La Chiesa cattolica ad Assisi come ha discusso di pastorale con le famiglie con figli LGBT
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Articolo di Maurizio Mistrali pubblicato sul mensile parrocchiale “Insieme” dell’Unità pastorale di Santa Maria degli Angeli di Reggio Emilia, dicembre 2016, pag. pag 14-15
Ad Assisi il 11-12-13 novembre scorso si è svolto il Convegno nazionale dell’ufficio famiglia della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) “Vi curerete di pastorale familiare”diretto ai sacerdoti e alle coppie di sposi responsabili degli uffici diocesani di pastorale familiare sulle sollecitazioni pastorali contenute nell’Esortazione post-sinodo Amoris Laetitia. Con un ricco programma articolato in interventi, relazioni, laboratori di condivisione, con l’intervento di diversi relatori tra i quali monsignor Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e Presidente della Commissione Episcopale per la famiglia; monsignor Mario Meini, vescovo di Fiesole e Vice Presidente della Cei; monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale di pastorale familiare della Cei.
Per la prima volta il programma comprendeva “dell’esperienza di famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale (AL 250)…quale formazione per sacerdoti ed accompagnatori?”.
L’intervento è stato presentato da padre Pino Piva, coordinatore nazionale per i Gesuiti degli esercizi Ignaziani in Italia e dell’equipe di “spiritualità delle frontiere”, ed ha visto una testimonianza di Edoardo, un giovane gay cattolico, e di Corrado e Michela due genitori cattolici con un figlio gay, accompagnate da una riflessione a due voci di suor Anna Maria Vitagliani e di don Christian Medos sempre dell’equipe di “spiritualità delle frontiere” sul tema dell’accoglienza e dell’ascolto.
Ha contestualizzato il suo intervento presentando i suoi incontri di spiritualità secondo il metodo ignaziano rivolti a realtà di frontiera esistenziale (divorziati, rifugiati, persone omosessuali). Durante il suo intervento ha anche presentato la testimonianza di Edoardo Messineo, un giovane gay cattolico del gruppo romano “Nuova Proposta”, che ha fatto coming out con la sua famiglia cattolica, e ha raccontato il modo nel quale i suoi genitori hanno vissuto quest’esperienza difficile e preziosa ” di un figlio che si rivela per quello che è ” e viene accolto “tutto intero”compreso il suo orientamento omoaffettivo. Poi Padre Piva ha proseguito presentando l’esperienza di Corrado e Michela, due genitori del gruppo Davide di Parma attraverso le loro risposte a due domande:
- quali parole importanti direste a genitori che si trovano di fronte al coming out del figlio/figlia?;
- quale suggerimento dareste ai sacerdoti/pastori circa il bisogno di persone come voi?
Queste le loro risposte: Prima domanda: quali parole importanti ?
- Per prima cosa dovremmo avere un sentimento di gratitudine perché nostro figlio/a si fida così tanto di noi da affidarsi a noi, da consegnarci la parte più intima di sé stesso: il suo cuore, pur sapendo bene che ci farà soffrire.
- Dobbiamo essere consapevoli che nostro figlio/a ha sofferto e sta soffrendo per la ricerca del proprio “sé stesso”, della propria identità. Inoltre, in un’ottica di fede, sta soffrendo anche per unificare l’identità di “sé stesso omosessuale” con l’identità di “sé stesso credente”.
- Nella nostra esperienza ci è stato richiesto innanzi tutto uno scatto, una crescita nel nostro reciproco rapporto sponsale, un tener fede alla promessa che ci siamo fatti di sostenerci l’un l’altro in ogni situazione della vita perché ogni nuova realtà dolorosa o difficile mette a dura prova questa promessa.
- Abbiamo sofferto sentendoci talora genitori falliti, sapendo che si tratta di un progetto misterioso, difficile da decifrare, ben diverso da quanto avevamo pensato, anche per il timore che la società o la chiesa non sappiano accoglierlo e nostro figlio/a ne possa soffrire.
- Tuttavia, passati attraverso la sofferenza e con la convinzione che comunque è un progetto d’amore per il bene nostro e di nostro figlio/a, abbiamo scoperto la gioiache deriva dall’accogliere tutto questo.
- Questo perché chiedendoci: ”cosa vuoi Signore da noi?” e rispondendo a questa domanda, siamo diventati sposi migliori nonché genitori due volte.
- Inoltre aprendoci ad altri genitori per accoglierli nel loro vissuti e accoglierci gli uni gli altri, siamo diventati genitori tre volte.
Seconda domanda: quali suggerimenti ai pastori ?
Che abbiano un atteggiamento generale ed esplicito di apertura e di accoglienza, cosi che le famiglie che vivono al loro interno questa esperienza, possano rendersi visibili, abbiano il coraggio di farlo.
- Che sappiano ascoltare, ascoltare, ascoltare.
- Che non abbiano paura di iniziare percorsi nuovi, anche se è difficili, di pastorale.
- Che siano inclusivi, sapendo accogliere ognuno nella propria bellezza e diversità, come dono prezioso unico e irripetibile dell’amore di Dio.
- Che ricerchino 1 o 2 coppie di genitori che vogliono mettersi in gioco per iniziare un dialogo di ascolto, di confronto, di preghiera, aperto alle scoperte impensabili che lo Spirito sa donarci. I genitori sono una presenza fondamentale perché altri genitori possano sentirsi realmente capiti.
- Che sappiano inserire questa pastorale, nella pastorale ordinaria della loro parrocchia.
- Il tempo del nascondimento, il tempo dell’ombra, il tempo della vergogna è finito: chi siamo noi per giudicare chi cerca Dio con cuore sincero, nella condizione che gli è data? Chi siamo noi per impedire ad altri fratelli di vivere l’unica fede nel corpo unico che è la Chiesa?
In conclusione credo sia una bella notizia di Natale! Nasce un bimbo che costruisce un ponte tra cielo e terra, e nasce in un contesto che dimostra una predilezione inequivocabile per gli “ultimi”. Non teme le “situazioni difficili”, “imbarazzanti”…i primi ai quali si rivela sono i pastori.
I pastori non erano le figure folcloristiche e rassicuranti del nostro presepe. Erano considerati “altri” come a volte noi consideriamo le persone omosessuali. Da Assisi è risuonato un annuncio accogliente anche nei confronti di questo mondo di “periferia”.