La chiesa cattolica austriaca e la benedizione dell’amore omosessuale. Da una teologia della condanna a una dell’empatia
Articolo di Antonio De Caro* pubblicato sul settimanale Adista Segni Nuovi n°28 del 18 luglio 2020, pp.8-9
Durante il sinodo del 2015 i vescovi cattolici di lingua tedesca hanno chiesto perdono poiché il tentativo di difendere ostinatamente la dottrina e l’autorità della Chiesa si è tradotto in atteggiamenti pastorali duri e spietati, che hanno a loro volta prodotto grande sofferenza e umiliazione in molte persone, come gli omosessuali, per il fatto di non corrispondere alle aspettative morali del Magistero.
Consapevoli della dimensione sociale del peccato e della riconciliazione, questi vescovi hanno auspicato il ritorno da una teologia morale ossessionata dal peccato a una teologia morale empatica, cioè sensibile alle sofferenze delle persone.
Una teologia concentrata sul peccato ha danneggiato l’immagine del Dio buono e giusto, un Dio sensibile alle sofferenze delle sue creature, rivelato da Gesù Cristo; e ha prodotto una religione più chiusa nella ricerca narcisistica di una “purezza” superba e meno aperta a condividere e curare le sofferenze degli altri. Solo una teologia empatica può suscitare compassione, quindi la disponibilità a farsi carico delle sofferenze degli altri.
Questo atteggiamento di fondo, unito a un grande rigore di pensiero, ispira il libro “Benediktion von gleichgeschlechtlichen Partnerschaften” (La benedizione delle unioni omosessuali, Regensburg editore, 2020, 208 pagine), che raccoglie i contributi di diversi esperti (in diritto civile e canonico, esegesi biblica, teologia morale e liturgia) intervenuti ad un convegno promosso dall’Università Cattolica di Linz. Questi studi rispondono all’iniziativa della Commissione Liturgica Austriaca che dal 2015 discute pubblicamente sulla possibilità di introdurre una celebrazione di benedizione per le coppie omosessuali.
Gli autori concordano: ormai il Magistero cattolico è chiamato a rivedere la dottrina sulla condizione e le relazioni omosessuali (in particolare, i paragrafi 2357- 2359 del Catechismo), prestando ascolto all’esperienza reale delle persone, alla nuova sensibilità sociale ed ecclesiale, alla giurisprudenza, alle scienze (medicina, sessuologia) e alle scienze umane (psicologia e sociologia), all’esegesi biblica e alla teologia morale.
La Chiesa deve essere consapevole delle discriminazioni e della sofferenza che, nei secoli, la sua dottrina – non più sostenibile – ha provocato, anche alimentando nella società atteggiamenti ostili verso le persone omosessuali: per questo, rivedere la dottrina sarebbe un segno concreto per cercare la riconciliazione e promuovere atteggiamenti di integrazione e accettazione. Dispiace però constatare (come fa E. Greif ) che finora su questi temi è stato il diritto civile a garantire condizioni di tutela e uguaglianza. Non la Chiesa.
Centrale è il tema della “legge naturale”, intesa in una nuova prospettiva. Nella natura umana, la sessualità possiede una vasta gamma di significati e di scopi. La riproduzione è solo una di essi; ma poi la sessualità ha anche la funzione di conservare e rafforzare l’individuo e la coppia, in modi diversi nello spazio e nel tempo. Non è più sostenibile affermare che in ogni atto sessuale debbano essere espresse in modo perfetto tutte le funzioni della sessualità; esse, piuttosto, dipendono dalle diverse circostanze di vita.
Per esempio, la sessualità per gli adolescenti serve naturalmente a scopi diversi che per gli adulti o gli anziani. Quindi un atto sessuale che per vari motivi non può portare alla riproduzione non è di per sé contro natura, ma appartiene alle possibilità offerte dalla natura umana e può procurare alle persone un senso di identità e vita piena. Ciò rappresenta un potenziale etico che non va sprecato: «dove due persone si legano per amore in modo durevole ed esprimono questo amore nell’incontro sessuale, non vi è motivo di credere che ciò sia innaturale» (Rosenberger, p. 115).
