La chiamata di Dio all’amore per me, lesbica e cristiana
Testimonianza di Gloria letta nella Veglia di preghiera per il superamento della violenza dell’omotransbifobia nella parrocchia di San Gaetano di Bologna il 24 maggio 2024
“Siate forti, fatevi animo, non temete e non vi spaventate di loro, perché il Signore, tuo Dio, cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà” (Deuteronomio 31:6)
Sono Gloria, ho 30 anni e lavoro in un collegio di merito qui a Bologna. Due anni fa, quando mi sono laureata, in una lettera indirizzata ai miei amici ho scritto queste parole: “Ho sempre avuto terrore della libertà. Chi me lo fa fare di rischiare di sbagliare? Più comodo il porto, più semplice delegare la responsabilità della mia vita a regole già scritte, a una serie ordinata e convincente di risposte, che però mancano sempre le mie domande”.
Ed è vero, la libertà mi ha sempre fatto terrore, specialmente quando a 18 anni realizzai per la prima volta che amavo le ragazze. Volevo che me la strappassero di dosso, questa cosa, perché avevo paura che mi portasse nel baratro, nell’infelicità eterna. Tentazione e libertà, sin dall’inizio, erano due concetti legati a doppio filo: usa la tua libertà male, e cadrai nella tentazione.
E’ così che ho vissuto 10 anni, dal 2012 al 2022, a combattere contro questo modo di amare che mi ero ritrovata addosso, a combattere con i volti di donna che incrociavo, a sperare di non innamorarmi per far piacere a Dio, per dar Gloria a Dio.
Avrei voluto essere semplicemente schiava di Dio, obbligata senza libero arbitrio a fare ciò che è Bene. E nello stesso tempo mi faceva rabbia, perché mi sembrava di dover lottare contro la mia inclinazione naturale verso le ragazze.
Avevo interiorizzato il messaggio che il mio amore era diverso, eppure non notavo differenze tra il modo in cui mi innamoravo io e quello dei miei amici eterosessuali; avevo imparato che il mio amore era possessivo ed egocentrico, eppure ero io quella che continuava ad allenarsi a lasciare andare le ragazze, in nome di Dio.
Mi è costato fatica vivere così: mi è costato attacchi d’ansia, fobie intense, un’autostima sotto i piedi.
La brava ragazza, da sempre rispettosa delle regole e dell’autorità, era entrata in crisi. Il primo sentimento che ho provato, a 18 anni, (dico una parola un po’ forte ma si trattava effettivamente di questo) il primo sentimento è stato lo schifo verso me stessa.
Passata dalle Marche a Siena, dove ho fatto la triennale, questo sentimento si è trasformato mano a mano in rassegnazione: sono così, non ci posso fare niente, me lo devo far andare bene. A 23 anni sono ritornata nelle Marche e lentamente la rassegnazione si è trasformata in un’accettazione più serena, ma non priva di contraddizioni e domande: questo perché davanti ai rappresentanti della Chiesa, anche quelli più aperti, avevo sempre percepito un “ma” un “però”. “Tu, Gloria, ami come tutti, però non puoi vivere in coppia”. “Sì l’amore viene da Dio, ma le donne le lascerai sempre andare”.
Me l’avevano detto all’inizio del mio percorso, con tutta la compassione e la sensibilità del mondo, eppure in me suonavano comunque la richiesta di un sacrificio obbligatorio. Le avevo interiorizzate così tanto, ad un certo punto, che la vera omofobia contro cui per anni mi sono scontrata, e arresa, era la mia stessa.
Carica di tutta questa fatica, a 25 anni sono finalmente arrivata a Bologna (era il 2018), dove dall’accettazione sono passata all’ultima fase, la liberazione.
Qui due fatti mi hanno cambiato la vita: il primo, quando ho conosciuto un prete di Comunione e Liberazione un po’ sui generis, di 70 anni, mezzo sordo e mezzo cieco, insomma l’ultimo da cui mi sembrava potessi aspettarmi parole di liberazione.
Proprio quel prete invece aprì un’ipotesi nuova nella mia vita: di fronte a me che mi lamentavo con lui di una ragazza che mi piaceva in quel periodo, mi disse queste parole: «qual è la cosa più naturale che fa una persona quando è innamorata? Corteggia la persona amata! Tu corteggiala, e se l’amerai liberamente vedrai che lei se ne accorgerà, e solo da questa libertà lei sarà attratta».
Eccola di nuovo, la libertà di cui mi si chiedeva di non aver paura: ma stavolta non era una libertà come me l’ero immaginata io, cioè che dovevo usare per rinunciare e sacrificare una parte di me; lui mi proponeva una libertà bella, la libertà di chi si gode la vita senza paura, perché qualsiasi cosa avrei scelto lui era certo che c’è un Padre che cammina con me. Per me è stato rivoluzionario.
Il secondo fatto decisivo è stato quando ho dovuto convivere per qualche settimana con una ragazza che mi piaceva, condividendo la quotidianità più banale: le lavatrici da fare, le cene da prepararci, i film sul divano, le parole crociate: in quel mese ho vissuto una pienezza di cui non mi credevo più capace da tanto tempo; lì ho aperto definitivamente gli occhi e mi sono resa conto di un fatto semplicissimo: io volevo questa stessa quotidianità, fianco a fianco di una donna, per tutta la vita. Volevo questo tipo di vita, con una che mi amasse, che amasse proprio me, come io amavo lei.
Ho pianto, ma questa volta di gioia, perché mi si era reso palese che questa è la chiamata di Dio per me, cioè una «chiamata all’amore», che mi calzava perfettamente, che mi faceva dire: «sì, questa cosa è fatta per me».
A quel punto ho guardato indietro, a tutta la mia storia, e ho scoperto che Dio mi sorrideva proprio lì, in quella circostanza – la relazione intima e quotidiana con un’altra ragazza – da cui io avevo provato a scappare per quasi 10 anni, perché la trattavo come una tentazione.
Lui insisteva a bussare nella mia vita proprio da quella porta che volevo tenere chiusa.
È stato quello il giorno in cui ho gettato le armi e ho finalmente iniziato a trattare il mio modo di amare come un amico, anziché un nemico da combattere. Lui era lì dentro, non dovevo più avere paura.
È stato ’inizio della liberazione.
Ciò che sono venuta a testimoniare io qui, oggi, è questa insistenza di Dio nella mia vita. Il fatto che per 10 anni ha camminato con me attraverso tanti volti di donna, non mi ha mollata un secondo, non mi ha abbandonata, fino a farmi arrendere alle sue vie, e finalmente permettermi di riposare.
Grazie.