La chiesa cattolica e la chiesa di San Pietro Apostolo. Una parrocchia aperta alla ‘diversità’
In questi giorni tormentati per la Chiesa, forse Benedetto XVI dovrebbe andare a visitare una chiesa, proprio davanti a Radio-Canada, sul boulevard René-Lévesque. È la chiesa di San Pietro Apostolo (Montréal, Canada). Sull’edificio, che hanno iniziato a restaurare, c’è questa scritta: «Chiesa aperta».
« È un colpo d’occhio», mi spiega Yves Côté, responsabile della pastorale. «Diciamo che la nostra chiesa è aperta, qui non si sbatte il naso su delle porte chiuse. Ed è una chiesa aperta alla diversità… »
«Li abbiamo accolti, dice Yves Côté. E ho detto loro di conservare i 40 dollari. Non siamo ricchi, ma il denaro non comanda la nostra pastorale».
Ogni martedì, decine di giovani vengono in pellegrinaggio a San Pietro Apostolo per cercare provvigioni.
Un servizio molto popolare, che non ha niente di religioso, ma è facilitato dal religioso. Un servizio essenziale: la chiesa è al centro di un quartiere dove si arenano numerosi giovani disperati.
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Ho conosciuto Yves Côté, 58 anni, due anni fa, in un reportage dei Francs-tireurs (Franchi-tiratori) su un giovane poeta ex-drogato, ex-senzatetto, Valmont, che si è servito di San Pietro Apostolo come boa di salvataggio per aggrapparsi alla vita. Io, l’ateo perduto, ero stato toccato dall’umanità che trasuda dai muri di questa chiesa…
Una chiesa aperta, dicevamo. San Pietro Apostolo accoglie gli omosessuali. Senza riserve. Yves Côté ha orrore che si dica che la sua chiesa è «la chiesa dei gay». Rimane il fatto che è comunque così. Trovatemi un’altra chiesa che scrive su Fugues…
La domenica la chiesa è piena da scoppiare. Per l’80%, i fedeli sono omosessuali, dice Yves Côté. C’è la prossimità con il Villaggio gay.
Ma ciò non spiega tutto: vengono da qualsiasi parte della regione di Montréal per comunicarsi. Da Saint-Jérôme, da Drummondville, addirittura…
Guardate, il 16 maggio (2010), il militante omosessuale Laurent McCutcheon ha pronunciato l’omelia, in una messa, a San Pietro Apostolo! Lo hanno invitato perché il giorno dopo era la Giornata internazionale contro l’omofobia.
«San Pietro Apostolo è una chiesa particolare. Molti gay vogliono che vi siano celebrati i loro funerali, mi dice McCutcheon. Non sarà perché si può dare riconoscimento apertamente al loro congiunto in lutto…»
Quando si conosce la diffidenza, per non dire il disprezzo, della Chiesa dinanzi agli omosessuali, quest’apertura non è banale.
Questa Chiesa che non sa come sbrogliarsela con le cose della carne, dalla pillola contraccettiva al preservativo, passando per l’omosessualità, logicamente, ancora legata a forza con la pedofilia dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario dello Stato del Vaticano, lunedì…
Nello studio di Yves Côté, rievoco la sfasatura tra la Chiesa e la chiesa, in quest’era cupa di scandali di pedofilia così malamente gestiti e digeriti, da Benedetto XVI.
Questo divario tra il Vaticano così severo, così bloccato, così oscurantista, l’impegno sociale essenziale così evidente nelle chiese, a misura d’uomo, lontano dalla rigidità di certi cardinali…
Yves Côté prende il suo tempo, si stampa il sorriso di colui che sa che deve, a questo punto, pesare un po’ più le proprie parole. Poi: «Io mi dico una cosa: è un peccato che questo divario sia così grande. Ma mi dico che c’è speranza quando vedo ciò che accade a livello di diocesi…»
A questo punto, Yoland Ouellet, si drizza sulla scrivania. È il prete della parrocchia. Non si rilassa quando affronto con lui il divario tra la Chiesa e la chiesa.
Noto che la sua maglietta variopinta stride con i suoi baffi conservatori. Yoland deve stonare anche quando arriva al Vaticano…
«Roma, è una vecchia istituzione. Evolve. Ma c’è anche della polvere», dice, sorridendo a mezza bocca. È vero che la Chiesa si trascina dei ritardi, dice il prete, affrontando la questione senza che io avessi aperto bocca.
Si, Yves Côté e Yoland Ouellet completano le frasi l’uno dell’altro:
Ouellet: «Prendete le donne nella Chiesa. Fa bene, una parola femminile…»
Côté: «…D’altronde, alcune donne pronunciano l’omelia, nella nostra chiesa…»
Ouellet: «…Il messaggio è lo stesso…»
Côté: «…È il modo che è differente.»
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La Chiesa, nelle controversie che si conoscono, ha peccato per orgoglio, è abbastanza chiaro. Ossessionata dalla propria immagine, si è ufficialmente consacrata, in modo sistematico, alle pecorelle sodomizzate e violate. C’è evidentemente un tradimento verso i fedeli.
Ma c’è anche un tradimento, forse più intimo, verso tutte le chiese San Pietro Apostolo di questo mondo. Verso tutte quelle che fanno del bene. Quelle che amano il loro prossimo.
Senza giudicare. Anche se il prossimo è gay, vedi… Gay, come Yves Côté. Che non si nasconde. Che non ha vergogna di servire una Chiesa così spesso sconnessa dalla realtà.
Questa realtà che lui tocca con mano, lui, l’agente pastorale, l’Uomo con tutti i suoi difetti, le sue derive e i suoi peccati…
«Ho trovato un senso alla mia vita qui. Io dico che sono l’omosessuale di servizio. Ma la mia voce è anche quella dei miei fratelli e delle mie sorelle. E nella Chiesa, la mia voce è ascoltata. Se la tolgo, non lo sarà più».
Testo originale: L’Église et l’église