La chiesa cattolica e i gay. L’accidentato cammino dei preti omosessuali in una chiesa che li stigmatizza
Articolo di Andrew Sullivan pubblicato sul sito del quindicinale New York (Stati Uniti) il 21 gennaio 2019, terza parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La maggior parte dei sacerdoti gay con cui ho parlato non ha mai subìto abusi nella Chiesa. Molti avevano già accettato il proprio orientamento sessuale prima di diventare sacerdoti, ma altri ci hanno combattuto in seminario e anche dopo: “Non c’è un’esperienza tipo. Dapprima pensavo di stare barando, perché pensavo ‘Ma sto solo cercando di fuggire e di fare una vita in cui non devo avere a che fare con la sessualità?’.
Ma accanto a me avevo delle persone che mi hanno aiutato a domandarmi se [la mia vocazione] fosse autentica, e allora ho sentito che questa è la vita e l’opera a cui Dio mi chiama. È un processo di discernimento continuo” dice padre Joe (nome fittizio).
Poi ci fu un momento di grazia: “Stavo lavorando in ospedale al culmine della pandemia di AIDS. Una suora mi disse ‘Cosa vuole dire a queste persone? Hanno rapporti omosessuali, si drogano’ e io dissi ‘Parlerei loro della misericordia di Dio e starei al loro fianco, così come sono’. Questo mi aiutò a capire come Dio potesse servirsi di me anche se la Chiesa non mi accettava”.
Un altro sacerdote, che chiamerò padre Andrew, descrive la sua vocazione come “una convenienza esistenziale”: “Avevo 18 anni, sapevo di essere omosessuale ma ero terribilmente depresso. Un giorno mio padre mi mise alle strette in cucina e mi fece confessare. Andai da uno psicologo, che mi disse ‘Non puoi cambiare, devi accettarti per come sei’”.
Il padre di Andrew non fu soddisfatto di questa raccomandazione, e mise fine alle sedute. All’università, Andrew cercò di riprendere la terapia, ma improvvisamente suo padre morì. Fu un forte momento di crisi: “Continuavo a pensare alla vita e alla morte. Ricominciai a pregare e ad andare a Messa. Guidavo nel deserto tra Phoenix e Tucson, vedevo i diavoli di sabbia [minuscole trombe d’aria che sollevano sabbia in un turbine, tipiche delle zone desertiche, n.d.t.] e improvvisamente sentii una voce: ‘Oh, devi fare il prete. Non avrai a che fare col sesso, e verrai rispettato’. Poi morì mio fratello, in un incidente d’auto”. Al primo anno d’università, Andrew entrò in seminario.
Lì ebbe la sua prima esperienza sessuale da adulto: “Avevo 28 anni, e feci coming out come bisessuale. Stavo dimagrendo e mettendo su muscoli, cominciai ad attirare l’attenzione degli altri seminaristi e volevo capire cosa volesse dire essere un adulto. Fu difficile. I baci non mi attraevano. Avevo avuto una sola esperienza, in cui non ero riuscito a eiaculare”.
Si buttò quindi nel lavoro, finché, ormai quarantenne, si ritrovò esaurito. Si prese un’aspettativa, trascorse sei mesi nella preghiera e curandosi, e al suo ritorno spedì una email di spiegazione ai suoi confratelli: “Ho sofferto a lungo di dubbi sulla mia condizione, e per questo mi dedico a portare l’amore di Dio […] a tutti quelli che, come me, a volte mettono in dubbio il loro valore perché ascoltano voci contrarie alla voce di Dio”.
Improvvisamente venne la svolta: “Dissi al mio psicologo ‘Penso di essere un buon prete’ e lui disse ‘Scommetto proprio di sì’. In quel momento scoppiai in lacrime”. La voce di Andrew si fa spezzata: “Essere messo nello stesso mazzo dei pedofili… è una cosa che ti segna”.
Essere additati come colpevoli ha ferito molti dei sacerdoti con cui ho parlato. È un doppio stigma, perché sono presi di mira dalla gerarchia perché gay, e dall’opinione pubblica perché [presunti] pedofili. Molte delle persone, cattoliche e non cattoliche, a cui ho accennato ai sacerdoti gay, spalancano gli occhi e parlano degli abusi sui bambini. I siti e i programmi di notizie sono saturi (giustamente) di storie di abusi sessuali, ma purtroppo non si parla mai dell’enorme numero di sacerdoti gay che mai si sognerebbero di molestare i più deboli.
Molti ottimi sacerdoti gay, naturalmente, hanno le loro debolezze e rompono il celibato con adulti consenzienti. Non sono santi, ma questo è vero anche dei sacerdoti eterosessuali. Sono uomini, sono esseri sessuati, fatti di carne e sangue.
Sono crisi che di solito sfociano in due alternative: o si innamorano molto profondamente, tanto da non poter sopportare una vita priva di intimità fisica, e allora abbandonano la Chiesa; oppure, più spesso, ci ripensano, si confessano e si impegnano di nuovo alla vita celibataria: “I preti migliori sono quelli che di tanto in tanto cedono alle tentazioni, quelli che sanno cosa vuol dire essere veramente umani. È una santa lotta. Non ho mai inteso il celibato come un dono: è sempre stato una disciplina” dice padre Andrew.
Padre Joe parla in maniera intensa del suo innamoramento: “Sedici anni fa ho avuto una breve relazione sessuale. È stata l’ultima per me. Lui non voleva stare con qualcuno che non potesse essere il suo compagno alla luce del sole: voleva sposarsi. Gli chiesi se potevamo rimanere amici, ma facendo sesso: mi disse di no”. Il dolore non è andato via del tutto: “Oggi siamo molto amici, senza sesso, ma quando trova un fidanzato mi chiedo ‘Ma per me, chi c’è?’”.
Joe fa affidamento sui suoi amici per il sostegno emotivo: “A volte mi chiedo quand’è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha toccato. So che non è normale. Ogni tanto mi faccio fare un massaggio professionale. In questo periodo cado guardando video porno nella mia stanza”.
Un sacerdote, che chiamerò padre Leo, dice: “C’è un’estrema riluttanza a riconoscere che i sacerdoti vivono il celibato bene, ma non in maniera perfetta. Ma come si fa a valutare positivamente la propria sessualità quando la Chiesa ti dice che non hai nemmeno un orientamento sessuale, bensì un’’attrazione per lo stesso sesso’ o ‘tendenze omosessuali profondamente radicate’? Come si fa a vivere una sana sessualità in un ambiente in cui la tua sessualità viene stigmatizzata?”.
A seguito della proibizione per i gay di diventare sacerdoti nel 2005, padre Mike sviluppò un interesse per le terapie riparative e per un anno e mezzo cercò di farsi cambiare orientamento; solo più tardi capì che “non c’era niente di vero, era tutta una bugia”.
Testo originale: The Gay Church. Thousands of priests are closeted, and the Vatican’s failure to reckon with their sexuality has created a crisis for Catholicism.