I cristiani unitariani e la benedizione religiosa delle coppie gay
Riflessioni di Jean-Claude Barbier tratte dal bollettino Correspondance Unitarienne del febbraio 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Troppo spesso nell’approcciare un argomento ci si combatte a colpi di argomentazioni, che non mancano mai di cozzare l’una con l’altra. Dovremmo al contrario fare una buona cernita delle cose perché il dibattito possa guadagnare in chiarezza e possiamo avanzare passo passo, in totale serenità.
Diciamo prima di tutto che i cristiani unitariani si inseriscono nella tradizione protestante, per la quale è il Sindaco che sposa una coppia e non la Chiesa. La responsabilità infatti viene presa di fronte alla società civile e su un piano giuridico.
Spetta quindi ai parlamentari e non ai ministri di culto decidere che delle forme di unione coniugale siano o meno legali in un determinato Paese.
Solamente dopo, su domanda dei novelli sposi, la Chiesa benedice la coppia nel contesto di un’azione di grazia (rendere grazie a Dio). Il “matrimonio religioso” non è quindi un doppione del primo né la sua riproduzione fatta sotto lo sguardo di Dio. Non siamo più in un regime teocratico e Dio non è un legislatore! E non siamo nemmeno più in un regime clericale. [In Francia n.d.t.] le coppie che entrano in chiesa sono già sposate!
In rapporto a Dio, la Chiesa cattolica esige l’indissolubilità della coppia e rifiuta il divorzio. In questo modo perpetua la finzione del matrimonio fatto in chiesa. Per i protestanti gli sposi ricevono una semplice benedizione nuziale e non un “sacramento del matrimonio”.
Numerose coppie sposate civilmente provano il bisogno di una cerimonia religiosa per meglio condividere la loro gioia con parenti e amici, per testimoniare dell’importanza che annettono alla loro avventura a due, per ringraziare Dio della felicità della vita. Dobbiamo allora essere presenti al loro fianco, a casa loro con una festa in famiglia o in un luogo di culto, tenendo conto del loro itinerario e dei sentimenti religiosi o filosofici del loro ambiente.
Ecco cosa intendiamo per accompagnamento spirituale. Il soggetto religioso non impone delle norme aprioristiche né la sua teologia, ma si adatta alla situazione e aiuta ad esprimersi le persone interessate. Conserva comunque la libertà di dire di no se il progetto non gli sembra accettabile e di orientare la coppia verso un’altra persona o comunità che possa approvarlo.
Spetta a ciascuno prendersi le proprie responsabilità se sollecitato da una coppia e aiutare nell’organizzazione della cerimonia religiosa o spirituale. La prossima assemblea generale dell’AFCU discuterà se si potrà fare, anche a nome della nostra comunità di cristiani unitariani.
Altra questione: bisogna benedire la coppia come nella tradizione clericale? Certamente sì se la coppia lo richiede e ne avverte il bisogno, ma si può pensare anche che la grazia di Dio è data a tutti senza bisogno dell’intermediazione di un ministro di culto che agisce a nome di una Chiesa. Dio è abbastanza Grande per dare da solo le sue benedizioni! Invece i genitori presenti o altre persone anziane e sagge potrebbero essere sollecitate a concedere la loro benedizione, rinnovando la grande tradizione biblica.
Più in generale la questione si pone per tutte le cerimonie che segnano le tappe della nostra vita: la nascita (la “presentazione al tempio”), il battesimo o l’impegno in una comunità, il matrimonio, il funerale.
Quanto all’adozione dei bambini da parte delle coppie omosessuali, ognuno può avere la sua opinione su questo argomento controverso. Anche qui la decisione non spetta alle religioni ma ai nostri parlamentari. Non cerchiamo quindi, all’interno delle nostre comunità religiose, di prendere posizione su ogni cosa, sia in senso conservatore (il clericalismo di destra) o progressista (il clericalismo di sinistra) e rispettiamo la libertà di pensiero degli uni e degli altri.
L’accompagnamento spirituale non equivale a un’approvazione, ma semplicemente a una presenza empatica, un aiuto a esprimersi, un invito alla meditazione e alla lode a Dio.
Le Actualités unitariennes [organo dell’AFCU n.d.t.] si sono mostrate discrete sulla questione del “matrimonio per tutti”, per le seguenti ragioni: in una società democratica è normale che ci siano interessi diversi e quindi dei dibattiti contraddittori: questo è il campo della politica. Le argomentazioni volano alte o basse ma in alcun caso bisogna demonizzare chi è dall’altra parte. Se le cose fossero evidenti come alcuni da tutte e due le parti affermano, non ci sarebbe dibattito!
Da una parte e dall’altra ci sono degli argomenti molto seri da prendere in considerazione. In quanto animatore di un movimento religioso devo restare al di fuori di ogni polemica perché le opinioni sono trasversali a tutte le comunità religiose, compresa la nostra. E poi penso che il ruolo delle comunità sia di prevedere un’accoglienza spirituale delle coppie; è il loro ruolo preciso, questo ci si aspetta da loro. Spetterà all’AFCU decidere in proposito, in occasione della prossima assemblea generale.
La riflessione è già molto avanzata. A ciascuno le sue responsabilità. Nella tradizione unitariana noi lasciamo a ognuno la libertà delle sue opinioni personali, ma allo stesso modo nessuno deve fare pressione sulla sua comunità religiosa perché ratifichi le sue scelte personali. I dibattiti si possono invece fare a livello dei movimenti.
Testo originale: Le mariage homosexuel