione dell’omosessualità dalle pressioni occidentali: “Vogliono avere i diritti gay? Va bene, ma noi dobbiamo seguire la nostra tradizione. Che dire di chi vuole essere poligamo? In alcuni paesi una persona finisce in prigione se ha due mogli, ma qui è parte del nostro modo di vivere”.
E terminiamo questo triste giro d’Africa con la storia di Duduzile Zozo, ragazza lesbica di 26 anni che abitava con la madre a Thokoza, a sud di Johannesburg, in Sudafrica. E’ stata ritrovata senza vita e seminuda: i suoi assassini, prima di ucciderla, l’hanno brutalmente stuprata con uno scopino da water. Ogni sospetto indica che sia stata vittima di un crimine d’odio, motivato dal disprezzo per il suo orientamento sessuale.