Ampio spazio è dedicato (per esempio da Stowasser) all’interpretazione storico-critica dei passi biblici tradizionalmente citati per condannare il comportamento omosessuale: l’episodio di Sodoma e Gomorra riguarda la violenza contro gli stranieri e la violazione delle leggi dell’ospitalità; le severe condanne del Levitico avevano lo scopo di evitare ogni contaminazione fra il popolo di Israele e i pagani confinanti, che praticavano la prostituzione sacra nell’ambito dei culti idolatrici; i passi di Paolo sono palesemente influenzati non dal Vangelo, ma dai pensatori ebraici oltre che dalla filosofia platonica e stoica.
Ricostruire, in modo esegeticamente rigoroso, il background dei passi biblici serve soprattutto a capire che la Sacra Scrittura ignora l’omosessualità come orientamento sincero e profondo della persona, come ricerca di amore e comunione, come possibilità di relazione stabile e di impegno affettivo e morale.
Quindi non è possibile giustificare biblicamente la condanna delle relazioni omosessuali, il cui significato etico e spirituale va invece valutato in base all’amore e alla responsabilità dei partner. Il desiderio di impegnarsi nel tempo per il bene della persona amata, anche se è dello stesso sesso, è un valore in sé che va riconosciuto e promosso; inoltre, quando il Catechismo prescrive la castità come vocazione per le persone omosessuali, impone loro uno stato di vita, in spregio del can. 219 del vigente Codice di Diritto Canonico.
Solo apprezzando il bene morale che anche le relazioni omosessuali possono esprimere è possibile pensare a liturgie di benedizione, già praticate da altre Chiese cristiane. Dai testi biblici scaturisce una teologia della benedizione: gli esseri umani hanno bisogno di essere benedetti da Dio, cioè di invocare fiduciosamente da Lui amore e protezione per le loro condizioni di vita; e lo invocano mentre lo lodano per i suoi doni e gli offrono il loro impegno verso il bene. La benedizione è quindi reciproca, è un atto della relazione fra gli uomini e Dio: la Chiesa non ha il potere di impedire questa relazione, ma il compito di renderla visibile (Kranemann, pp. 154- 155).
Una celebrazione di benedizione per le persone coinvolte in una relazione omosessuale è un modo per realizzare la chiamata e la Grazia del battesimo, rinnovando la gratitudine per il dono della vita e della redenzione in Cristo. Attraverso la celebrazione della Parola, una invocazione solenne e la presenza orante della comunità, i partner possono così impegnarsi a una vita di amore e l servizio reciproco, attingendo da Dio la forza per essere fecondi di bene anche nella società e nella Chiesa.
E la comunità cristiana, ammettendo questa celebrazione e prendendovi parte, potrebbe vedervi un ulteriore segno dell’amore di Dio per l’umanità, rispondendo a questo amore con gesti di accoglienza e riconciliazione. «La motivazione per una celebrazione di benedizione risiede quindi nell’azione salvifica di Dio che gli uomini sperimentano dovunque vengono liberati per vivere in pienezza e viene promossa la loro capacità di amore e di relazione, per cui ringraziano e lodano Dio.
Pregare per una benedizione è quindi, prima di tutto, espressione di riconoscenza e gioia, perché due persone si sono trovate, si arricchiscono e sono un dono l’una per l’altra; e poi è anche espressione del desiderio e della scelta di coltivare la relazione attraverso la fede, con la speranza e la fiducia che Dio ancora oggi accompagna le persone, migliora la loro vita ed è presente dovunque esse, con amore e responsabilità reciproca, sono disponibili l’una all’altra e trovano gioia l’una nell’altra» (Lintner, p. 90).
Gli autori esaminano diverse forme di benedizione già esistenti presso altre Chiese cristiane e, sulla base della storia della liturgia, avanzano alcune proposte di celebrazione (da intendersi come sacramentali e non come sacramenti): essenziali sono l’annuncio della Parola di Dio, l’espressione delle libere intenzioni dei partner, la solenne epiclesi e i gesti concreti per siglare l’impegno d’amore e fedeltà.
Queste liturgie potrebbero essere adottate in forza dell’autonomia territoriale che le recenti disposizioni del Papa assicurano alle Conferenze episcopali e ai vescovi Diocesani.
* Antonio De Caro insegna Lettere nelle Scuole Superiori. Esperto di filologia e cultura greco-latina, ha svolto progetti di ricerca in Italia e all’estero ed ha pubblicato diversi contributi su temi di letteratura e didattica. Ha curato la raccolta di riflessioni teologiche “Cercate il suo volto. Riflessioni teologiche sull’amore omosessuale“ (edito da Tenda di Gionata, 2019, 48 pagine, ebook scaricabile gratuitamente)