“L’esercito della salvezza”. Essere gay in Marocco
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Intervista di Samuel Zralos ad Abdellah Taïa tratta dal sito di Têtu (Francia), del 30 agosto 2013, liberamente tradotta da Domenico Afiero
Abdellah Taïa è un romanziere marocchino ed è il primo scrittore arabo musulmano ad aver dichiarato la sua omosessualità pubblicamente. Nasce a Rabat nel 1973 e vive in Francia. È autore di cinque romanzi per la casa editrice Editions du Seuil. Quest’anno ha adattato uno dei suoi primi romanzi, “L’esercito della salvezza” (ndt pubblicato in Italia nel 2010 da edizioni ISBN), per il cinema.
Il film, che dovrebbe uscire a gennaio 2014 in Francia, è stato selezionato per la Mostra di Venezia 2013 in occasione della settimana internazionale della critica e per il Toronto International Film Festival 2013 nella sezione “novità”. In occasione dell’uscita di una prima parte del film, Têtu.com ha intervistato lo scrittore marocchino.
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Di cosa parla il Suo film “L’esercito della salvezza”?
L’esercito della salvezza, tratto dal mio romanzo omonimo, è un film che tratta della vita di un giovane gay marocchino. Il film si divide in due parti. Nella prima, il giovane gay è adolescente a Casablanca e tenta di affrontare una realtà marocchina opaca, ricca di sesso, in cui ogni individuo libero, etero o gay, riesce difficilmente a trovare un proprio spazio.
Poi, dieci anni dopo, l’adolescente arriva a Ginevra per continuare gli studi: vaga per le strade, non ha un posto per dormire e, nel contempo, si rende conto che non è diventato libero, ovvero completamente libero, per il solo fatto di essere arrivato in Occidente. La strada da fare è ancora lunga per lui. L’eroe si chiama come me, Abdellah, ed è interpretato da Saïd Mrini, quindici anni, e dall’attore Karim Aït M’Hand, venticinque anni.
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Cosa l’ha spinta a produrre un’opera autobiografica?
In una creazione, tutto è autobiografico. Tutto proviene da una esperienza personale. Tutto passa attraverso il mio corpo e la mia anima. Ho un mondo che mi porto dentro, quello del Marocco povero e silenzioso in cui ho vissuto sino ai miei venticinque anni. Il mio scopo è quello di fare entrare questo mondo nei libri e, grazie a questo primo film, nel cinema. Si tratta di un mondo arabo, musulmano, africano, visto con gli occhi di un omosessuale, cioè di una persona che non esiste, non parla, non si ribella.
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Da dove viene questa voglia di passare dalla penna alla macchina da presa?
Il cinema è il mio primo sogno. Il mio primo progetto. Il mio primo desiderio. Volevo venire a Parigi per diventare regista. È una decisione serissima che ho preso a tredici anni. Ci è voluto molto tempo per arrivare ad una tale decisione.
Il tempo di sapere quello che volevo dire nel cinema, il tempo di avere una visione, un progetto cinematografico, e non soltanto una storia. Nella mia testa, libri o film, tutto si amalgama. Quello che conta è come trasformare le immagini intime in qualcosa di interessante, di vivo, di coerente, di poetico e di grande significato. Ma anche in qualcosa di politico. Per me creare e militare corrispondono proprio a ciò che ho appena finito di dire.
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Pensa che il Suo film possa uscire in Marocco? È importante per Lei?
È un film molto critico circa la società marocchina, ma ho vigilato, in tutte le fasi della sua realizzazione, perché il Marocco fosse rappresentato nel modo più corretto possibile, vale a dire nel modo più vero, più cristallino possibile. L’esercito della salvezza tratta di un giovane omosessuale marocchino che affronta il male e mostra anche come funziona, dall’interno, una famiglia marocchina.
Non vi è vittima in questo film. La solitudine, però, non solo per l’eroe del film, esiste dappertutto. Mi auguro davvero che questo film esca in Marocco. Deve proprio uscire in questo Paese. Gli omosessuali devono esistere un po’ di più in Marocco. Mi auguro che questo film aiuterà il Marocco a cambiare idea sugli omosessuali.
Testo originale: Abdellah Taïa : «J’espère que « L’armée du salut » aidera le Maroc à changer de regard sur les homosexuels»