L’amore non può fare scandalo. Una lettera sull’omosessualità per il Vescovo di Firenze
Articolo di Delia Vaccarello tratto da L’Unità del 12 settembre 2012, pag.18
L’amore non può fare scandalo. Una lettera aperta all’arcivescovo Giuseppe Betori è stata scritta da tre sacerdoti e da una suora e sarà inviata dopo il 16 settembre corredata delle firme di molti fedeli che frequentano quattro parrocchie toscane. Il tema riguarda il rapporto tra omosessualità e Chiesa cattolica. La lettera vuole aprire un dialogo a partire dalle posizioni espresse nel settimanale diocesano «Toscana oggi » che non trova in sintonia i firmatari.
Numerosi i temi toccati nella missiva dai religiosi, tra questi l’accento è messo sul concetto di persona omosessuale: «In questi ultimi anni è maturato un modo di comprendere l’omosessualità radicalmente diverso, che ormai, con varie sfaccettature, è accettato da quasi tutti. Si parla dell’omosessualità come di un elemento pervasivo della persona che la caratterizza nella sua profonda identità e le fa vivere la sessualità in modo “altro”», scrivono suor Stefania Baldini, don Fabio Masi, don Alessandro Santoro e don Giacomo Stinghi.
È proprio il concetto di persona uno dei cardini del ragionamento che viene trasformato in lettera aperta per dare un saggio «della diversità di posizioni che ci sono oggi di fronte a questo tema, nella riflessione laica e anche nelle Chiese». È tramontata l’idea più diffusa in passato, si sostiene, che l’omosessualità sia legata a «comportamenti» considerati un «vizio» delle persone etero.
La nuova concezione della omosessualità è anche supportata, oltre che dall’evidenza dello stile di vita di tante persone omosessuali, anche dalla scienza. «È importante che la Chiesa riconosca positivamente il cammino della scienza nella conoscenza dell’uomo e non dichiari verità assolute quelle che poi dovrà riconoscere errate, come è accaduto in passato – si legge nella lettera -.
Questi fatti ci inducono a vedere l’omosessualità in un orizzonte nuovo e ad affrontarla con uno sguardo morale diverso. Su questo tema la Bibbia non dice né poteva dire nulla, semplicemente perché non lo conosceva, così come non dice nulla sull’ecologia e sull’uso della bomba atomica».
Per quanto riguarda l’ interpretazione del Vecchio Testamento, «nella cultura biblica, come in tutta l’antichità, è totalmente assente l’idea di “persona omosessuale”, si parla solo di “comportamenti” e non di “condizione omosessuale”, ed è chiaro che vengono condannati non solo perché infecondi, ma anche in quanto legati alla violenza o alla prostituzione sacra».
Se dunque l’omosessualità moderna non può trovare spazio nella Bibbia, al contrario trova rilievo l’invito all’inclusione. «Compito della Chiesa è allargare le braccia, includere e non emarginare, amare le persone piuttosto che salvare i principi. Ha detto il Maestro: “Il Sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il Sabato”».
IL TEMA DELLA STERILITÀ
I religiosi, ancora, si soffermano sul concetto di sterilità dandone una lettura che travalica la biologia. «A proposito dell’essere sterili o fecondi, Gesù ha detto che il cuore che deve essere fecondo e Paolo dirà che si entra nel popolo di Dio per fede, non per diritto ereditario. Ma allora chi può onestamente definirsi fecondo? Chi può farsi giudice della fecondità altrui o della propria? La sterilità ci può colpire tutti». Di qui l’invito al rispetto e all’accoglienza. «Due persone che si amano non sono un attentato alla società né il tradimento del Vangelo. Gli scandali vanno cercati altrove».
È il desiderio di aprire il dialogo che ha animato i religiosi motivandoli a scrivere a Betori, come aveva spinto molti fedeli a scrivere al settimanale diocesano argomentando le proprie posizioni sul tema. Ne era venuto fuori uno scambio di lettere tra il direttore e i lettori e poi uno speciale. Adesso il dialogo si allarga e, in attesa di una risposta dell’arcivescovo, la lettera assume il valore della testimonianza.
«Rifacendosi da una parte a queste fonti bibliche e dall’altra all’esperienza umana che viviamo ogni giorno con queste persone, sentiamo evangelico e naturale accogliere in pienezza di comunione queste differenti forme di amore. Le sentiamo parte integrante del nostro cammino di comunità di fede e di vita, e con loro, così come con tutti gli altri, partecipiamo insieme alla Comunione sacramentale e comunitaria».